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Roma: Pellegrini si 'laurea' da trequartista, ma qual è la sua migliore versione?

Roma: Pellegrini si 'laurea' da trequartista, ma qual è la sua migliore versione?

  • Luca Bedogni
    Luca Bedogni
Domenica sera, a Verona, Lorenzo Pellegrini ha ribadito il concetto: da trequartista ci sa fare proprio. Ma anche o soprattutto? Questo è il problema che ci poniamo oggi su Scacco matto. Cresciuto da mezzala nel 4-3-3 di Di Francesco (sia al Sassuolo che alla Roma), in questa stagione lo abbiamo visto operare prima nel doble pivote di Fonseca, quindi appunto da trequartista nel 4-2-3-1 del portoghese, infine addirittura da esterno alto, pure con gol, in Azzurro. Gira un po’ la testa, adesso. Proviamo allora a capire i perché di tanto pellegrinare.. Qual è la versione migliore di Lorenzo?     
 
INIZIO STAGIONE: NEL DOBLE PIVOTE – L’avvio di stagione della Roma presenta uno spartiacque abbastanza chiaro tra la seconda e la terza giornata. In poche parole c’è un prima e un dopo la titolarità di Veretout, che arriva con Roma-Sassuolo. Questo semplice fatto ha ‘liberato’ come conseguenza Pellegrini, fin lì ‘costretto’ ad agire davanti alla difesa in coppia con Cristante. C’è dunque anche un prima e un dopo Pellegrini trequartista da considerare. È infatti dalla partita col Sassuolo che il talento italiano classe ’96 ha cominciato a sfoderare assist su assist (finora 6 in campionato, malgrado l’ assenza di 6 giornate per frattura al metatarso). Cosa non convince di Pellegrini davanti alla difesa? Certa leggerezza, certa propensione viscerale per la fase offensiva. Quando gioca nel doble pivote in un 4-2-3-1, Pellegrini interpreta il ruolo di interno di centrocampo come se fosse ancora una mezzala. Alla lunga viene fuori la sua natura famelica di inserimenti e di pressioni in avanti. Dà meno copertura rispetto a un equilibratore come Veretout. Ecco un esempio tratto dalla prima di campionato, Roma-Genoa: il gol di Pinamonti.



Pellegrini qui non ha colpe evidenti, ovviamente, però già si intravede in questa azione difensiva quella superficialità involontaria di cui è vittima alle volte. Superato dal lancio di Criscito, Pellegrini non percepisce alcun pericolo in una situazione invero assai pericolosa per la Roma. Addirittura quasi si ferma, affidando qualsiasi tipo di copertura al compagno di reparto, come fosse appunto Cristante il vertice basso di un 4-3-3. Così, sulla sponda di testa di Romero, i giallorossi subiscono l’aggressione della seconda palla da parte dei giocatori di Andreazzoli.  



ESTERNO ALTO? - Benché al momento Pellegrini abbia segnato soltanto da esterno alto in questa stagione (con la Nazionale, contro l’Armenia), non ritengo sia questa la sua posizione preferita. E nemmeno quella in cui è più pericoloso. Questo di Yerevan è più un gol da mezzala che da esterno puro. Più che un taglio è un inserimento da centrocampista offensivo.  



Se Mancini lo mette lì, è perché l’Italia di oggi abbonda di mezzali, mentre scarseggia di esterni alti a piede invertito (specialmente a sinistra). C’è l’intoccabile Verratti, ci sono le novità Barella e Sensi a centrocampo. A sinistra invece c’è praticamente solo Insigne. E se Chiesa è ormai diventato una seconda punta, Pellegrini si sta affermando più da trequartista che da mezzala. E gli Azzurri di Mancini giocano col 4-3-3, ovvero senza un vero e proprio trequartista.  
 
TREQUARTISTA - Questa specializzazione intrapresa da Pellegrini è frutto del lavoro di Fonseca, che ha avuto il merito di insistere sul 4-2-3-1, senza ripensamenti. Il portoghese si è presentato con un modello di gioco, e dentro a quello si lavora. Così nel sistema della nuova Roma Pellegrini ha trovato il suo habitat sulla trequarti, una posizione in cui può finalmente agire liberando e assecondando la propria natura offensiva. Basterà citare l’azione dell’ uno a zero di Verona, per capire che Pellegrini è un po’ di più di una mezzala, ora. Per capire insomma che ormai gli sta stretto il corridoio di mezzo tipico della mezzala. Pellegrini oggi vuole spaziare con grande libertà, senza limitazioni di catena.



Partiamo dal cambio di gioco di Dzeko per Kolarov: Pellegrini sale quasi a occupare il posto vacante della prima punta scesa a manovrare, sul centrodestra. Il Verona è schierato col 3-4-2-1. Juric è un allievo di Gasperini perciò le marcature sono quasi a uomo: Pessina segue Pellegrini. Il trequartista della Roma tuttavia, appena sente il lancio del bosniaco cambia direzione e si sposta con grande libertà verso il pallone, sul lato opposto. Pessina lo ha perso ma può recuperare. Nel frattempo a sinistra Kluivert va in ampiezza, lasciando spazio a Veretout. 



Il francese col suo movimento porta via Amrabat, l’altro centrocampista del Verona, così apre una linea di passaggio che Kolarov non tarda a tracciare.  



La palla è forte e Pellegrini è costretto a controllarla di destro anziché calciarla di prima per l’inserimento del francese. Ora il Verona sembra formare una linea a quattro dietro. Ma uno di questi difensori non è un vero difensore, è Amrabat che ha seguito Veretout.
 


È un’esca. Kluivert attacca in quel preciso istante la profondità, in diagonale, suggerendo il passaggio al proprio compagno. Pellegrini, cadendo, e col piede debole, disegna un arco teso, perfetto. Perché imbrigliare su un lato, o in mediana, un tuttocampista così?

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