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  • Seydou Fini a CM: "Io, mio fratello Gervinho e il calcio olandese. Oggi segno con i consigli di Gilardino"

    Seydou Fini a CM: "Io, mio fratello Gervinho e il calcio olandese. Oggi segno con i consigli di Gilardino"

    Se vedete una scheggia correre tra le vie di Rotterdam, potrebbe essere Seydou Fini. Attaccante esterno classe 2006, di proprietà del Genoa e in prestito all'Excelsior in seconda divisione olandese. Titolare in una squadra che si sta giocando la promozione in Eredivisie, è nato in Costa d'Avorio ma ha il passaporto italiano: 4 partite, un gol e due assist con l'Under 21 azzurra dopo aver giocato una manciata di partite nelle altre nazionali giovanili. Velocità e dribbling sono le specialità di casa Fini, che fa tesoro dei consigli di De Winter: "Mi diceva di puntare l'uomo - racconta Seydou nella nostra intervista - perché così per i difensori è molto difficile capire dove vado. Ed è un consiglio che ancora oggi tengo sempre a mente".

    Come si vive a Rotterdam?
    "Abbastanza bene, mi sono adattato velocemente perché qui parlano tutti inglese. Le uniche difficoltà le ho trovate in cucina, diciamo che non sono proprio un cuoco... Ho dovuto imparare, ma ora va meglio e so fare il minimo per sopravvivere".

    Com'è nata l'idea di andare all'Excelsior in estate?
    "E' stata una scelta fatta insieme alla famiglia e a Enzo Raiola, il mio agente. Ero in un limbo tra il Genoa Primavera, che non era più adatto a me, e la prima squadra dove però non trovavo spazio. Così con il procuratore abbiamo deciso di andare in un Paese dove si gioca un calcio propositivo: qui per me è l'ideale, soprattutto per la profondità negli spazi e la velocità in ripartenza".

    Avevi anche richieste dall'Italia?
    "Qualcosa sì, ma l'obiettivo era andare in Olanda dove i giovani hanno più spazio".

    L'anno scorso eri allo Standard Liegi: che differenze ci sono?
    "Quando sono stato in Belgio ero minorenne e alcune cose non potevo farle, per esempio lì non puoi prendere casa da solo se non hai 18 anni".

    Seydou Fini a CM:

    E nel calcio?
    "Sono due filosofie simili, c'è un gioco molto offensivo e veloce, anche se le difese belghe sono più chiuse. Tra l'altro, andando a metà stagione, allo Standard non ho giocato molto". 

    Cosa ti ha colpito dell'Olanda?
    "Qui vanno tutti in bicicletta, ci sono più bici che macchine. Io non ce l'ho ma non ho neanche la patente: vado agli allenamenti a piedi, il centro sportivo è a 10 minuti da casa".

    Allo Standard hai giocato con l'ex Inter Zinho Vanheusden.
    "Quando sono arrivato faceva finta di non capire l'italiano, durante gli allenamenti lo cercavo per saltarlo nell'uno contro uno. Poi, purtroppo, ha avuto un grave infortunio fino alla fine della stagione. Oltre a lui, tra gli ex Serie A c'era anche l'ex Genoa Yeboah che mi ha aiutato molto".

    A ottobre eri il miglior dribblomane in circolazione: numeri superiori a Dembelé, Yamal, Rodrygo, Salah... 
    "L'avevo letto, ma non ho dato importanza a questi dati. A inizio stagione giocavo esterno a destra a piede invertito, quello è il mio ruolo naturale: se gioco lì posso anche spegnere il cervello e fare tutto in modo automatico. Poi l'allenatore mi ha spostato facendomi andare a sinistra: anche in quella zona non me la cavo male, ma preferisco giocare dall'altra parte".

    Nato in Costa d'Avorio, sei arrivato a Genova a 6 anni insieme a tuo padre: che ricordi hai?
    "All'inizio è stato uno choc, non era semplice ambientarmi in un nuovo contesto".

    Seydou Fini a CM:

    Poi arrivò il Genoa.
    "Prima mi ha cercato la Sampdoria, ma insieme a mio padre abbiamo declinato la proposta".

    Come mai?
    "Sono diventato tifoso del Genoa vedendo amici di 9/10 anni che avevano quelle maglie rossoblù e me ne sono innamorato, sognavo di indossarla anch'io".

    E così è stato.
    "Mio padre si è presentato da loro dicendo che ero bravo, se volessero prendermi. E quando risposero di no si arrabbiò, senza sapere che non era quello l'iter giusto per entrare in un club".

    E poi?
    "Lui fu categorico, spiegando che se fossero tornati non mi avrebbe lasciato andare al Genoa. Dopo un po' di tempo, però, un dirigente ci contattò e alla fine andai in rossoblù. E mio padre insisteva: 'Ve l'avevo detto che era forte'".

    E' vero che tuo fratello si chiama Gervinho in onore dell'ex attaccante della Roma?
    "Sì, il nome è stato scelto in una giornata speciale per me".

    Raccontaci.
    "Genoa-Roma a Marassi, io ero piccolo ed ero uno dei bambini che dovevano accompagnare i giocatori in campo. Essendo ivoriano come me, volevo stare a tutti i costi accanto a Gervinho. E ci riuscii: quando nacque mio fratello mio padre si ricordò quanto ero emozionato e felice in quel momento, così decisero di chiamarlo Gervinho".

    Seydou Fini a CM:

    Ci racconti quando, da raccattapalle a Marassi, hai portato a casa i pantaloncini di Badelj?
    "Quel giorno ero raccattapalle, la partita era Genoa-Bologna vinta con un suo gol. A fine partita mi ha dato i pantaloncini, ma la cosa incredibile è che pochi mesi dopo ero in prima squadra e condividevo lo spogliatoio con lui. E gli ho subito raccontato questa storia".

    Stai seguendo il campionato del Genoa?
    "Sì, ho visto che stanno andando bene e mi fa piacere".

    Chi erano i giocatori che ti davano più consigli in prima squadra?
    "Badelj e Strootman su tutti, ma anche De Winter mi ha aiutato molto".

    I dirigenti ti hanno chiamato da quando sei in Olanda?
    "Sono venuti un paio di volte per vedere le partite dal vivo, ci siamo visti con il direttore Ottolini e abbiamo parlato".

    Quanto devi a Gilardino che ti ha fatto debuttare in Serie A?
    "Mi diceva sempre di essere un bomber concreto, da quando eravamo in Primavera. Io mi diverto a dribblare e forse sotto porta mi mancava un po' di cattiveria, la sua raccomandazione me la ripeto ancora oggi".

    Seydou Fini a CM:

    Nell'ottobre 2023 hai esordito a Bergamo contro l'Atalanta: come hai reagito quando ti ha detto di entrare?
    "Il giorno della partita eravamo in albergo, De Winter venne da me e scherzando mi disse che avrei esordito, io chiaramente risposi che era impossibile. Quando Gilardino mi mandò a riscaldarmi non avevo neanche capito che ce l'aveva con me".

    A cosa hai pensato nel momento dell'ingresso in campo?
    "La verità?! 'Non devo fare cazzate', altrimenti mi avrebbero massacrato".

    Ci racconti un aneddoto con Gilardino?
    "Eravamo in Primavera 2 e stavamo preparando lo scontro diretto con la Spal per la promozione. Io non ero molto concentrato, durante l'allenamento sulle palle inattive mi ero incantato a guardare i ragazzini che lavoravano nel campo vicino al nostro. A quel punto Gila mi riprese: 'Cosa fai?!'. Mi rivedevo in loro, mi sono ricordato quando anch'io facevo quegli esercizi".

    C'è un giocatore delle giovanili al quale sei rimasto particolarmente legato?
    "Con Luca Lipani del Sassuolo si è creato un rapporto speciale, è un 2005 ma io giocavo sempre sotto età e quindi siamo stati insieme da quando eravamo piccoli. Spesso sento anche la madre. Vado sempre a cercare sui tabellini i nomi dei ragazzi con i quali sono cresciuto per vedere se giocano e come stanno andando".

    Il compagno più forte col quale hai giocato?
    "Te ne dico tre, per motivi diversi: Gudmundsson, giocatore completo e impressionante; Badelj perché sembra che abbia il campo disegnato in testa, c'erano situazioni dalle quali era impossibile uscire ma lui riusciva a fare un cambio di campo trovando il compagno libero dall'altra parte; e Retegui, che anche se sbagliava a calciare prendeva sempre la porta". 

    Il difensore più forte affrontato?
    "Dragusin era una bella bestia. In allenamento quando ti ritrovavi davanti uno tra lui, Vasquez e Bani non era facile...".

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