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  • Scommesse, mentalità, il trono di Milano, la maglia numero 9: cosa c'è dietro la lite tra Lukaku e Ibrahimovic

    Scommesse, mentalità, il trono di Milano, la maglia numero 9: cosa c'è dietro la lite tra Lukaku e Ibrahimovic

    • Federico Zanon
    Un teatrino patetico, che ha fatto il giro del mondo. Che nell'era dei social hanno visto milioni di persone, dall'Australia agli Stati Uniti, dal Giappone all'Argentina. Protagonisti Zlatan Ibrahimovic e Romelu Lukaku, due tra gli attaccanti migliori e chiacchierati del pianeta, che hanno scelto il prato del Meazza per risolvere, chiaramente, questioni personali, che non c'entrano nulla con la partita, che hanno fatto vergognare Inter e Milan. Difficile dire chi abbia iniziato, facile dare la responsabilità a entrambi. Per le provocazioni, per le parole in mondovisione che sono volate, per di più in inglese, per un indignante celodurismo tipico delle risse da bar. 

    IBRA RAZZISTA? - "Chiama tua mamma, vai a fare i tuoi riti voodoo di merda, piccolo asino" urla Ibra a Lukaku, che gli risponde: "​Vuoi parlare di mia madre? Perché? Fottiti, tu e tua madre. Parliamo della tua, di mamma: è una p...". I due si cercano fisicamente, se le promettono lontano dalle telecamere, Valeri e i compagni devono fare gli straordinari per evitare il contatto. L'espulsione di Ibra evita nuovi faccia a faccia, ma nonostante la vittoria dell'Inter le polemiche non finiscono al 90'. Lo svedese, accusato di razzismo, nega categoricamente. ​ll riferimento vodoo sarebbe legato alle dichiarazioni del ex proprietario dell'Everton Farhad Moshiri, che in un'intervista di qualche anno fa svelò il motivo del no di Lukaku al rinnovo: mamma Adolphine, donna di origine congolese, in un rito voodoo - appunto - avrebbe ricevuto il suggerimento di far firmare il figlio con il Chelsea. 

    MODELLO - Una provocazione, che fa andare su tutte le furie Big Rom. Pronto allo scontro fisico con il suo ex compagno di squadra e fonte d'ispirazione. I due - infatti - si sono incrociati per sei mesi al Manchester United, dall'estate 2017 al gennaio 2018, quando lo svedese scelse di volare negli Usa a Los Angeles. Un periodo importante per l'attaccante cresciuto nell'Anderlecht, che a Ibra, una volta arrivato a Old Trafford, chiese il permesso di indossare la maglia numero 9. A svelarlo proprio Zlatan. "Lukaku mi ha chiamato dicendomi: 'Fratello, posso avere la maglia numero 9?'. E io gli ho detto: 'Non voglio crearti difficoltà, voglio solo che ti senta felice. Per cui è tutta tua. Però io mi prendo la 10'".

    AMICI NEMICI - Con Ibra accanto Lukaku è migliorato molto, tecnicamente (famosa la scommessa di 50 sterline per ogni stop giusto) e soprattutto mentalmente: "Era sempre in competizione, voleva sempre lottare per il posto anche in allenamento. Ed è una cosa che mi ha cambiato - si legge in una vecchia intervista di Lukaku al sito del Manchester United - Lui ha dovuto combattere per ottenere quello che ha ottenuto. E io, da questo, ho imparato a concentrarmi, a lavorare sodo e anche a divertirmi". Compagni e amici, o forse no. Qualcuno a Manchester è convinto che non si sopportassero, che tutte le belle parole sono state semplici dichiarazioni di facciata.

    SOCIAL - Due galli nello stesso pollaio non possono stare, così come Milano non può avere due monarchi. A Ibra non è andata giù l'esultanza social di Lukaku dopo il derby vinto 4-2 in rimonta ​"C'è solo un re", dopo il successo di questa stagione in campionato, ha replicato, sempre sui social,  "Milano non ha Re, ma ha Dio". Gli sfottò ci stanno, così come una rivalità sana fa bene alla competizione. Superare il limite, davanti a milioni di persone, non è però accettabile.

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