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  • 'Milan e Parma? Splendide emozioni, ma ora c'è il Chievo'

    'Milan e Parma? Splendide emozioni, ma ora c'è il Chievo'

    Parma di giorno: momenti esaltanti, la conquista della A. Parma di notte: infortuni improvvisi, in coda per rinascere. La storia di Alberto Paloschi in maglia crociata potrebbe essere semplificata così. Via dal Milan, ecco l'Emilia. La prima vera grande occasione da professionista dopo essere stato ammaliato dal Diavolo. L'attaccante del Chievo domenica torna a casa. Il «Tardini» è stato per lui teatro dell'annunciazione. Alberto doveva capire il suo ruolo nel calcio italiano. Semplice comparsa o campione da aspettare. La risposta è arrivata. E Paloschi ha dimostrato di saperci fare con il gioco della palla. Prima stagione: dodici reti e promozione in serie A. Seconda stagione; diciassette presenze, quattro reti, i primi infortuni. Stop forzati. Maledette attese. Poi il terzo anno, nemmeno iniziato. Subito un infortunio, quindi l'addio. Restano i ricordi. Tanti. Belli. Il resto lo fa l'entusiasmo generato dai fuochi di gioventù. Paloschi cancella il brutto. E tiene lo zucchero della vita.


    Paloschi, ricorda i cieli di Parma?
    «Certo, ho vissuto momenti bellissimi in quella città. E voglio ricordare solo quelli. Il primo anno, quello di B, è stato esaltante.
    La cavalcata promozione non si è mai fermata. E io sono riusciti a ritagliarmi uno spazio da protagonista. Poi ci sono stati anche gli infortuni quando siamo saliti in A. Ma tutto aiuta a crescere. E l'esperienza mi è servita moltissimo per maturare come uomo e calciatore».

    Quand'è che ha toccato il cielo con un dito?
    «Il giorno che abbiamo conquistato la promozione in serie A sul campo del Cittadella. Ci è bastato un punto per fare festa, un pareggio da applausi. Avevamo inseguito a lungo quel momento. Sembrava non arrivare mai. Ed è stato ancora più bello abbandonarci alla gioia per il traguardo raggiunto».

    Un attaccante di solito ricorda attraverso i gol...
    «Ne ricordo uno su tutti, dei dodici messi a segno in quella stagione in terra emiliana. Contro il Bari raccolgo una palla di Castellini da fallo laterale. Ricevo in area, mi giro, e la piazzo sul secondo palo. Bello, veloce, proprio da non dimenticare».

    Ieri Parma oggi Chievo. Trova analogie?
    «La famiglia. Nel senso: sembra di stare davvero tra parenti. Era così a Parma, ed è esattamente la stessa cosa qui a Chievo. La dimensione umana prevale su tutto. Poi, per carità, c'è grande professionalità.
    Non si scherza, gli obiettivi sono importanti. Ma l'ambiente aiuta a lavorare in serenità».

    Chi l'ha presa per mano a Parma?
    «Devo ringraziare Guidolin. Mi ha insegnato tante cose. Parlava semplice, infondeva carica. Ti spiegava molto bene la partita. L'anno della B ci ha fatto lavorare molto. Amava la concretezza. Per vincere, ci diceva, bisogna correre più degli altri. Una grande verità. Non servono tanti discorsi, bisogna andare dritti all'obiettivo».

    L'impatto con Di Carlo?
    «Anche lui è molto concreto. Sa bene quello che volevo. Lavorare è fondamentale. Farlo al massimo delle possibilità ti aiuta a dare qualcosa in più».

    Sia sincero, contro il Novara si aspettava di giocare lei?
    «Tutti si aspettano sempre di giocare. La partita è il banco di prova. La concorrenza in questa Chievo è tanta. Ma io sono convinto che quest'anno ci sarà spazio per tutti e non mancheranno le opportunità di mettersi in mostra».

    Il Milan cosa rappresenta per lei?
    «La base, la partenza. Mi ha lanciato nel professionismo. Ho lavorato con i campioni. Ora, però, resto concentrato sul Chievo. Qui a Verona posso crescere. Non devo pensare a niente di diverso. Sarebbe fuori luogo».

    Chievo contro Parma. Chi può accendere la sfida?
    «Pellissier e Giovinco».

    Perché Pellissier?
    «Perché è l'attaccante più importante del Chievo. Sergio è dotato di qualità, e ha alle spalle tanti gol. Basta vedere cosa ha fatto in questi anni di carriera in gialloblù. È la nostra arma in più».

    Perché Giovinco?
    «Lo devo dire io? Giovinco è Giovinco. Lui è la qualità. Sa inventare cose incredibile, e le sa fare in grande velocità. È lui il giocatore più pericoloso».

    Qualcun altro?
    «Morrone. È un ex tra l'altro. Per me, invece, è un amico.
    Lo considero l'anima del Parma. E in moto perpetuo. Non si ferma mai.
    Giocatori così sono insostituibili».


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