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  • Sampdoria:| Mativatzori

    Sampdoria:| Mativatzori

     

     «Adesso io scelgo uno di voi che a sua volta sceglierà tre compagni che inizieranno il torello». La frase che Gianluca Atzori pronuncia all’inizio dell’allenamento del pomeriggio di ieri sembra trascurabile ma non è così. Ancora il tecnico: «Nicola, vai». Nicola è Pozzi il quale sceglie così: «Accardi, Dessena e Poli». Fateci caso: quattro che potrebbero partire da qui alla fine del mercato. Ma per adesso sono alla Sampdoria e Atzori potrebbe aver grande bisogno di loro. Attraverso questo semplice giochino il tecnico ha coinvolto Pozzi che a cascata ha coinvolto altri tre “vecchi” nel senso di appartenenti alla vecchia squadra, quella dello scorso anno.

    Sono soltanto i primi giorni di allenamento ma il nuovo allenatore della Sampdoria dimostra di saperci fare. Ha capito perfettamente una cosa: la piazza pulita annunciata dalla società per adesso non c’è stata e la pulizia potrebbe interessare meno giocatori di quanto si era preventivato. Pozzi, Poli, Gastaldelo, Maccarone, Tissone, Dessena, Accardi erano dati per partenti ma si stanno allenando con la maglia della Sampdoria. Atzori sa benissimo che potrebbero continuare e sa anche benissimo che le qualità tecniche di questi giocatori sono una garanzia in serie B. Per questo il suo primo passo è farli sentire parte integrante, importante del gruppo. Ecco allora durante le esercitazioni che Tissone diventa Tisso, Pozzi è Nicola o Nico, Dessena Desse, Semioli Franco. I nuovi manco a dirlo: Piovaccari è Piova, Bertani è Berta. Dei ragazzi Obiang è Pedro, Signori France e Soriano Soria. Atzori coinvolge ma non è l’amicone della “cumpa”. Accade che Palombo sbagli un passaggio banale nel corso di un’esercitazione tattica sugli schemi d’attacco. Il tecnico non lascia passare: «Meglio Angelo, meglio Angelo, meglio, meglio».

    È l’allenamento del mattino e alla fine della seduta i due parlottano. Il concetto è lineare, semplice, giusto. Adesso condiviso: se a un giocatore Atzori rompe le scatole cinque, al giocatore più forte, al capitano, rompe dieci. Se funziona sono due piccioni con la stessa fava: insegnamento implicito agli altri, coinvolgimento del capitano che sarà più motivato a non sbagliare tirandosi dietro i compagni. Atzori ha raccontato di essersi già trovato in una situazione analoga, con un gruppo da rimotivare: «Era successo a Ravenna e un po’ anche a Reggio Calabria». Sono casi nelle quali l’insegnamento tattico non può prescindere dall’allenamento delle menti.

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