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  • Sampdoria:|Sempre più in alto

    Sampdoria:|Sempre più in alto

    Nel logorio del calcio moderno vanno di moda i portieri alti e robusti. Già da qualche tempo, ma ogni anno sempre di più. Come ha confermato il trend dell’ultimo calciomercato: il Manchester United ha pagato venti milioni per lo spagnolo De Gea, 20 anni e 1 metro e 92. Il Bayern ne ha sborsati 25 per Neuer, alto 1.94. E ancora: la Roma ha puntato su Stekelenburg di 1.97, lo Schalke 04 su Fahrmann di 1.94. Nell’Arsenal c’è il polacco Szczesny di 1.95, senza dimenticare Cech del Chelsea: 1.97. Il francese Lollichon, allenatore dei numeri uno della corazzata foraggiata da Abramovich, è stato chiaro: «Sotto l’1.90, l’Inghilterra bisogna dimenticarsela».

    «Più modestamente, per la serie B italiana un metro e 92 vanno più che bene». Parola di Andrea Sardini, preparatori dei portieri della Sampdoria. Alto, peraltro, 1.92. Ma non parla di se stesso: «Tutte le big hanno il portiere alto? E noi, che siamo anche una big, pure: è arrivato Sergio Romero». Alto appunto 1.92: «Prima facciamo un discorso generico. Ormai da anni le società professionistiche, parlando di numeri uno, puntano sulle qualità fisiche. La prima scrematura c’è addirittura a livello di giovanili: si sceglie il ragazzo che ha il fisico e poi semmai ci si lavora di più. Oggi, ad esempio, difficilmente troverebbero spazio in Serie A una pallottola come Luca Bucci, con il quale ho giocato, o un grandissimo portiere come William Vecchi, che mi ha allenato e che considero un grande maestro del ruolo, da giocatore e da preparatore». Meglio alti che fan figura, quindi: «Visivamente un tipo di 1.95 largo come un armadio piantato tra i pali di una porta fa un certo effetto. Anche su chi va a calciare, che si vede ridotta a livello visivo, e psicologico, la grandezza della porta. Secondo me comunque oggi funziona così: chi facendo un passo laterale con il braccio allungato non riesce a superare il palo, a certi livelli non ci può stare. Anche perché i palloni sono cambiati, sono più leggeri, più veloci, dalle traiettorie più ingannevoli e non hai più tempo, a meno che non sia una conclusione dalla lunga distanza, per leggere il tiro e impostare la parata. Sopravvivi con la reattività. Un’altra differenza significativa è che oggi il portiere deve saper usare i piedi come un qualsiasi giocatore».

    Ieri pomeriggio Sardini ha riaccolto a Bogliasco Romero, reduce dal doppio impegno con la Seleccìon argentina in India e Bangladesh, contro Venezuela e Nigeria: «Com’è Romero... innanzittutto lui è di scuola sudamericana. Che significa? Fondamentalmente che sono impostati diversamente dal punto di vista tecnico. Io giocavo nella Reggiana quando arrivò in Italia Taffarel, all’epoca titolare della Nazionale brasiliana. Ricordo ancora che si tuffava con i movimenti dell’atleta di pallavolo o di beach-volley, andava cioè con il pugno a respingere il pallone. Allungava il braccio, ruotando il busto e le spalle e poi all’ultimo, tac, ci metteva il braccio di richiamo. Ecco, questo per fare un esempio. L’esperienza, poi, fa il resto. Ti cambia. Da Costa, ad esempio, è un bravissimo portiere europeo con passaporto brasiliano».

    Romero è approdato alla Sampdoria dopo avere giocato, da titolare, nell’Az Alkmaar: «È un dettaglio non da poco. Sergio vive in Europa praticamente da tre anni e questo sicuramente ha influito sulla sua preparazione. È già più dei nostri, rispetto ad esempio a un numero uno argentino che arriva nel campionato italiano direttamente. Sergio è bravissimo a rilanciare, con le mani e con i piedi, gli piace il gioco alto, è molto sveglio, ha ancora ampi margini di miglioramento. E lui stesso ne è consapevole». Sardini ha appena iniziato a conoscere l’argentino: «Mi ha colpito immediatamente la sua estrema disponibilità. Mi ha detto: sono venuto alla Sampdoria per migliorare tecnicamente. E subito mi aveva fatto i complimenti per il livello di preparazione che aveva notato in Da Costa, Fiorillo e Padelli. Sergio non parla ancora italiano ma lo capisce. Il primo giorno, al primo allenamento, il mister lo aveva già fatto partecipare alla partitella. E lui al mattino si era imparato a memoria i nomi di battesimo dei suoi nuovi compagni. Così, durante il gioco, comandava la squadra. Da queste piccole cose si capisce il grado di professionalità».

    Secondo Sardini il nuovo portiere della Sampa non assomiglia a nessuno: «No, perché ogni portiere ha il suo stile, il suo marchio di fabbrica. Romero è Romero, come Da Costa è Da Costa». Il doppio impegno con la Nazionale ha interrotto il primo periodo di inserimento dell’argentino nella Samp. Ma già da oggi si riprende a fare sul serio in vista di Empoli: «Riprenderemo il lavoro - spiega Sardini - e continueremo a conoscerci. Lui vuole migliorare, ma io starò attento a non snaturarlo. Gli eventuali movimenti spontanei, magari tecnicamente non bellissimi ma efficaci, vanno comunque preservati. Presto inizieremo anche a fare esercitazioni specifiche sulle palle basse nella gabbia. Stanno per montare un pannello che aumenta l’effetto respingente. Io insisto molto sulle palle basse, perché le considero molto pericolose. E poi, al di là di tutti i discorsi, lì c’è la palla e lì c’è la nostra porta. E il portiere, alto o basso, deve fare in modo che la palla non entri in porta. Il concetto è stato, è e sarà sempre così. Semplice nella sua estrema difficoltà».

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