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Volley applicato al calcio: nascono i 'muralisti'

Volley applicato al calcio: nascono i 'muralisti'

  • Gian Paolo Ormezzano
    Gian Paolo Ormezzano
Sono in atto nel gioco del calcio mutamenti dal risvolto tecnico-atletico e dal risvolto regolamentare e tecnologico, se ne parla assai intanto che il calcio stesso, "spezzatinizzato" anche con ingredienti esteri, occupa ormai tutti gli spazi disponibili di un tempo libero che davvero libero non è, considerata la nostra debolezza di fronte a serpenti e mele in offerta speciale. Per far finta di essere sani (di mente) ci si diverte persino a dire che non si dribbla più, che si dribbla troppo, che i gol più belli sono quelli segnati grazie a lanci verticali che saltano il centrocampo, che i gol più belli sono quella scaturiti dall'arte di infiniti passaggi, che si segna gol bellissimi su calcio piazzato, che il calcio piazzato implica, per avere successo, l'errore di qualche difensore. Che il calcio è grande gioco per la forza della sua immutabilità (su tutto e contro gli altri giochi di palla l'assenza di tempi morti), che lo è per il suo adattamento alle tecnologie signore e padrone (foriere di interruzioni continue). 

Strano che sia sfuggita al bla-bla-bla planetario, compreso il nostro, una novità semplicemente enorme ha riguarda il campo, il gioco in ormai tutte le partite. E' il concetto di muro, come nel volley, contro tiri degli avversari. Proprio la palla murata, ovviamente non con le mani e le braccia, da dieci giocatori su undici, intanto che il portiere sempre più spesso usa tutto fuorché le mani e le braccia per opporsi. L'altro giorno due partitissime del volley hanno dato due titoli mondiali di club a due squadre italiane provinciali forti anche di stranieri italianizzati. Saltando col telecomando da un match all'altro, da uno sport all'altro, si vedevano tantissime palle murate nel volley (specie quello femminile, dove la palla sta in aria a lungo per difetto di potenza tale da schiacciarla presto al suolo), ma si vedevano tante palle murate nel calcio. 

Si tira molto nel calcio, non importa se grazie a un lancio lungo raccolto bene o mille passaggini, si tira magari anche alla carlona, cercando di propiziarsi un rigore, con le nuove regole feroci: ma cresce comunque la quantità delle palle murate. Sta nascendo una specializzazione, davvero, i muralisti, specialisti in muri, altro che pittori di strada, di pareti. Si mura di piede, di gamba, di schiena, di chiappa, si mura tirando subito o alla fine di languide geometrie di passaggi, a balletti di spostamenti. Si mura volando o sdraiandosi per terra. Si lascia – inconsciamente o no - che l'avversario giochicchi, intanto che si predispongono, si sistemano nello spazio i corpi per la murata. 

La quale murata è spettacolare spesso, nel senso di frutto di un exploit atletico (il fulmineo calcolo balistico del pallone, quello della propria velocità, del balzo), persino è coraggiosa (una volta si diceva del calciatore, quando murava: si è immolato…). La murata è la soluzione ultima ma non estrema in caso di mischia in area, di ressa compressa nei minuti di recupero, di opposizione all'incomodo, all'insolito, tipo il portiere avversario che lascia la sua porta e tenta la sorpresa sull'ultima palla che viaggia verso la porta nemica). Si cerca di murare la botta felpata di Messi o il tiro forte di Ronaldo. Un calcio d'angolo deciso da una murata, in cambio di una murata, è di regola un buon affare, dunque ricercato. 

Guardare per credere. Ricordare, paragonare. E non dire che la murata c'è sempre stata. Casomai è sempre esistita, come risorsa estrema di difesa: ma adesso siamo alla routine. O a una nuova scienza, mai chiudere le porte all'ottimismo. 

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