Calciomercato.com

  • Vialli: 'Ventura? A Coverciano insegnano a non dimettersi. Ancelotti ct perfetto, ma servono meno stranieri'

    Vialli: 'Ventura? A Coverciano insegnano a non dimettersi. Ancelotti ct perfetto, ma servono meno stranieri'

    Gianluca Vialli, ex attaccante e ora commentatore televisivo, ha parlato alla Gazzetta dello Sport del fallimento dell'Italia, che non si è qualificata per il Mondiale 2018: "Ero a casa a Londra, ma non ho visto Italia-Svezia. Avevo paura e la paura è aumentata alla lettura della formazione, ho fatto altre cose. Ogni tanto davo una controllata al telefonino. È stata una sofferenza. Da italiano che vive all'estero, dopo tre giorni è ancora più doloroso. La prossima estate per chi ama il calcio sarà durissima. Il mancato Mondiale un danno per i calciatori? Fino a quando giochi, non ti accorgi di certe cose. Sabato si torna in campo e riprende la routine. Quando smetti, ti accorgi delle opportunità svanite. Dobbiamo renderci tutti conto che il calcio ha delle ricadute in altri settori. Saltare un Mondiale significa creare problemi all'economia e togliere spensieratezza per un mese a un intero Paese. Io però a questo punto, per non cadere nella depressione, voglio essere ottimista: mi auguro che questa batosta rappresenti l'opportunità per ripartire davvero da zero. La premessa doverosa è che la Nazionale va trattata con cura. La politica nello sport è importante, ma non può esserlo più del prodotto calcio. Deve rappresentare un momento di discussione, di approfondimento e di sintesi. Deve svolgere un ruolo di mediazione, ma diventa tossica se divide e rappresenta interessi diversi da quelli calcistici". 

    COME RIALZARSI - "Approvo il maggior potere ai manager all'interno della Lega e la riduzione dei club delle tre serie maggiori: il numero perfetto è quello sostenibile dal sistema. Giusta l'idea delle seconde squadre. Possono rappresentare un laboratorio interessante. Sì allo ius soli perché il mondo viaggia verso questa direzione e semaforo verde ad un'identità comune delle nazionali. Qui va però fatta una precisazione doverosa: l'identità comune non è un sistema di gioco, ma una filosofia di calcio. Si deve seguire un principio base, articolabile in diversi schemi. La questione degli stadi di proprietà è vitale per le finanze dei club. Bisogna poi vigilare su tutte le componenti interne: i club vanno tutelati anche dal punto di vista commerciale. Con i tifosi i rapporti devono essere all'inglese, sviluppando il concetto della fidelizzazione, ma non vanno assolutamente tollerati comportamenti violenti e contrari alla convivenza civile. Da dove ripartire? Dalla tecnica. È vero che il nostro livello non è più quello di dieci anni fa, ma bisogna rivedere alcuni concetti base. La Nazionale deve tornare a rappresentare l'élite. Non si possono giocare bene 25 minuti in campionato e ritrovarsi la maglia azzurra addosso. La Nazionale bisogna meritarsela con un rendimento elevato protratto nel tempo. Lo dice la storia: hanno vinto il Mondiale le squadre basate su gruppi solidi, arricchite da inserimenti mirati. Lippi seguiva questa strada, Ventura l'ha sconfessata".

    DA VENTURA AD ANCELOTTI - "Se mi sarei dimesso al posto di Ventura? A Coverciano la prima cosa che insegnano a un allenatore è quella di non dimettersi mai. In certi casi bisogna essere più galantuomini che professionisti. Penso che un gentiluomo, in una situazione simile, si sarebbe fatto da parte. Il ct con cui ripartire? Carlo Ancelotti. È rispettato da tutti, possiede equilibrio ed esperienza internazionale, ha vinto ovunque e parla le lingue. Farei di lui il Del Bosque italiano. Gli chiederei solo una cosa: abbracciare un progetto e sostenerlo fino in fondo. Mi piacerebbe vedere al suo fianco Paolo Maldini nel ruolo di club manager. Un dirigente modello Germania, alla Bierhoff, Ma occorre una rivoluzione culturale. Bisogna partire da una serie di punti. Il primo: la Nazionale è lo specchio del movimento. Se va bene la Nazionale, fa da traino a tutto il mondo del calcio. Punto secondo: mi aspetto un passo indietro da parte dei dirigenti. Non è semplice, perché il movimento sportivo è una cosa e l'industria calcistica è un altro discorso, ma se non si trova la forza e la capacità di incontrarsi in un progetto condiviso, perdono tutti: movimento sportivo e industria. Non si può pensare ad un calcio estraneo ai meccanismi dell'industria, ma non si può neppure sacrificare l'aspetto sportivo in nome del business. Bisogna allargare gli orizzonti. Vorrei vedere l'egoismo illuminato di cui parla Aristotele. Non mi aspetto che un dirigente di società si sieda ad un tavolo con l'idea di perdere denaro, ma adesso si può accettare l'idea di guadagnare un euro in meno in nome del bene comune".

    MENO STRANIERI - "Gli ex calciatori fuori dai ruoli dirigenziali? L'Italia è bellissima, ma è strangolata dalla politica. Nel calcio va avanti chi coltiva la politica e i rapporti giusti. Bisogna poi mettersi d'accordo su alcuni punti. Non basta essere stato un buon giocatore per essere anche un bravo dirigente. Bisogna avere la forza di studiare e di essere propositivi. Allo stesso modo, il calcio dominato dalla politica produce risultati disastrosi. Se avessi la bacchetta magica? Andrei dall'Uefa e chiederei una deroga per compiere un intervento straordinario: limitare il numero degli stranieri per incoraggiare i club ad investire sui vivai. Abbiamo bisogno di qualità: dobbiamo ritrovare i Maldini, i Baggio, i Totti. Poi procederei alla riforma dei campionati. Per chi tiferò in Russia? Islanda e Brasile".

    Altre Notizie