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Serie A, non esistono solo i diritti tv! Il potere dei soldi, chi ce l'ha e chi no

Serie A, non esistono solo i diritti tv! Il potere dei soldi, chi ce l'ha e chi no

  • Mino Fuccillo
    Mino Fuccillo
Mercato per chi produce e vende calcio non è solo calciomercato di giocatori. Mercato per il calcio deve essere anche altro, cioè produzione e scambio e consumo di altre merci che non siano difensori, registi, attaccanti, esterni alti o bassi, interditori, costruttori di gioco... Altrimenti, se le società di calcio non sono o non diventano aziende che stanno sul mercato (non quello dei calciatori), il calcio di queste società (e dei loro tifosi) resta calcio minore. Anzi, più che resta, progressivamente rimpicciolisce alla dimensione di calcio minore, prima in azienda e poi in campo. E' tutto stampato e visibile il potere reale dei soldi. Che non consiste solo e sempre nel comprarsi questo o quel calciatore. Il potere vero dei soldi, anche nel calcio, è generare soldi. C'è chi ce l'ha questo potere, chi se lo è costruito, chi ci prova, chi non sa come fare, chi poco ci pensa, chi rasenta l'incapacità. 

In Italia abbondano le presenze nelle categorie dei distratti o impotenti a generar soldi, scarseggiano le presenze nella categoria di chi ha imparato e si applica. Il tifoso tipo a questi argomenti dedica poco o nulla pathos, anzi francamente si annoia. Se proprio vuoi intercettare attenzione sui soldi, meglio far ricorso a giochi tipo: quanto costa un punto in classifica? Il gioco lo conduceva a inizio gennaio il Corriere della Sera. Il quotidiano aveva calcolato che a fine 2019, facendo il rapporto tra punti in classifica e monte ingaggi, alla Juventus ogni punto era costato 3,5 milioni. Seguiva classifica costo punti in milioni di euro: Milan 2,7 milioni a punto, Napoli 2,1 milioni, Genoa 1,8, Roma 1,75, Inter 1,65, Udinese 1,6, Fiorentina 1,45,Torino e Spal 1,25, Sampdoria 1,2, Lecce 1,05, Lazio e Brescia 1, Bologna e Sassuolo 0,9, Cagliari 0,75, Verona 0,65, Parma 0,6, Atalanta 0,55, poco più di cinquecentomila euro a punto, di certo la migliore produttività per addetto.

A fianco del gioco quanto costa un punto, un ripasso del quanto sono pagati i calciatori: Ronaldo 31 milioni, Lukaku 7,5, Donnnarumma 6, Koulibaly 6, Dzeko 5, Ribery 4, Nainggolan 3, Milinkovic Savic 2,5, Destro 2, Zapata 1,8, Belotti 1,7, Balotelli 1,5, Petagna 1,2 come Quagliarella... Gioco, classifica e ripasso con una morale resa esplicita: non sempre chi più spende più vince. Le eccezioni sul campo alla regola più spendi e più vinci infatti ci sono e non sono neanche poche. Non ci sono invece eccezioni alla regola aziendale per cui se non produci soldi il potere dei soldi non ce l'hai. Il Barcellona fattura 840 milioni di euro circa. E le altre quattro società che col Barcellona compongono le cinque dita della mano che domina il calcio europeo (Real Madrid, Bayern Monaco, Manchester United, Paris Saint Germain) fatturano tra i 700 e i 600 milioni. La Juventus fattura circa 450 milioni, l'Inter viene dopo e con Roma e Napoli si scende rispettivamente a circa 300 e poco più di 200 milioni di fatturato. Il Milan è scivolato giù dalle posizioni che aveva occupato. Ma questo il tifoso più o meno lo sa e traduce il tutto in società italiane meno ricche delle grandi d'Europa. Quindi, ragiona il tifoso, troviamo qualcuno che ci metta milioni, tanti, e ci faccia ricchi altrettanto (lo sceicco, l'arabo, l'americano...) e che qualche provvidenza ce lo mandi uno di questi a metterci milioni nella squadra per cui tifiamo.

Ma la chiave per il mercato non è metterci soldi, è ricavarne, produrre soldi. Facendo, guarda un po', mercato. Mercato di cosa? Le prime cinque società di calcio in Europa per fatturato hanno un portafoglio che le società italiane di calcio neanche si sognano. Non solo per la capienza del portafoglio ma per la composizione del portafoglio. Dei suoi 840 milioni di fatturato, il Barcellona ne ricava 300 e passa (circa il 35%) da attività commerciali. Non i ricavi da stadio e neanche i ricavi da vendita diritti tv, 300 e passa milioni di euro il Barcellona azienda li ricava ideando, producendo, mettendo sul mercato nazionale e internazionale prodotti materiali e immateriali legati al brand e all'attività aziendale. E altrettanto fanno in proporzione Real Madrid, Bayern, Paris Saint Germain, Manchester United (e City e altre di Premier soprattutto ma anche qualcuna di Liga e Bundesliga).

Nel portafoglio delle grandi aziende di calcio europee la capacità di produrre autonomamente merci da immettere sul mercato fa tra il 30 e il 40 per cento del fatturato. Nel portafoglio delle grandi società di calcio europee ci sono tre scomparti: attività commerciali, ricavi da stadio e vendita diritti tv. Nessuno dei tre scomparti è nano rispetto agli altri due. Nel portafoglio delle società di calcio italiane c'è un solo scomparto: quello dei soldi che arrivano dalle tv (peraltro in stasi o flessione nel prossimo triennio). Gli altri scomparti sono angolini per gli spiccioli: da stadio e soprattutto da attività commerciali le aziende italiane di calcio ricavano poco o nulla. Il potere dei soldi, anche nel calcio, è generare soldi. Il produrre soldi attira investitori, il che traina iniziative di mercato, da cui sostenitori/consumatori/clienti, di qui anche calciomercato di giocatori, da cui anche risultati sportivi... Ma se non sai come generare soldi, se la tua sola professionalità aziendale è quella di strizzare il budget delle tv, allora niente potere dei soldi. E dove si vede, da quale cifra si vede se ce l'hai o no o almeno ci pensi e ci provi? Eccolo il confine: 500 milioni di euro di fatturato. Sopra i 500 il potere dei soldi c'è, sotto no.

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