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  • Nocerino a CM: 'Io, i derby contro l'Inter e quella lite tra Ibra e mia moglie... vorrei allenare il Milan'

    Nocerino a CM: 'Io, i derby contro l'Inter e quella lite tra Ibra e mia moglie... vorrei allenare il Milan'

    • Daniele Longo
    L'umiltà di chi sa dove arriva e la strada che ha fatto, il carattere e la personalità per imporsi a grandi livelli. Antonio Nocerino ha legato il suo nome alla storia del Milan, ha giocato in serie A con le maglie di Juventus, Parma e Palermo. Un'ottima carriera che ha visto calare il sipario solo una settimana fa con l'annuncio sui social. Adesso è tornato negli Usa, nella sua Orlando, per insegnare calcio ai ragazzini. In vista del derby di domenica, l'ex centrocampista si è raccontato in un'intervista esclusiva concessa alla nostra redazione. 

    Da una parte un Milan che sgomita a centro classifica, dall'altra un'Inter in lotta per lo scudetto: il pronostico è così scontato per i nerazzurri?

    "Sono convinto che quando c'è un derby queste considerazioni vengano meno. Non si guarda la classifica, né gli avversari, niente proprio. Anche perché il derby è una partita nella partita, non si guarda assolutamente niente. Ti fa tirare fuori energie che non credevi nemmeno di avere. Quindi per me è una partita aperta, si parte da tutte queste cose che ho appena elencato".

    Ibrahimovic contro Lukaku, la sfida nella sfida. Come la vede?

    "Ibra lo conosciamo tutti, ha una storia incredibile. Lukaku, al primo anno in serie A, si sta affermando a grandissimi livelli. Non è certo facile arrivare in Italia, in un campionato decisamente molto tattico e difficile, e fare così tanti gol fin da subito. Lui sta facendo benissimo, alla grande e si sta dimostrando un campione".

    Ha condiviso lo spogliatoio con Ibrahimovic nella vostra comune esperienza al Milan: come prepara una partita così importante come il derby di Milano?

    "Io penso che la differenza tra un campione e un giocatore sta nel fatto che il primo è un interruttore: alzi e si accende la luce, abbassi e va via. Non ha bisogno di prepararsi, di preparare chissà che cosa. Il campione è abituato a partite del genere. Io ricordo che c'erano alcuni grandi calciatori che preferivano giocare partire di questo tipo, avere la pressione".

    Ci può fare un esempio?

    "Tutti i campioni al Milan erano così, preferivano giocare queste partite. Tra questi, ovviamente, c'è Ibra. Questo perché l'adrenalina è più alta, la pressione è più alta. Ricordo, tantissimi anni fa, quando San Siro fischiò un fenomeno come Seedorf e lui, con una serenità incredibile, chiedeva la palla come se nulla fosse successo. Come a dire "Non c'è problema: andiamo avanti". Questo ti fa capire la grandezza di questi giocatori. Lì capisci che i campioni sono così perché totalmente diversi nella testa".

    15 gennaio 2011 e 6 maggio 2012 sono due date particolari: i derby giocati al fianco di Ibrahimovic. Due partite molto diverse tra di loro ma che ebbero lo stesso epilogo: due vittorie dell'Inter. Nel secondo lo svedese segnò prima una doppietta e poi ebbe da ridire contro Julio Cesar e la tifoseria avversaria: cosa ricorda di quella serata?

    "Con Julio Cesar ci fu quasi un gioco, una sfida. Voleva distrarre Ibrahimovic ma lui è di un altro pianeta, è impossibile creargli un problema con queste cose. Infatti quel rigore lo segnò alla grande, senza problemi. Una volta finita la partita per lui erano finite tutte le situazioni extra che si erano verificate quella sera".

    Che ricordo ha di San Siro nei derby?

    "
    Già è uno spettacolo normalmente, quando ci sono i derby diventa qualcosa di straordinario, ha un fascino allucinante. E' bello vivere serate di questo tipo per un calciatore".

    Sopratutto per lei che arrivò in punta di piedi dal Palermo e andò via da beniamino dei tifosi...

    "Ho avuto questa fortuna, mi hanno sempre voluto bene. Ma questo in ogni posto dove sono stato, la gente ha sempre apprezzato la mia professionalità. Con l'ambiente Milan l'amore è stato forte, posso definirlo come un colpo di fulmine. Ricordo i cori dei tifosi rossoneri a fine partita quando giocavo nel Parma e avevo appena segnato un gol proprio al Milan. Questo vale più di qualsiasi altra cosa. Un giocatore normale, come lo sono stato io, se ha questi apprezzamenti vuole dire che ha fatto più di quello che era nelle sue potenzialità. Per me vale più di una rete".

    Ma è vero che un giocatore con la personalità di Ibrahimovic riesce a tirar fuori il meglio dai giocatori più giovani?

    "Quando ero io al Milan c'erano altri grandi giocatori oltre a Zlatan, di un livello altissimo. In questo momento qui ti sprona, perché è un ragazzo che pretende tantissimo da se stesso e dagli altri. Sicuramente ti aumenta il livello di concentrazione, ti fa aumentare il tuo livello personale perché pretende non il 100 ma il 200%. E' un bene, in questo momento è anche un parafulmine e magari alleggeriscono la pressione nei confronti degli altri giocatori della rosa".

    Ai suoi tempi si arrabbiava così tanto quando non gli arrivava un passaggio magari preciso?

    "Si incazzava tantissimo, certe urla... (ride, ndr). Ma lui è così, pretende tantissimo. Ma poi devo dire che finiva tutto lì. Io sicuramente posso dire che se non hai personalità con lui non puoi giocare".

    Lo ha visto un po' diverso, più 'buono'?

    "Si, può essere che abbia ragione Boban nel vederlo cambiato. E' entrato in uno spogliatoio di ragazzi molto più giovani e ha limato queste cose. Ma in campo no, lui pretende: non vuole sapere niente. Lui pretende, vuole vincere e non cambia mai in campo. Chi è un vincente lo è sempre".

    Sua moglie non digerì troppo una battuta nei suoi confronti di Ibrahimovic il giorno della presentazione al Milan e prese le sue difese con una story su Instagram. Vi siete poi sentiti con Zlatan per chiarire l'accaduto?

    "No, non ci siamo sentiti anche perché non c'è niente da spiegare. Ovviamente mia moglie prese le mie difese, giustamente. E' finita lì, se uno va a vedere realmente i gol che avevo fatto lo capisce da solo. In Italia si mettono le etichette e mi associano a lui, ma va bene così. Non c'è nessun problema, le mogli difendono i mariti sempre":

    Una settimana fa ha annunciato la fine della carriera agonistica con un post sui social. Quali sono i progetti per il futuro e come sta vivendo questa fase diversa e particolare?

    "Ho fatto un post per spiegare tutto, dicendo basta perché avevo riflettuto serenamente. Era arrivato il momento di dire basta perché ho altre idee, altre ambizioni. Quando ha preso il patentino di Uefa B a giugno mi veniva in mente di provare ad allenare. Mi piace, è uno dei ruoli che mi si addice, se non l'unico. Questo per il carattere che ho, la voglia che metto. Adesso ho intrapreso questa carriera qui: lavoro, studio e mi aggiorno. Cerco di fare questa nuova esperienza con la stessa mentalità che avevo da giocatore. Ci metto passione, amore per quello che faccio, il rispetto per le persone che lavorano con me. A giugno verrò in Italia per prendere il patentino di Uefa A e poi vedremo che cosa succede".

    Se dovesse chiamarla il Milan, offrendole la panchina di una formazione del settore giovanile, direbbe di sì?

    "Assolutamente, direi proprio di sì. Ma non solo del Milan, anche se ci sono affetto e stima. Mi piacerebbe allenare i ragazzi tra i 18 e i 19 che già iniziano ad essere adulti. Portargli le mie esperienze, insegnargli i valori, fargli capire dove sono e perché ci sono. Questo per me potrebbe essere una grandissima esperienza. Io adesso sto allenando gli under 15 e gli under 17 qui a Orlando e spero che in futuro possa allenare giocatori con età più grande, perché sono in grado. Io pretendo tanto da me stesso e anche dai giocatori, può essere quindi una buona cosa. Ho una passione impressionante, a giugno poi si vedrà".

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