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  • Astori, un anno dopo: capitano per sempre, l'Italia non ti ha dimenticato

    Astori, un anno dopo: capitano per sempre, l'Italia non ti ha dimenticato

    • Giacomo Brunetti
    Il 4 marzo sarà sempre una data speciale, in particolar modo per i fiorentini. La scomparsa di Davide Astori ha ridimensionato il calcio in Toscana, caratterizzandolo umanamente e se c'è un insegnamento che la vicenda ha donato, è proprio il «seme» tanto citato da Stefano Pioli: ci ha fatto riscoprire semplici, normali, sviscerando le logiche moderne e rendendo la squadra e la città una cosa sola, ancor più di prima. I fiorentini sono passionali, accolgono le persone perbene come loro figli acquisiti. E così era successo con Astori, uomo che mai aveva mosso un gesto fuori posto.

    In questi trecentosessantacinque giorni, il ricordo è sempre stato vivo. Le manifestazioni in suo onore non sono mancate. La memoria è stata tenuta accesa grazie al lavoro di tutti: dei tifosi, della società, della famiglia di Astori. Quella tragica mattina ha tracciato una linea tra prima e dopo. Il muro eretto tra maglie, striscioni e manufatti; il ritrovo davanti al centro sportivo; le migliaia di persone accorse alla camera ardente e al funerale; la coreografia. Le lacrime, le emozioni. Non è tutto racchiuso in quella settimana, moltiplicatasi fino a oggi.

    Davide non è un patrimonio esclusivo di Firenze. L'affetto che tutte le piazze hanno dimostrato nei suoi confronti ha avvicinato ogni uomo di sport, riunito davanti a un dolore troppo ingiusto. E se sulle sponde dell'Arno lo hanno coccolato, in giro per la penisola tutti hanno fatto sentire il loro sentimento. Un prima e un dopo, dunque, tra insegnamenti e lezioni da portarsi dietro. Davide, il ragazzo sempre sorridere con la soluzione pronta. Il primo ad arrivare, l'ultimo ad andarsene. Colui che guidava tutti, e dal quale tutti si facevano guidare. Un padre, un figlio, un compagno, un amico. Un Capitano, per sempre.

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