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    Milan su Tare, ma chiunque arriverà erediterà due anni di cortocircuito

    Milan su Tare, ma chiunque arriverà erediterà due anni di cortocircuito

    • Simone Eterno
      Simone Eterno
    Chissà se Dean Martin - o tutti quelli che dopo di lui hanno reinterpretato il suo masterpiece - sta scalando le classifiche degli ascolti in Italia. Quel che è certo è che tra Torino - prima - e Milano poi, la sua 'Sway' è tornata prepotentemente di moda alle nostre latitudini. E no, non centra un improvviso ritorno del Jazz - per altro auspicabile - sulle nuove generazioni; casomai è una questione di costume, di ritmi e basi utilizzate dalle tifoserie d'Italia. Il Toro prima, con Urbano Cairo. Il Milan poi, con Cardinale. Sì perché quel "Cardinale devi vendere, vattene, vattene" è senza ombra di dubbio di leitmotiv di San Siro in queste ultime settimane; motivetto in testa alla hit-parade della Curva Sud, primo coro cantato anche al momento dell'ingresso in campo dopo il quarto d'ora di protesta lo scorso weekend con la Lazio.

    C'è insofferenza nei confronti della proprietà, tra l'ambiente rossonero. Ed è difficile non comprendere le ragioni di tale sentimento. Sì perché a fermarsi e a riunire i puntini, come nelle pagine figurative della Settimana Enigmistica, del Milan ne viene fuori un'immagine confusionaria, uno scarabocchio. E in qualche modo, un po' di ordine, vale la pena provare a farlo noi, specie a fronte delle notizie che trapelano in queste ore proprio dalle stanze del potere di Casa Milan. Radiomercato ci racconta infatti come Igli Tare sarà destinato a diventare il nuovo ds dei rossoneri. Ed è forse questo il miglior assist possibile per raccontare quale cortocircuito sia stato l'AC Milan negli ultimi due anni.

    Sì perché una stanza di comando funzionante, una gerarchia di controllo, al Milan c'era eccome. E con Paolo Maldini e Ricky Massara i rossoneri avevano intrapreso un percorso che prima aveva rimesso a posto i conti, e al tempo stesso portato risultati sul campo. Lo Scudetto e un'insperata semifinale di Champions nella stagione successiva. Maldini e Massara avevano insomma ottenuto risultati di tutto rispetto; ma soprattutto avevano un ambizioso piano specifico. La loro colpa? Chiedere investimenti, provare a ottenere uno sforzo in più dalla proprietà.

    Nasce qui l'inizio della fine. Perché in quel momento, due anni fa, l'ad Furlani convince evidentemente la proprietà che il problema è proprio in Maldini e le sue ambizioni. La società ringrazia e saluta la sua leggenda con due righe - due - sul proprio sito, e da lì comincia il travagliato viaggio che ci porta fino a oggi. Un percorso di scelte semi-fallimentari, in cui spiccano in primis gli ibridi e i cortocircuiti a livello societario - Ibrahimovic su tutti - e a cui sono susseguite le scelte di giocatori e allenatori, i cui risultati parlano da soli.

    E così, due anni dopo, l'ad Furlani si accorge che di un vero ds evidentemente al Milan ce n'è ancora bisogno. E convince la proprietà Cardinale che uno come Tare, giustamente, fa al caso loro. Tutto fila. Se non fosse che in una 'normale' catena di controllo, a questo punto, alla proprietà verrebbe qualche legittimo dubbio sulla bontà delle scelte precedenti del proprio amministratore delegato. Al Milan, però, non è successo.

    È questo il quadro del Milan. Spietato, nella sua confusione e nei suoi controsensi. In una realtà dei fatti che ci racconta di una piazza che, da quel comunicato a Maldini in poi, non ne ha più azzeccata una, né dentro né fuori dal campo; e cui ora si affida a Igli Tare, eccellente direttore sportivo con la Lazio di Lotito, a cui viene chiesto di provare a rimettere un po' d'ordine se non altro a livello sportivo. E dunque buona fortuna al nuovo arrivato. La sensazione, sgarbugliando la matassa, è che ne avrà proprio bisogno.

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