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Ricordate Marco Negri? "23 goal in 10 partite ai Rangers, carriera rovinata da una pallina da squash"
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"Mi portano a vedere Ibrox: rimango incantato, un tempio. Scelsi i Rangers per la proposta economica e per giocare in Champions. E scopro un mondo nuovo: alimentazione bizzarra, pasta, pollo e fagioli tutto insieme, allenamenti solo la mattina, in partita l’arbitro fischiava 5-6 volte, compreso l’inizio e la fine. In quella squadra ci sono anche altri italiani, un giovanissimo Gattuso, Porrini e Amoruso, l’idolo del club McCoist, Thern, Brian Laudrup, che era più veloce con la palla al piede che senza. E Gascoigne, un amico vero. Persona sensibilissima. Certo, aveva i suoi demoni, ma Paul dietro gli scherzi nascondeva la malinconia e un animo gentile.
GOAL MACHINE E POI L'INCUBO - "Segno 23 gol nelle prime 10 partite, arrivo a Natale mettendo a referto 30 gol, una volta ne faccio 5 in un colpo solo contro il Dundee. Una magia e poi... Il 5 gennaio del 1998, un mercoledì, non ci alleniamo, così accetto controvoglia di andare a giocare a squash con Sergio Porrini. Era la seconda volta in vita mia. Mi arriva una pallina a 100 all’ora dritta sull’occhio e l’occhio mi esplode. Mi si stacca la retina, sanguino, non vedo più nulla. A Porrini ancora oggi dico che con le mani era persino peggio che con i piedi (ride) e ce ne vuole... C’è persino un lato comico: Porrini e Gattuso mi portano in ospedale, ma sbagliano reparto, finiamo in maternità. È stato lo spartiacque della mia carriera. Polmonite, infezione a un osso, due ernie. Feci gli esami del sangue: un disastro, avevo i globuli tutti sballati. Il medico del club mi disse: o è Aids o è il morbo di Hodgkin. Invece era stress, stavo male, ero dentro a un tunnel cupissimo. Ho passato altri due anni in Scozia, tra cliniche e tribunali, perché alla fine i Rangers smisero di pagarmi".
RIENTRO IN ITALIA - "Ma non ero più io, la bolla magica era esplosa. L’obiettivo era tornare a sentirmi un calciatore, almeno per un po’ ci sono riuscito".
NEGRI OGGI - "Gestisco i miei guadagni, ho scritto un libro, si intitola “Più di un numero sulla maglia”. Con mio figlio Christian sono stato in Lapponia a vedere l’aurora boreale: una meraviglia. È da quel giorno che non gioco. Ma forse dovrei esorcizzare questo trauma, magari un giorno una partita la faccio. Però con in testa il casco della moto...".