Calciomercato.com

  • DFB Academy: le trasformazioni della Germania che aspira alla perfezione

    DFB Academy: le trasformazioni della Germania che aspira alla perfezione

    • Gabriele Stragapede
    L'espressione "cura" ha un significato molteplice nella lingua italiana: la cura può essere una medicina, ma avere cura vuol dire preoccuparsi di, occuparsi di, trattare con attenzione qualcosa. Nel nostro caso, entrambe le accezioni sono corrette: in questo speciale che vi proponiamo in sei giorni, Calciomercato.com indaga su come le maggiori Federazioni calcistiche europee hanno cura dei propri talenti, che a loro volta rappresentano la cura contro i periodi più bui dei rispettivi movimenti.

    Storie di ambizioni, racconti di modelli. Idee, pensieri, sogni che si realizzano. Il nostro viaggio in giro per l’Europa alla scoperta dei centri tecnici federali e di come le top nazioni del calcio mondiale riesca a produrre talenti a non finire non è ancora terminato. Dalla fonte di ispirazione principale regalatoci da Clairefontaine (QUI), ci siamo spostati Oltremanica, in Inghilterra per la precisione (QUI) prima ed in Spagna (QUI) poi. Ma fermarci qui sembrava quasi riduttivo. E quindi, il percorso di conoscenza e narrazione prosegue alla volta di un nuovo paese, uno dei più dominanti nella storia del calcio europeo: la Germania.

    STORIA DI VINCENTI – A controllare il palmarès della nazionale teutonica, ci si può quasi stupire che, dalla metà dello scorso secolo ad oggi, la parola fallimento sia anche solo contemplata. 18 apparizioni ai Mondiali – teniamo presente la squalifica post bellica che non permise ai tedeschi la partecipazione nel 1950 - ed in 12 di esse la Germania ha almeno centrato le semifinali. A ciò si aggiungano il 3° posto nel 1934, 8 finali disputate, record assoluto insieme ai sei atti finali continentali, e 4 Coppe del Mondo a referto. Se tutto ciò non bastasse: 3 campionati europei vinti ed anche una Confederations Cup. Puri dati, semplici statistiche che, però, testimoniano l’assoluta supremazia all’interno della panorama calcistico europeo. Una supremazia costante, quasi perenne, che ci regalano la fotografia di una nazione sempre in vetta al sistema calcio mondiale. Una delle realtà più fulgide, l’avversario da non affrontare mai (a meno che non ti chiami Italia, s'intende). D’altronde, il calcio è uno sport dove si gioca sempre in 11 contro 11 ma, alla fine, vincono sempre i tedeschi. La massima di Gary Lineker, glorioso attaccante britannico degli anni ‘80, riassume perfettamente la tradizione e l’importanza calcistica della Germania. Una nazione che, tuttavia, ha vissuto, e non solo nell’ultimo lustro, un periodo buio.

    DFB Academy: le trasformazioni della Germania che aspira alla perfezione


    I PRIMI FALLIMENTI – Già, qualche fallimento nella storia tedesca c’è stato. E come sottolineavamo, non si tratta dell’epoca recente. Se la doppia uscita consecutiva alla fase gironi ai Mondiali – prima volta assoluta nella storia tra Russia 2018 e Qatar 2022 – risulta il punto più basso della storia della Germania, ecco che, in ogni caso, non si possono ignorare gli anni intercorsi tra il 1998 e il 2004. Certo, nel mezzo è stata disputata una finale, quella persa contro il Brasile di Ronaldo in Corea del Sud nel 2002, ma i primi segnali di una necessità di rinnovamento per il calcio tedesco arrivarono già in Francia, nel 1998. Uno dei primi e rari fallimenti mondiali, dove i teutonici uscirono ai quarti di finale per mano della Croazia. Un falso allarme? Non proprio. Europei 2000: 1 solo punto totalizzato ed eliminazione alla fase a gironi. E se il Mondiale asiatico aveva cancellato dalla memoria i recenti insuccessi, il campionato europeo 2004 fece sollevare più che qualche campanello d’allarme alla dirigenza della Federcalcio: per la seconda volta consecutiva, nessuna vittoria nel girone e Germania out al primo turno. Dei veri e concreti flop su tutta linea. 3 tornei internazionali vissuti soffrendo, lontano dai consueti massimi livelli a cui i tedeschi erano abituati. Scatto l’allerta massima. E dalle ceneri, la federazione cominciò a piantare i semi, ad affondare le radici dei futuri successi. Era arrivato il tempo di riformare le basi dell’intero movimento calcistico nazionale.

    DFB Academy: le trasformazioni della Germania che aspira alla perfezione


    LA RIFORMA DEI PRIMI ANNI 2000 – "Fuori al primo turno in un grande torneo, pochi giocatori eleggibili per la nazionale, pochi dei nostri ragazzi impiegati nei club e un'educazione non adatta per arrivare al top. Dovevamo svegliarci". Oliver Bierhoff, che ritroveremo nel corso della nostra disamina, commentava così la situazione della nazionale tedesca. E così, la dirigenza federale tedesca si convinse ad avviare un’importante riforma della totale industria calcio, partendo dalle fondamenta dunque: una riforma per i settori giovanili nazionali. Il DFB – Deutscher Fussball-Bund – in quel preciso istante, intraprese un percorso che, nel giro di un decennio, l’avrebbe riportata sulla vetta del mondo. Era il 2002 quando venne introdotto il Talentörderung, in inglese Talent of Order Programme, un piano di sviluppo per i giovani talenti. Un sistema che portò ad un organizzazione di 366 Stützpunkte – campi, centri federali d’allenamento base – distribuiti lungo tutto il territorio, in modo tale che nessun Länd risultasse più svantaggiato di altri. Una diffusione capillare delle accademie, nelle quali cominciarono a lavorare circa 1300 allenatori e tecnici, oltre a 29 osservatori: da allora, ogni anno questi professionisti visionano circa 600.000 giovani calciatori. Qui vengono convogliati 22mila ragazzini tra gli 11 e i 14 anni, provenienti da non più di 40 chilometri di distanza (per evitare traumi da sradicamento dalla propria famiglia) che vengono sottoposti a una seduta supplementare a settimana, senza alcuna caratterizzazione e predefinizione dei ruoli, come completamento dell'attività che fanno nella loro squadra di appartenenza: allenamenti standardizzati basati su tecnica e tattica individuale. I tecnici, invece, pagati dalla Federazione, si occupano del sistema con un’organizzazione ed un’efficienza tale che nessun talento possa sfuggire agli occhi dei selezionatori teutonici. Il programma è elastico e plasmato sulle necessità dei giovani atleti, i quali possono entrare o uscire dal programma compatibilmente con le proprie aspirazioni ed interessi, che possono cambiare nel corso del processo di crescita. Il bacino da cui pescare, d’altronde, è enorme: il DFB, infatti, conta oltre 6 milioni di tesserati, di cui 1,8 milioni sono giovani calciatori. Per ogni fascia di età ci sono circa 180.000 calciatori: i tecnici federali hanno la possibilità in questo modo di scovare i più talentuosi. Ma come obbligare i club ad investire sui propri vivai?

    IL MODELLO TEDESCO - In Germania il timone dell’intero movimento calcistico è in mano alla Federazione, che fissa gli standard e detta le regole ai club. Quindi, la prima mossa per l’attuazione del programma appena descritto fu obbligare i club a investire sui settori giovanili, rispondendo a determinati criteri. E nel caso in cui non vengano seguiti in diktat federali, si rischia persino la licenza per l’iscrizione al campionato. Non male la serietà e severità tedesca, vero? Ma torniamo a noi. In terra tedesca, ogni squadra ha l’obbligo di avere selezioni giovanili a partire dall’Under 12 e, ogni tre anni, gli ispettori federali verificano che gli standard di qualità siano rispettati scrupolosamente: i club devono anche rispondere a un questionario di 800 domande. E stando a quanto riportano i numeri, le società hanno deciso di seguire le indicazioni della Federcalcio: dalla nascita del programma, sono stati investiti più di un miliardo di euro, ben 300 spesi da parte del DFB. Una cifra notevole che dimostra la bontà del progetto tedesco. Il passo successivo sono stati i 54 Centri d’Eccellenza, punta dell’iceberg del sistema giovanile tedesco, che fanno capo ai club delle due massime divisioni (Bundesliga e 2.Bundesliga) per sviluppare i migliori talenti dai 15 ai 18 anni. E tutto ciò, senza mai trascurare l’istruzione: le Elite Schulen, più di 40 scuole di Elite, che prevedono piani di studio che tengano conto degli impegni sportivi dei ragazzi e delle loro inclinazioni, così da assicurare un futuro a prescindere dal calcio nel mondo del lavoro a ogni giovane talento. Infine, non va sottovalutato l’apporto fornito dalla politica, grazie al principio dello Ius Soli, introdotto nel 2002 dal governo Schroeder, principio che ha garantito la germanizzazione dei tanti figli di immigrati, soprattutto turchi e polacchi, privilegiando quindi un afflusso di giocatori meno fisici come un tempo ma senz’altro più tecnici.

    DFB Academy: le trasformazioni della Germania che aspira alla perfezione

    L’ISPIRAZIONE CLAIREFONTAINE A FRANCOFORTE – Accademie, strutture, gioventù, talenti, organizzazione. Non ricorda niente? Sì, il concetto è abbastanza chiaro. La Germania ha preso liberamente – e volutamente – ispirazione da un altro successo nel panorama mondiale: il centro federale di Clairefontaine, il modello a cui mezza Europa ha fatto riferimento. Integrazione razziale, istruzione, un setaccio costante e totale dei migliori talenti di tutto il Paese e costruzione tecnico/tattica dei giovani calciatori, tutti ingredienti che hanno reso felice la Francia del calcio. Ma la Germania – da sempre lungimirante e capace di programmare perfettamente il futuro – ha ampliato, rinnovato e sorpassato il concetto transalpino, regalando alla propria federazione un numero spropositato di giocatori: Gotze, Ozil, Muller, Boateng, solo per citarne alcuni. E cosa resta da prendere in prestito dalla vicina Francia? Un’accademia federale centrale.

    L’ACCADEMIA DFB – Ed accademia fu, sul finire del 2018. Un campus completo, innovativo e moderno sorto sul terreno dell’ex ippodromo di Francoforte, sotto la direzione di quell’Oliver Bierhoff ex attaccante di Milan e Udinese di cui abbiamo già fatto menzione. Il vero motore innovativo che è riuscito a dar luce ad un progetto considerato rivoluzionario: un centro d’élite per la ricerca e lo sviluppo, il più grande progetto immobiliare nella storia della DFB, supportata economicamente dalla FIFA e dal main partner tecnico Adidas (con un contributo pari a 7,6 milioni di euro) che ha investito più di 90 milioni di euro per la DFB Academy. Un progetto architettonico costituito da 29.792 (su 49.365) metri quadrati di campi in erba naturale, uffici open space, cinque sale per i seminari, quattro sale per le conferenze, ambulatori per 100 medici e fisioterapisti (che operano sia per la cura che per la diagnostica degli infortuni dei giocatori) e 33 camere che consentono agli ospiti una vista diretta sullo skyline della città di Francoforte. Ma questi sono soltanto numeri. La missione principale dell’Academy è quella di fornire ai giovani talenti una visione d’intenti e di crescita che sia comune e indistinguibile, basata su precisi valori: disciplina, determinazione, coraggio, personalità, rispetto, passione, impegno costante e acquisizione continua delle competenze. Virtù imprescindibili per il giovane talento tedesco, al quale vengono affidate anche precise linee guida in materia calcistica: l’importanza del possesso palla, l’intelligenza nel dar forma al gioco, la capacità di saper sempre trovare la migliore soluzione in ogni contesto sul campo, la flessibilità tattica, la lungimiranza nel riconoscere le azioni sul prato verde e il continuo movimento alla ricerca dello spazio libero. Direzioni precise che il DFB richiede che i propri calciatori apprendano sin dalla tenera età. Ma se fondamentale è quindi l’apprendimento, altrettanto importante è il ruolo degli allenatori e dei formatori. Un metodo che sta facendo scuola tutt’oggi.

    DFB Academy: le trasformazioni della Germania che aspira alla perfezione

    LA RIFORMA PARTE DAI FORMATORI - La riforma tedesca, infatti, non si è occupata solo del talento dei giovani calciatori. Grande e lucida attenzione è stata data alla formazione dei tecnici stessi, ovvero degli allenatori, a cui la DFB dedica aggiornamenti e corsi federali di formazione continui. Il concetto di base è sostanzialmente uno: se di talento tra i giovani aspiranti calciatori che popolano la nazione tedesca sicuramente ce n’è tanto, devono esistere anche tutti gli strumenti ed i mezzi operativi per scovarlo. La DFB ha quindi individuato la necessità di avere a disposizione formatori affidabili e competenti che siano deputati unicamente allo sviluppo del talento stesso. Per questo, oltre a controllare il costante impegno dei propri giovani, la Federcalcio fa muovere, tra i campi di tutto il paese, 29 coordinatori, impegnati a verificare l’uniformità dell’educazione sportiva e tecnica, dei metodi e delle teorie applicate. Ed anche per gli allenatori, in Germania si seguono delle linee guida ben specifiche, ben radicate su quattro elementi costitutivi: l’io (la personalità dei formatori è un fattore decisivo per il successo dei loro compiti quotidiani e l'obiettivo generale è quello di sviluppare competenze per l'auto-comprensione, l'autogestione, l'auto-sviluppo), il gioco e il giocatore (la capacità di comprendere, gestire e sviluppare gli stessi, sviluppando criteri e principi per il comportamento individuale e collettivo, grazie ad analisi e test applicativi) l’organizzazione (l’abilità di saper comunicare in maniera efficace, gestendo, al contempo, ogni possibile conflitto) e, infine, il sistema calcistico (l’attitudine a essere sempre attenti alla gestione dei media, degli sponsor e di tutte le altri parti coinvolte). Il risultato di questo sistema? Un numero imponente di allenatori con patentino: 28.400 con licenza Uefa B (indispensabile per lavorare nelle accademie federali), 5.500 con licenza Uefa A e ben 1.070 con licenza Pro, il grado più alto. Un’organizzazione meticolosa che ha visto la Germania trionfare agli Europei Under 19 nel 2008 ed al 3° posto nei Mondiali Under 19 l’anno prima. Un percorso proseguito con la finale tutta tedesca di Champions League del 2013 tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund e culminata con la quarta stella internazionale nell’annata successiva. Traguardi di primissimo livello, raggiunti grazie ad un’impressionante riforma delle fondamenta del sistema calcistico. Un rinnovamento che la Germania dovrà provare a ricostruire in questi anni, dopo i recenti fallimenti. E, già nel 2018, il filo conduttore della nostra avventura, Oliver Bierhoff, aveva già indicato la strada maestra: “La rivoluzione del 2004 l'avevamo impostata sul palleggio, sulla tecnica pura. Adesso è ora di cambiare, è un modello superato. Dobbiamo tornare a sfornare centravanti e giocatori che sappiano dribblare”. Un cambiamento radicale che il calcio tedesco ha già dimostrato di saper affrontare.

    Altre Notizie