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  • Milan: Ibra fa tanto, forse troppo. Purtroppo ancora per poco

    Milan: Ibra fa tanto, forse troppo. Purtroppo ancora per poco

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Nel bene e nel male questo Milan ruota tutto attorno a Zlatan Ibrahimovic. È la dolce condanna di una squadra che si affida totalmente a un solo giocatore che, come dice lui stesso, fa da capitano, bomber, allenatore e presidente. Fa tanto, forse troppo. E la partita pareggiata contro il Verona ha messo in mostra non solo i lati positivi dello svedese, ai quali ci ha ormai abituato, ma anche quelli negativi. 

    Per descrivere l'importanza dell'accentratore Ibrahimovic da quando è tornato in Italia basta leggere i numeri. Il Milan infatti si presenta alla seconda sosta stagionale imbattuto, primo in classifica da solo, con Ibra capocannoniere e l'ennesimo record infranto, quello delle marcature in sette partite di fila. Non sembra nemmeno lontana parente della squadra che un anno fa arrancava in un costosissimo anonimato e si apprestava a toccare il fondo della sua recente storia con la cinquina di Bergamo. È però quasi inutile e stucchevole ricordare ancora una volta la straordinaria importanza di Ibra in questa metaomorfosi della squadra, dell'ambiente e della società rossonera. 

    Può invece essere più utile sottolineare il rovescio della medaglia dell'avere un giocatore così condizionante, dominante e accentratore. Premettiamo: l'età non c’entra nulla, anzi è sempre più sorprendente di come Ibra riesca ad arrivare ancora così tonico e lucido dopo 90 minuti per dare a Calabria l'assist del pareggio annullato e per segnare il gol del pareggio convalidato. Ibra di partite così, in cui accentrava tutto su di sé e non imbroccava la giornata giusta, ne ha sempre fatte, anche da giovane. Proprio questo suo essere dominante in campo e fuori è stato l’aspetto che non gli ha permesso di legare con Messi e con il Barça di Guardiola. Anche al Milan prima versione ci sono state giornate storte in cui è stato deleterio per la squadra, su tutte ricordo la sconfitta interna con la Fiorentina del 2012, che consente il sorpasso-scudetto della Juve. Ecco, contro il Verona Ibra era in una di quelle giornate lì. 

    Il Milan scende in campo proseguendo il blackout dell'Europa League e va sotto subito di due gol, lui si innervosisce, esattamente come si era alterato uscendo dal campo la settimana scorsa contro il Lille. E il suo nervosismo ha due effetti negativi. Primo: sbraita contro i compagni che non fanno i movimenti giusti o i passaggi che indica lui. Secondo: decide di fare tutto da solo, si fa dare la palla anche quando è marcato, forza le soluzioni personali invece di giocare con gli altri e prende decisioni insensate, tipo la punizione calciata alle stelle da 40 metri, invece di andare un area e aspettare il traversone. La sua voglia di strafare non fa i conti nemmeno con la comprensibile stanchezza che arriva col passare dei minuti. Ed è cosí che in area domina la scena, ma spesso sbaglia scelte e tempi di stoccata o di assist. Il rigore calciato malissimo è la dimostrazione che per lui si tratta della classica serata no. 

    Il problema è proprio quello: i giocatori "normali" quando sono in serata no si eclissano, si limitano a fare il compitino, escono dal vivo del gioco e poi magari vengono sostituti. Invece con lui accade l’esatto contrario. Più sbaglia e più si fa dare la palla. Più non gli riescono le giocate e più cerca di farle complicate. Invece di dare più spazio ai compagni, glielo toglie. A differenza dei giocatori "normali" però non viene sostituito, Pioli non se lo sogna nemmeno. E fa bene. Non solo perché lo svedese non avrebbe gradito, ma perché nell'assedio finale uno come Ibra è irrinunciabile. E infatti, ancora una volta Ibra dimostra tutta la sua straordinarietà. Perché dopo una serata storta, in cui ha rischiato, dopo aver guidato il suo Milan in testa alla classifica, di accompagnarlo per mano verso la prima sconfitta in campionato, riesce nel tempo di recupero a colpire un incrocio dei pali, a fornire l'assist a Calabria e poi a segnare lui stesso il gol che raddrizza la baracca. 

    E poi, nel dopopartita, ad andare davanti ai microfoni a dichiarare candidamente: "Oggi non c'ero, d'ora in poi lascerò i rigori a Kessie". Chapeau. Stavolta non ha giocato tutta la partita da uomo-squadra, ma sicuramente ha parlato da uomo-squadra. Ricapitolando: partite come quella contro il Verona suggerirebbero al Milan di trovare altri punti di riferimento e altri trascinatori oltre a sempre il solo e solito Ibra. Ma poi, guardandosi indietro nelle ultime stagioni, viene da pensare che sia molto meglio dipendere totalmente da Ibra, sia perché solo uno come lui poteva togliere il Milan dalla situazione in cui era sprofondato sia perché alternative reali non ce sono. Il vero problema, anche dopo una serata cosí, è che Ibra a quasi 40 anni e quindi non potrà essere ancora a lungo il "centro" del Milan. Purtroppo. 

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