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  • Sabatini a CM: 'Calhanoglu è l'emblema del fallimento del Milan, questa Inter come The Last Dance'

    Sabatini a CM: 'Calhanoglu è l'emblema del fallimento del Milan, questa Inter come The Last Dance'

    • Sandro Sabatini
      Sandro Sabatini
    Minuto 70. Sostituzioni. Una per il Milan: entra Thiaw. Tre per l’Inter: entrano Lukaku, Brozovic e Gosens. Per i milanisti masochisti, si specifica il giocatore sostituito: Gabbia. Per gli interisti ottimisti, i tre a lasciare un derby già stravinto erano Dzeko, Mkhitaryan e Dimarco. Fuori un bosniaco, un armeno e un milanese; dentro un belga, un croato e un tedesco. Ricordate quando - ormai tanti anni fa - si diceva che l’Inter faceva giocare troppi stranieri? Accuse fuori tempo massimo: i giocatori si dividono in bravi e scarsi, non italiani e stranieri. Quelli nerazzurri sono giocatori bravi. Alcuni bravissimi. Tutta la squadra è di livello alto: Internazionale come il nome. E inspiegabile come abbia buttato via la lotta scudetto accumulando 6 sconfitte nelle prime 19 giornate.

    La differenza tra Inter e Milan non è stata solo evidenziata dalle sostituzioni. Nè da modulo, atteggiamento, gioco, assenti e presenti. La differenza è stata totale, come già era parso evidente in Supercoppa: 3-0 anziché 1-0, comunque senza discussione. Indiscutibile è anche la differente difficoltà degli accoppiamenti in Champions League. All’Inter tocca il Porto che sta attraversando un buon momento di forma, ma è comunque staccato dal Benfica capolista. Invece il Milan se la vedrà con il Tottenham appena rigenerato dalla vittoria sul Manchester City e dalla frequentazione in zona Champions. In sintesi: all’Inter 2a in Italia tocca il Porto 2° in Portogallo; al Milan 5° in serie A tocca il Tottenham 5° in Premier League. Fate voi le differenze tra campionato portoghese e inglese…

    Ma oltre al sorteggio c’è di più. C’è la sensazione che l’Inter abbia anche una bella rosa, forte. Non solo una bella formazione titolare. Per esempio: quante altre squadre europee avrebbero potuto effettuare quella triplice sostituzione al minuto 70 del derby? Pochissime.

    Adesso, basta non esagerare. Questa non è l’Inter del Triplete, non ci va neanche vicina. E pure l’allenatore - scusi Inzaghi - non ha nulla da spartire con quel Mourinho doc, annata 2010. Però attenzione perché c’è un’atmosfera da “The last dance” in questo gruppo nerazzurro. Per chi non lo sapesse, è opportuno ricordare che “The last dance” è la meravigliosa docuserie sugli anni d’oro di Michael Jordan con i Chicago Bulls, basket Nba. Ed è ancora più opportuno specificare che questa Inter può fare la storia, forse sì. Ma sicuramente non la leggenda. Quindi difficilmente diventerà una docuserie televisiva, anche se alcuni personaggi sarebbero densi di sfumature narrative: Skriniar a un passo dall’addio, Acerbi acquisto controverso, Darmian eterno “underdog”, Dimarco il bimbo piovuto in campo dalla curva, il cigno Dzeko e il toro Lautaro.

    E poi c’è Calhanoglu. Quello dei cori sul pullman scoperto del Milan, ma anche quello che - nessuno provvede a  ricordarlo - inventò il coro tormentone “Pioli is on fire”. Quel Calhanoglu che gli urlano “figlio di”, lui batte il corner per la testa di Lautaro e poi si mette le mani alle orecchie, per ascoltare il coro che si zittisce mentre esplode l’esultanza dei tifosi nella curva opposta.

    Calhanoglu è figlio di un calciomercato sbagliato, quello che ha illuso il Milan di svincolare tutti senza rimpianti. Calciomercato azzeccato, quello che consente all’Inter di schierare nella formazione titolare addirittura 5 presi a zero (Onana, Acerbi, Calhanoglu, Mkhitaryan e Dzeko). Si chiama calciomercato. Punto. Con (conseguenze).    

     

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