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  • Pellegrini: 'Mi pesa criticare la Samp, più doriano io di tanti leoni da tastiera'

    Pellegrini: 'Mi pesa criticare la Samp, più doriano io di tanti leoni da tastiera'

    Luca Pellegrini ha legato in maniera indissolubile il suo nome a quello della Sampdoria. Prima da giocatore e da capitano, poi da semplice appassionato e infine da commentatore. Negli ultimi giorni il suo nome è finito nell'occhio del ciclone per delle telecronache considerate poco 'pro Samp' e addirittura in grado di portare sfortuna alla formazione blucerchiata, tanto che qualcuno ha persino lanciato una petizione pur di evitare il suo impiego come seconda voce per una piattaforma satellitare.

    Si tratta di accuse che ovviamente Pellegrini respinge al mittente: "Sono sempre stato così nella mia vita, schietto e diretto. Senza mai offendere nessuno, nemmeno adesso. Ormai da tanti anni commento le partite e da sempre sono apprezzato per la mia imparzialità. Poi è altrettanto vero che io non sono il Vangelo e che il calcio è opinabile. Che un commentatore porti sfortuna... ci vuole una bella faccia da "leoni da tastiera". Quando devo muovere qualche critica alla Sampdoria, mi pesa. Posso essere non simpatico a tutti, ma sono sicuro di essere molto sampdoriano. Anzi, molto più sampdoriano di tanti che mi criticano. Faccio finta di niente. Per adesso" ha detto a Il Secolo XIX.

    Venendo all'attualità, Pellegrini ha raccontato anche i tanti derby vissuti in carriera, a partire da quelli meno felici: "Branco... me lo ricordo bene. Ho perso un solo derby su dieci, il suo. Nella stagione dello scudetto. E cosa gli devo dire. Io ero l'ultimo della barriera. Di quella barriera, intendo. Mi ricordo benissimo tutto. Vedo partire il tiro. Di solito sulle punizioni avversarie poi mi giravo per vedere la parata di Pagliuca. Era una sicurezza. Invece quel giorno, appena ho visto partire il pallone ho pensato... anzi, ho detto proprio "noooooo". Era calciato benissimo a uscire, sapevo che era praticamente impossibile prenderlo, nemmeno uno esplosivo come Gianluca. Nemmeno Mandrake. Su Branco ci faceva dei racconti Cerezo, era un gran personaggio. Ricordo poi che era venuto ad abitare da Rosato, a Quarto. In quel periodo tra sampdoriani e genoani capitava di frequentarci, molti di loro abitavano a Levante. Locali e ristoranti erano gli stessi. Sono nate amicizie. Però in campo non conoscevi nemmeno la mamma. Lo spirito del derby si trova lì, in quelle partite. Eri talmente assatanato che non ti accorgevi nemmeno delle coreografie della gradinata. Entravi sfidando gli avversari con lo sguardo, trasfigurato dalla voglia di vincere".

    Quali derby ricorda con piacere il capitano? "Il primo (7 dicembre 1980). Marcavo Claudio Sala, che fino a poche settimane prima guardavo in televisione. Quello del dualismo con Causio. Lui 34 anni, io 17. A quei tempi poi la gente il derby te lo faceva pesare. Senza patente, vivevo al Residence Regina di Pieve Ligure. Per andare all'allenamento scendevo a piedi a Bogliasco, dove rimediavo un passaggio da Genzano, Romei o Ferroni. Li aspettavo in un bar e ci potevo stare anche un'ora. Di martellamento continuo. Dunque il derby di andata lo "vinse" Sala contro di me. Quando faceva la finta sembrava che calciasse, io amavo andare in scivolata, lui rientrava e io mi ritrovavo sempre per terra. Al ritorno avevo un po' di esperienza in più, i vari Sartori, Genzano, De Ponti mi avevano dato delle dritte. E lì, lo marcai bene. Uno dei più grossi crossatori avversari del Genoa comunque è stato Pasquale Iachini, destro o sinistro, con il baricentro un po' alla Francis. Era davvero bravo. Il derby per me è sempre stata una partita unica, ci ho anche rimesso una spalla. Nel derby del 2-2 (10 aprile 1983). Ho toccato tre palloni, prima di uscire dal campo. Sul primo mi fece un'entrataccia vendicativa Beppe Corti, porto ancora i segni sulla tibia. Il secondo, faccio un'entrataccia vendicativa su Peters, peraltro non mi riesce e vengo ammonito. Il terzo, triangolo con Mancini, mi lancia nello spazio, Iachini mi trattiene e poi mi cade addosso. Mi è uscita la spalla destra e sono stato costretto a farmi operare rientrando solo all'ultima giornata. E pensare che avevo ritardato un intervento di appendicite perché non volevo saltare nemmeno una partita di quella stagione"

    Tra poco sarà il trentennale dello Scudetto: "Le ricorrenze positive sono sempre piacevoli, anche se ti ricordano che il tempo passa velocemente. Sicuramente con il passare degli anni ci siamo resi realmente conto della portata della nostra impresa. Nelle passate celebrazioni mi è sempre piaciuto guardare da fuori i miei ex compagni quando venivano festeggiati, perché il sapore della storia lo apprezzi meglio così. Da fuori. Un po' di anni fa venne a trovarmi Pari nel mio ufficio di Sampierdarena. Usciamo in Via Buranello e ogni due metri trova un tifoso che lo abbraccia. Fausto si gira e mi dice, 'dobbiamo avere fatto realmente qualcosa di grande'. Davvero. Lo scudetto della Sampdoria continua a sprigionare reazioni incredibili, a distanza di tanti anni
     

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