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  • Romamania: Mourinho ha ricordato Mazzone

    Romamania: Mourinho ha ricordato Mazzone

    • Paolo Franci
    Mourinho canta. Sì, anche lui travolto da quel coro che, forse, ancora echeggia dalle parti dell'Olimpico. “La Roma sì il Feye no”, sulle note di 'Never Going Home' di Kungs. Salta, balla, alza i pugni al cielo quando mancano pochi secondi alla fine dei supplementari e, come dire, la Roma sì, il Feye no. Stavolta mi sono concesso il lusso di andare allo stadio senza il fardello del lavoro. Da spettatore. Non succedeva da non so quanto. Una cosa che mi ha consentito di calarmi nel Sabba giallorosso, assaporando i suoni, i colori, le facce dell'ennesimo sold out dell'Olimpico, in una notte particolare. Molto particolare. Perché con il Feyenoord s'è creata una rivalità ruvida che non è germogliata solo per la finale di Tirana dove, anche lì, la Roma sì e il Feye no. Di mezzo c'è stato di tutto, dalle risse tra tifosi agli animali che hanno sfregiato la fontana della Barcaccia in piazza di Spagna.

    Però, per la seconda volta la Roma li ha rimandati a casa. E lo ha fatto nel modo che più di tutti piace a chi è innamorato del pallone. Con un gol al 90° dell'idolo più acclamato e ancora una volta salvatore della patria. Dybala l'ha rimessa in piedi, gli altri hanno fatto il resto. Quel gol dopo aver incassato l'uno a uno che sembrava aver spaccato il mondo, è stato l'incipit di una notte da raccontare, mentre lo stadio e i giocatori mi sono, davvero, sembrati una cosa sola. Ecco, seguirla senza l'assillo del doverla raccontare sul giornale, mi ha concesso sfumature che altrimenti è impossibile cogliere. E quando il Faraone ha infilato dentro il 3-1 mi sono goduto il ruggito della gente, ho cercato di guardare quante più facce felici fossero intorno a me. Ho visto i sogni negli occhi dei bambini aggrappati a papà letteralmente fuori di testa per la gioia.

    E lì mi sono ricordato. E' riaffiorato il perché la gente impazzisce per il calcio. Perché il coinvolgimento è totale oltre un rito pieno di magia. Perché se uno come Mou che ha vinto tutto, si alza dalla panchina e inizia a saltare, cantare e incitare le folle per la conquista di una semifinale, vuol dire che nessuno può resistere a questa magia. Mou mi ha ricordato il Carlo Mazzone col pugno a fendere l'aria che corre sotto la Curva Sud dopo il 3-0 alla fortissima Lazio dell'epoca, quella che ironicamente i tifosi della Roma definirono 'La Lazio degli scienziati'. Carletto non ha vinto nulla. Mou ha vinto anche cose che forse non esistono o sono il parto della nostra fantasia. Però, per un momento, sono sembrati uguali. Uomini felici per aver regalato una sogno ai propri tifosi.

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