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  • Il mito Kubala: tre nazionali, la fuga per la libertà e la Pro Patria...

    Il mito Kubala: tre nazionali, la fuga per la libertà e la Pro Patria...

    • Alessandro Bassi
      Alessandro Bassi
    È considerato uno tra i più forti giocatori di tutti i tempi, vero idolo dei tifosi del Barcellona. László – o Ladislao, o Ladislav – Kubala elegante attaccante ha vissuto una vita votata alla costante ricerca della libertà. Cittadino del mondo, durante la sua carriera è riuscito a vestire la maglia di ben tre Nazionali.

    FUGA PER LA LIBERTA' - Nasce a Budapest nel 1927 da una famiglia che aveva origini miste. I genitori, infatti, sebbene entrambi ungheresi, avevano origini diverse: il padre slovacche, la madre polacche. È un dato affatto irrilevante, come vedremo. Kubala già a dieci anni va a lavorare in fabbrica ed inizia a giocare a calcio nel Ganz Torna Egylet, la squadra giovanile del dopolavoro, militante in terza divisione. Qua si mette in luce, spesso giocando con compagni più grandi di lui, tanto che viene notato da un osservatore del Ferencváros. A neppure 18 anni Kubala esordisce così nel Ferencváros, mettendosi sin da subito in luce a suon di gol. 
    Eppure, la prima svolta alla sua vita è dietro l'angolo. Nel 1946 lascia un'Ungheria precipitata nella miseria più drammatica e accetta un sontuoso ingaggio dallo Slovan di Bratislava, in Cecoslovacchia. E qui entrano in gioco le origini dei suoi genitori. Infatti, grazie al passaporto cecoslovacco dei genitori, Kubala riesce a giocare per la nazionale della Cecoslovacchia, con la quale, tra il 1946 e il 1947, gioca sei gare segnando 4 reti. La sua avventura cecoslovacca non si .limita al solo gioco del calcio. È qui che conosce la sua futura sposa, Ana Viola Daučíkova, sorella di Ferdinand Daučík, suo allenatore allo Slovan. 
    In Ungheria, intanto, non si sono certo dimenticati di lui, il Vasas offre a Kubala un contratto tanto allettante che lo fa rientrare a Budapest nel 1948, qui gioca anche tre partite con la nazionale ungherese sino a quando la sua vita viene di nuovo sparigliata dal destino – e dal regime comunista. L'esercito lo richiama e viene inquadrato nella Legione Rossa, con divieto di espatrio. Per Kubala, che a Budapest è da solo con la famiglia ancora a Bratislava, c'è una sola cosa da fare: fuggire ancora una volta dall'Ungheria. Ferdinand  Daučík organizza la fuga oltre frontiera di Ana Viola e del figlio, mentre Kubala agli inizi del 1949 riesce rocambolescamente a fuggire nascosto nel retro di un camion che trasporta un gruppo di profughi in Austria. Da qui la famiglia riesce a riunirsi a Vienna e quindi proseguire verso la Svizzera ed infine in Italia.

    SLIDING DOORS - Eh sì, perchè Kubala nella primavera del 1949 è in Italia. Qua entra in gioco Giuseppe “Peppino” Cerana, storico presidente dell'epoca migliore della Pro Patria. Imprenditore tessile, sportivo, sotto la sua presidenza la società di Busto Arsizio disputa ben 5 campionati di serie A. E alla Pro Patria arriva anche László Kubala, dove già giocano altri ungheresi. Cerana gli fa firmare un precontratto, ma purtroppo il forte attaccante ungherese non giocherà mai nessun incontro ufficiale con la maglia dei bustocchi. Il partito comunista magiaro non ha gradito la fuga di Kubala e così la Federazione ungherese ha squalificato a vita Kubala da tutte le competizioni nazionali. Purtroppo per Kubala la FIFA non solo ratifica la squalifica domestica ungherese, ma la estende a tutte le competizioni internazionali. 
    Kubala non ha ancora 22 anni, è in esilio in un Paese straniero e non può neppure giocare a calcio. Ben inteso, non le gare ufficiali. Al contrario di amichevoli Kubala ne gioca parecchie. Con la Pro Patria e con l'Hungaria, una selezione che fonda assieme a  Daučík e che riunisce calciatori esuli di ogni Paese dell'Est.
    Tra le tante amichevoli che Kubala gioca o che potrebbe giocare ce n'è una alla quale deve rinunciare proprio all'ultimo momento, un altro appuntamento con il destino. Valentino Mazzola il leggendario capitano del Grande Torino invita Kubala a partecipare con i granata all'amichevole a Lisbona che ha organizzato con FerreiraKubala in un primo momento accetta, ma poco prima di partire deve declinare l'invito: il figlio Branko si è ammalato e non se la sente di allontanarsi da lui. Kubala resta a Busto Arsizio, il Grande Torino non farà più ritorno.

    UNA VITA AL BARCELLONA - Salva la vita, Kubala però è ancora squalificato e quindi non può giocare tornei ufficiali. Una nuova occasione per sparigliare ancora una volta la propria vita Kubala la trova con la sua squadra dell'Hungaria. Gioca bene, diverte, e le richieste di esibizione arrivano copiose. Durante una di queste esibizioni in Spagna nell'estate del 1950 il manager del Barcellona Losep Samitier ne approfitta e offre a Kubala un ingaggio, oltre ad avviare le pratiche per fargli ottenere il passaporto spagnolo. È un altro momento chiave nella vita di Kubala. In piena Guerra Fredda il regime franchista non oppone alcun ostacolo all'operazione, cogliendo anzi l'opportunità di utilizzare in maniera propagandistica lo status di rifugiato politico di Kubala esiliato da un Paese sovietico. 
    E così Kubala diventa un cittadino spagnolo e un calciatore del Barcellona. Per la FIFA la perdita dello status di rifugiato è sufficiente per ridurre a Kubala la squalifica ad un anno, senza troppi tentennamenti, mentre alla “povera” Pro Patria il Barcellona liquida un indennizzo. E da lì parte il tempo nuovo della vita di Kubala. 
    Dieci anni avvolti nei colori blaugrana impreziositi – tra gli altri – dalla conquista di  4 edizioni della Liga, 5 Coppe di Spagna e 2 Coppe delle Fiere. Non solo. Kubala ottenendo la cittadinanza spagnola gioca anche diciannove incontri con la Nazionale spagnola, così riuscendo a vestire i colori di ben tre Nazionali: un vero cosmopolita e cittadino del mondo, oltre le barriere, spesso divisive ed astratte, dei confini.
     
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