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  • Toromania: la Juve non vince dal '96, è giusto che sia in Champions? Cairo, la replica a parole non basta più...

    Toromania: la Juve non vince dal '96, è giusto che sia in Champions? Cairo, la replica a parole non basta più...

    • Andrea Piva
    La Juventus, che a livello europeo non vince nulla dal 1996, partecipa alla Champions League. E’ giusto o no? Nell’ottica di riformare il principale torneo continentale per club, per creare magari quella sorta di Superchampions o Superlega tanta amata da Andrea Agnelli, sarebbe forse appropriato garantire un posto fisso a chi, nel nuovo millennio, ha alzato al cielo almeno una volta un trofeo internazionale (che sia la Champions o l’Europa League). Avremmo così una coppa con Inter e Milan a rappresentare l’Italia, Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Siviglia e Valencia per la Spagna, Bayern Monaco per la Germania, Liverpool, Chelsea, Manchester United per l’Inghilterra. Sarebbero poi rappresentati anche le squadre di quei campionati di seconda fascia, come il Porto per il Portogallo, CSKA Mosca e Zenit San Pietroburgo per la Russia, Feyenoord per i Paesi Bassi, il Galatasaray per la Turchia e lo Shakhtar Donetsk per l’Ucraina.

    Una provocazione, certo, ma, seguendo il concetto espresso da Andrea Agnelli, ogni club potrebbe studiare un modello su misura dei propri interessi per decidere chi ha diritto e chi no di partecipare alla Champions League, chi ha diritto e chi no a guadagnare di più. Perché in fondo di questo si tratta: non di sport, ma di interessi economici. Agnelli pensa ai suoi, quelli della sua azienda (non squadra), la Juventus, che nel frattempo rischia però di uscire agli ottavi di Champions League per mano di una squadra, l’Olympique Lione, senza storia internazionale. Il tutto mentre un’altra squadra senza storia internazionale, l’Atalanta, ha un piede ai quarti di finale dopo il 4-1 rifilato al Valencia. In contemporanea un’altra squadra dalle capacità economiche ben più ridotte, la Lazio, ha già alzato un trofeo in faccia ai bianconeri (la Supercoppa italiana) e sta lottando testa a testa per lo scudetto. E’ il bello dello sport, non sempre vincono i più ricchi o i più forti.

    Mentre Andrea Agnelli da una parte spinge per la Superchampions, dall’altra Urbano Cairo prontamente replica a difesa della meritocrazia e dei campionati nazionali. Oltre che dei suoi stessi interessi. Se da una parte preme, a ragione, perché anche nel calcio siano i meriti sportivi a prevalere su quelli economici, dall’altra difende quei privilegi (vedasi gli introiti per i diritti televisivi) che gli sono garantiti dalla storia e dal bacino d’utenza del suo Torino. Ma non basta costruire barricate contro Agnelli e la Superlega. Prima o poi cadranno se non verranno accompagnate da riforme, da un piano di sviluppo nazionale e internazionale del calcio che permetta di diminuire quel gap economico che si sta sempre più creando tra pochi club e tutti gli altri. Solo così avremmo un calcio più bello, più equo, più appassionante, dove a vincere non saranno solo le solite squadre e dove nessuno si domandi se l’Atalanta merita di partecipare alla Champions League.

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