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  • Palladino a CM: 'Il litigio con Del Piero e la Juve post-Calciopoli... Ora faccio l'allenatore, sulle orme dell'amico Juric'
Palladino a CM: 'Il litigio con Del Piero e la Juve post-Calciopoli... Ora faccio l'allenatore, sulle orme dell'amico Juric'

Palladino a CM: 'Il litigio con Del Piero e la Juve post-Calciopoli... Ora faccio l'allenatore, sulle orme dell'amico Juric'

  • Daniele Longo
Sorrisi tanti, com'è sempre stato nel suo stile. Nella diretta su Instagram con calciomercato.com, Palladino si è raccontato a cuore aperto. Con la spontaneità di chi è arrivato partendo dal basso, un passo alla volta. E ha fatto a pugni con la sfortuna che ne hanno condizionato la carriera. Ora Raffaele, appese le scarpette al chiodo, allena l'under 17 dell'ambizioso Monza targato Berlusconi-Galliani. Di seguito uno stralcio dell'intervista che potete trovare video in fondo all'articolo. 

Dalla periferia di Mugnano alla Juventus, passando per l'esperienza al Benevento. Una storia particolare la tua: che ricordo ha del suo arrivo a Torino?

"Io ho iniziato tardi nella scuola calcio a Mugnano, avevo 12 anni. Un'età quasi insolita per un giocatore ma per me il calcio era in mezzo alla strada, tra le macchine parcheggiate. Lì ho imparato a giocare a pallone. Poi andai al Benevento che viveva un momento particolare, non facile all'epoca. Devo molto al tecnico Luciano D'Agostino, è stato lui a lanciarmi nel mondo del calcio. Giocai in serie C e lì attirai le attenzioni della Juventus che mi acquisto nel 2002. Della Juventus ho tanti ricordi speciali, era un'altra società con Moggi. Te ne dico uno in particolare: all'epoca ci si allenava ancora al vecchio comunale, dalle giovanili alla prima squadra. C'era un lungo corridoio con tante stanze, alla fine c'erano i cosiddetti grandi. Ci capitava di incontrare i giocatori più grandi, cosa molto strana al giorno d'oggi dove i centri sportivi sono molto grandi. Immaginate che io al primo anno ho incontrato giocatori come Del Piero, Zidane, Davids, Salas. Rimanevo a bocca aperta, come un bambino in un parco giochi. Mi emozionavo, era bellissimo- Ho sempre cercato di prendere il buon esempio da loro, sono cresciuto con gli esempi di Totti, Buffon e Maldini. Dietro un grande calciatore, di solito, c'è sempre una grande giocatore. L'esempio che mi ha formato come calciatore è stato Nedved. Lui, per me, è stato un esempio di costanza, determinazione, sacrificio e voglia di arrivare a grandi livelli. Io ricordo che, quando mi sono affacciato alla prima squadra, arrivavo al campo un'ora prima e lui era già lì. Gli chiedevo: 'Pavel da quando tempo sei qua?'. Finiva l'allenamento ma lui continuava fino a due ore dopo. Lui mi diceva che al mattino, quando di solito un giocatore è libero, andava a correre alla Madria, che era il comprensorio dove lui viveva. Per me lui è stato l'esempio di come si dovrebbe affrontare la vita per arrivare a grandi livelli e non a caso è stato pallone d'oro":

Dopo le esperienze a Salerno e a Livorno sei tornato alla Juventus nel 2006 dopo Calciopoli con tanti giocatori che avevano appena giocato la finale della coppa del Mondo. Che ricordi ha di quello spogliatoio in un momento molto difficile?
"Già dal ritiro era tutto molto strano perché venivano dal Mondiale dove mezza squadra aveva giocato la finale. Naturalmente quando siamo partiti i Buffon, Cannavaro, Trezeguet non c'erano. Non sapevamo chi sarebbe rimasto e chi no perché, giustamente, molti giocatori non volevano giocare in serie B. Quando arrivarono in ritiro tutti i campioni che fecero parte di quella spedizione mondiale per noi era tutto assurdo, tutto strano. Loro avevano sposato il progetto e hanno riportato la Juventus dove meritava di stare. Io ti dico la verità, non ero convinto di rimanere perché ero, sulla carta, la quinta punta. Questo è un aneddoto che non sanno tutti: io avevo delle richieste, tra le quali quella dell'Udinese. Mi sentivo un po' chiuso, poi arrivò Deschamps che mi disse di non andare via perché avrei trovato spazio. Mi sono fatto convincere e sono rimasto".

Che rapporto aveva con un grande campione come Del Piero?
"E' stato un anno fondamentale quello per me. Ho condiviso lo spogliatoio con grandi campioni e leader di cui Buffon e Nedved, senza dimenticare Camoranesi e Trezeguet. Uno di questi era anche il capitano Del Piero: leader silenzioso, nello spogliatoio non era di tante parole ma quando parlava si faceva rispettare. Era un grande professionista, grande lavoratore, voleva sempre vincere. Quando entrava in campo ti dava questa sensazione, anche nelle partitine degli allenamenti, di avere una mentalità vincente".

Voi litigaste in campo in una partita contro il Palermo. Ci racconta come andò veramente?
"Si, chiariamola (ride ndr). A distanza di dodici anni ancora me lo chiedono. Tuttora sono grande amico di Alessandro, ci scriviamo messaggi e ci sentiamo per telefono. All'epoca successe che quella contro il Palermo era una partita abbastanza importante per noi e Ranieri non fece giocare nessuno dei due. Fece giocare in attacco Trezeguet-Iaquinta, ti lascio immaginare quanto potesse essere anche un po' nervoso. Entrammo tutti e due quando ormai vincevano per 3-0. Ci fu un'azione di contropiede, io non gli passai il pallone ma la diedi a Marchionni che poi crossò per Del Piero. Alex non si era arrabbiato nel vero senso della parola, c'è stato un battibecco dove io, lì per lì, gli ho provato a spiegare la cosa. I giornali l'hanno pompata, strumentalizzata perché Del Piero faceva sempre notizia. Nello spogliatoio ci siamo chiariti ed è finita lì. Abbiamo chiarito una volta per tutte (ride ndr)".

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