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  • Sampmania: perché perdere a Torino ci dà fastidio?

    Sampmania: perché perdere a Torino ci dà fastidio?

    • Lorenzo Montaldo
    Gente, togliamoci subito il dente: perdere a Torino ci sta, lo avevamo messo in conto tutti. Non c’è nulla di strano, anzi, venire sconfitti giocandosi la partita fino all’ultimo è pure un bel segnale. E allora perché circola questa sensazione di leggero fastidio e latente delusione? Credo sia fisiologico, dal momento che prendere zero punti per ingenuità o errori evitabili dà fastidio a chiunque, in primis - spero - ai giocatori. Anche se davanti hai il Real Madrid. Figuriamoci al cospetto di una Juve modesta, piuttosto svagata e anche fragile. Il fastidio è inevitabile, Juve-Samp sa tanto di occasione sciupata: era la chance perfetta per portare a casa il risultato di prestigio, con il minor sforzo (si fa per dire) possibile. Peccato, ci avevamo fatto la bocca.

    In realtà, penso che il 3-2 di Torino vada rimesso nella giusta prospettiva. Girano le scatole, è normale, ma i segnali positivi ci sono. La squadra ha una sua identità, non si snatura, propone, offende e a tratti diverte. Tirare somme o prospettare scenari estremamente apocalittici è sbagliato, così come era sbagliato eccitarsi oltremodo dopo il successo di Empoli. Il primo bilancio, secondo me, dovremo stilarlo il prossimo 23 ottobre, dopo aver affrontato Udinese, Cagliari e Spezia. Lì potremo dire qualcosa di più su questa Samp, sulla filosofia di D’Aversa e sulla impostazione data alla sua formazione. Per il momento, sono pure e semplici questioni di preferenze e sesso degli angeli. C’è chi avrebbe gradito una Samp meno sbarazzina allo Stadium o contro il Napoli e chi, preventivando comunque una sconfitta, sposa l’idea di affrontare a viso aperto la Juve, considerando anche che i bianconeri non si sono dimostrati propriamente una corazzata. Anzi, trasmettono l’idea di cantiere ancora in costruzione. Io non sono per gli estremi, mai, in questo caso la mia posizione propende più verso la seconda interpretazione ma, ad oggi, dopo aver fronteggiato quasi tutte le compagini più attrezzate del campionato, si tratta esclusivamente di un esercizio stilistico fine a sé stesso. Invece, guarderò con estrema attenzione al prossimo trittico di partite. Questo sì, lo ripeto, sarà dirimente.

    Evidenziamo le note più liete. Ho visto, ancora una volta, un ottimo Candreva, e soprattutto due gol costruiti in laboratorio, creati a tavolino e quindi molto, molto apprezzabili. La zuccata di Yoshida nasce da uno schema volto a generare proprio quel genere di cross, svolto perfettamente dal piede educato del Candreva di turno, e studiato per portare fuori sincrono la linea difensiva avversaria, in una situazione in cui il reparto è già perfettamente schierato. Il 3-2 invece origina da un’altra situazione sponsorizzata da D’Aversa, il recupero palla su pressing alto, nella trequarti avversaria, con annesso doppio tocco in orizzontale. Il pallone conquistato da Silva è un macigno, la girata del portoghese in area per il solito Candreva deliziosa e difficilissima, ma è splendido pure il taglio visto e pensato da Damsgaard per chiudere il triangolo con l’ex Monaco, imbucando nell’area avversaria un compagno tagliando fuori il pacchetto arretrato dei padroni di casa.

    Ovviamente, agli aspetti positivi sottolineati poco sopra fanno da contraltare gli altrettanti dati negativi, ed è necessario estrapolarli, per completezza di informazione. L’aspetto più preoccupante è la grande fragilità difensiva, data da un cocktail di limiti individuali e da un’organizzazione ancora da trasmettere e affinare. La Samp ha incassato 7 gol in 180 minuti, e di questi almeno quattro sono frutto di clamorose incertezze tecniche dei singoli, miscelate con imprecisioni strutturali. Forse è l’aspetto che rode di più. La fotografia lampante di questo quadretto è il terzo gol servito su un piatto d’argento alla Juventus. L’errore è duplice. Colley ceffa un passaggio ad un metro nel cuore dell’area di rigore, con almeno cinque giocatori bianconeri negli ultimi undici metri di campo. Primo errore per limiti individuali. Quel tocco, se decidi di farlo per tentare l’uscita palla al piede, non puoi sbagliarlo. Non puoi. Sono frazioni di secondo, chiaro, ma un appoggio del genere non può essere fuori misura. Secondo errore, il goffo tentativo di controllo di Thorsby e l'anticipo patito da Kulusevski, a seguito di una dormita inspiegabile del norvegese. Per di più, durante una situazione ad altissima temperatura. Anche questa è una mancanza del singolo. Poi ci sono gli errori di posizionamento sugli attacchi aperti degli avversari: una situazione classica in questo senso è la ripartenza con due-tre giocatori faccia alla porta, mentre la linea difensiva blucerchiata rincula e arranca, spalle ad Audero, in maniera disorganica e disordinata. In situazioni simili, la Samp soffre da morire. Ecco, tali aspetti vanno riorganizzati, e mister D’Aversa dovrà farlo il prima possibile.

    Juve-Samp, ma più in generale l’ultimo periodo della truppa doriana, hanno palesato poi un’altra tipicità, ossia l’assenza di rincalzi all’altezza rispetto all’undici titolare. D’Aversa ha subito individuato quella che è la formazione tipo, e ha fatto bene a non mostrare dubbi in merito, ma le seconde linee, rispetto al blocco compatto degli undici-dodici giocatori imprescindibili, sono almeno un paio di gradini indietro. Ecco, più che rimuginare sui punti lasciati a Torino, o su ciò che poteva essere e non è stato, mi concentrerei maggiormente su queste valutazioni. Facciamole ora, in un ambiente tutto sommato sereno e tranquillo. E’ sicuramente più produttivo.

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