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  • Milan, Leao non merita altre offerte per il rinnovo

    Milan, Leao non merita altre offerte per il rinnovo

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    “Speriamo di trovare l’accordo prima del Mondiale”. Così parlava Maldini in ottobre, rispondendo all’ennesima domanda sulle trattative per il rinnovo di Leao. Nel frattempo il Mondiale è finito pochi giorni prima del 2022, l’anno dello scudetto del Milan grazie anche ai suoi gol, e fra tre mesi finirà anche il campionato del Napoli, ma del rinnovo di Leao non c’è la minima traccia. In teoria il tempo non manca perché il contratto del portoghese scade il 30 giugno 2024, ma la teoria non basta più ricordando le trattative finite male con i vari Donnarumma, Calhanoglu, Romagnoli e Kessie, tutti diventati ex rossoneri. E soprattutto la teoria non basta più, perché non ci sono segnali incoraggianti all’orizzonte.

    Rileggere, per credere, le ultime parole pronunciate da Leao domenica scorsa, dopo la preziosa vittoria contro l’Atalanta: “al Milan sto bene, ma vediamo alla fine che cosa succede”. Un altro “ma” insomma, da aggiungere ai troppi sparpagliati in precedenza, con la fresca aggravante che Leao è stato il peggiore in campo contro l’Atalanta, perché il suo passaggio per il 2-0 firmato da Messias non è bastato per cancellare il ricordo dei suoi gol sbagliati in precedenza.

    E allora, al di là della trattativa a livello economico, è giusto sottolineare i limiti di questo attaccante, al quale è riconosciuto il grande talento non accompagnato però dalla continuità, che è la caratteristica dei campioni veri sui quali si può fare affidamento sempre e non a intermittenza, specialmente nelle partite più importanti. Non basta, infatti, ripetere che “quando” si accende Leao fa a differenza. Bisogna piuttosto chiedersi “quanto” si accende. Non a caso Pioli, che cerca di fare gli interessi del Milan, ha provato a stimolare Leao in tutti i modi, lasciandolo anche in panchina, nella speranza che il suo tardivo ingresso in campo ne scatenasse l’orgoglio. Come non detto, invece, perché Leao ha continuato a guardarsi attorno con aria smarrita con un atteggiamento indolente, come se giocasse per fare un piacere agli altri, secondo usare una felice espressione di Giovanni Galli, il portiere del primo Milan di Berlusconi che vinse tutto perché davanti a lui giocavano Baresi, Donadoni, Ancelotti, Gullit e Van Basten, che facevano la differenza grazie alla loro continuità e non ogni tanto come Leao appunto.

    Ecco perché, a prescindere dal piazzamento finale e a maggior ragione nella malaugurata ipotesi della mancata partecipazione alla prossima Champions, la società rossonera non può, e non deve, alzare la propria offerta di 6 milioni e mezzo a Leao, cioè il quadruplo di quanto prende ora, con un contratto fino al 2027. E quindi, se Leao continua a tirare (troppo) la corda inevitabilmente si spezza, anche perché l’attaccante dovrebbe riflettere sui propri limiti caratteriali, oltre che tecnici. Guarda caso, infatti, sabato non ci sarà nella delicata trasferta a Firenze, non per infortunio ma perché è riuscito a guadagnarsi una squalifica per somma di ammonizioni, che a poco più di metà campionato è quasi un record, visto che è un attaccante e non un difensore più esposto al rischio di ammonizioni per scorrettezze.

    A questo punto tutto può ancora succedere, ma quello che non deve più succedere è lo stesso finale beffardo per il Milan, rimasto senza un altro giocatore e senza soldi dopo la sua partenza. E siccome il tempo passa in fretta, al più tardi alla fine del campionato, cioè a inizio giugno, si dovrà arrivare a una conclusione di questa stucchevole telenovela. Dentro o fuori, insomma, senza prolungare oltre l’attesa. In caso di mancato accordo, quindi, il Milan deve cedere subito Leao, senza rimanere a mani vuote tra un anno. E a quel punto dovrebbero poi essere bravi i dirigenti a reinvestire i soldi guadagnati, evitando di sprecarli come è appena successo con De Ketelaere. Ma questo, per adesso, è un altro discorso.

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