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  • Papa Francesco, uno di noi: a pranzo nella mensa vaticana con operai e impiegati, parlando di calcio e del San Lorenzo

    Papa Francesco, uno di noi: a pranzo nella mensa vaticana con operai e impiegati, parlando di calcio e del San Lorenzo


    Venerdì, si mangia di magro. «Ha preso fusilli in bianco, una porzione di merluzzo, verdure gratinate e un po’ di patatine fritte. Non ho avuto il coraggio di presentargli il conto». Claudia Di Giacomo ieri stava alla cassa e racconta emozionata la scena all’Osservatore Romano .

    Ore 12,10, sala mensa del Vaticano, quartiere industriale, la zona della centrale elettrica e termica, del laboratorio idraulico e della falegnameria, dei fabbri. Operai ed impiegati sono arrivati per la pausa pranzo, alcuni stanno già seduti ai tavoli e altri attendono in coda quando il Papa arriva, prende vassoio e posate e si mette tranquillo in fondo alla fila, in attesa che tocchi a lui. Un attimo di stupore, e poi i lavoratori gli si fanno incontro, si presentano, gli stringono la mano.

    Francesco ha pranzato al tavolo con sei magazzinieri, la veste bianca tra le polo blu con lo stemma vaticano, conversando serenamente. «Gli abbiamo descritto il nostro lavoro, quanti siamo a farlo e come si svolge. E lui ci ha parlato delle sue origini italiane», racconta uno di loro.
     
    Si è discusso pure di calcio -  Bergoglio è tifoso del San Lorenzo de Almagro, a Buenos Aires aveva la tessera e ora si mostra al corrente degli ultimi risultati -  ma anche di economia e della crisi. Ogni tanto si avvicinava qualcuno per scattare col telefonino una foto assieme al pontefice, il classico “selfie”.
     
    Lo chef della mensa, Franco Paini, non avrebbe mai pensato di preparare un giorno un pranzo al Papa: «E chi se lo aspettava, qui, col vassoietto, come il più umile degli operai! Siamo stati tutti presi in contropiede, però è stata una delle più grandi soddisfazioni che ti possano capitare...».
     

    Francesco è rimasto in mensa una quarantina di minuti, alla fine ha salutato tutti e dato la benedizione prima di tornare a Santa Marta, accompagnato in auto del suo aiutante di camera, Sandro Mariotti.
     

    Già l’anno scorso, il 9 agosto, aveva visitato a sorpresa il centro industriale incontrando falegnami, fabbri, idraulici, elettricisti e dipendenti dell’Osservatore, che ha la redazione poco distante. Del resto Bergoglio non è nuovo a queste improvvisate. A Santa Marta fa colazione e mangia nella sala comune dell’albergo vaticano, dove trova libero. Tempo fa raccontava durante un’udienza: «Prima sono andato in cucina a prendere un caffè e ho chiesto al cuoco: ma tu quanto ci impieghi, a venire al lavoro?».
     

    Lo stile di un Papa per il quale la «missione permanente della Chiesa» è trasmettere il Vangelo e funziona «come il testimone di una staffetta: per trasmettere l’eredità bisogna consegnarla personalmente, toccare colui al quale si vuole donare...». Francesco si avvicina alla gente e per questo non ama le auto con i vetri blindati, «non posso salutare le persone e dire loro che le amo da una scatola di sardine».
     

    Le foto di Bergoglio che regge il vassoio del self service e pranza al tavolo con la bottiglietta d’acqua sono state diffuse dalla Rete ai quattro angoli del pianeta. Ma quando in aereo dal Brasile i giornalisti gli chiedevano che cosa ci fosse nel suo bagaglio a mano, stupiti perché non si era mai visto un pontefice che si portava la borsa da solo, Francesco sorrideva: «La porto perché ho sempre fatto cosi. Dentro c’è il rasoio, il breviario, l’agenda, un libro da leggere... Io sono andato sempre con la borsa quando viaggio: è normale. Per me è un po’ strano quello che mi dite, che quella foto ha fatto il giro del mondo. Dobbiamo abituarci ad essere normali. La normalità della vita».

    Gian Guido Vecchi per il Corriere della Sera

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