
Sogno e incubo, la caduta del "mas grande": il River Plate retrocede per la prima volta dopo 110 anni di storia
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Lacrime e scontri, disperazione e rabbia: l'affresco che raffigura i calciatori e i tifosi del River Plate, in seguito alla prima storica retrocessione in seconda divisione, dopo 110 anni illibati, di una delle squadre di calcio più prestigiose del Sudamerica, è uno dei più potenti incubi del calcio moderno. Una pagina di calcio che testimonia, ancora una volta, come lo sport più bello del mondo possa rivelarsi panacea o cruccio delle genti.
PRIMA RETROCESSIONE IN 110 ANNI - Il 26 giugno del 2011, ormai quasi 14 anni fa, si compie la storia, con la discesa nella seconda serie del club dei Millionarios, per la prima volta in 110 anni di leggenda. Una retrocessione drammatica, arrivata dopo il desolante spareggio contro il Belgrano. Il River Plate doveva ribaltare la sconfitta per 2-0 subita all'andata, ma pareggiò 1-1: negli ultimi minuti di gioco il dramma sportivo lasciò spazio alla furia dei tifosi, che lanciarono fumogeni in campo impedendo la conclusione della partita. Il bilancio finale parla di 68 persone ferite, 50 arresti e due agenti di polizia in gravi condizioni.
IL PRIMO LAMELA E IL RECORD MANCATO - Eppure il River disputa un match coraggioso ma poco lucido: già al 5' Mariano Pavone realizza l'1-0 con un destro rasoterra da fuori area, ma nel corso della prima frazione la squadra del presidente Daniel Passarella non crea altri pericoli, con l'astro nascente Erik Lamela, già cercato da mezza Europa, pressoché invisibile. Nella ripresa il pari di Farré, che approfitta dell'ennesima papera difensiva del club della capitale: pochi minuti più tardi ancora Pavone ha la possibilità di riportare avanti il River, ma El Tanque calcia malissimo il rigore assegnato dall'arbitro Pezzotta e Olave blocca. E' l'errore che annienta il morale dei biancorossi, che finiscono in lacrime: il Belgrano sale in Primera Division, ora solo Boca Juniors e Independiente conservano il record di non essere mai retrocessi.
I RESPONSABILI - Un annus horribilis che ha visto i maggiori responsabili nell'ex presidente, Aguilar, vero colpevole del disastro, con il club alle soglie della bancarotta e i giocatori che non percepirono lo stipendio per un anno e mezzo. Una pagina drammatica di un club glorioso, testimoniata dallo sconforto del tecnico Juan José Lopez, dalle lacrime del tucumano Pereyra, cresciuto nel vivaio e poi protagonista in Serie A, e della vecchia bandiera Juan Pablo Carrizo. Il punto più basso del club, che poi ha dato inizio alla rinascita con Matias Almeyda, fino alla riconquista della Copa Libertadores. Un racconto epico di calcio moderno, che getta nello sconforto e rapisce, come testimoniato anche dalla lacrime dei tifosi, memori di quella tragedia sportiva.
LA CRISI ECONOMICA - Il culmine di un disastro annunciato, con il River Plate, la squadra più titolata d’Argentina, famosa anche per la storica rivalità con il Boca Juniors, una delle più accese e sentite del calcio mondiale, da tempo in precarie condizioni finanziarie, che avevano costretto negli ultimi anni i dirigenti del club a vendere o svendere i giocatori migliori, impoverendo la squadra e portando il club, con l'acqua alla gola, a doversi giocare il tutto per tutto in un playout mortale, poi perso.
EL MAS GRANDE - Un incubo per i 65 mila presenti alla retrocessione. Incredibile nell'incredibile: Daniel Passerella, il 25 giugno del 1978, alzava al cielo la Coppa del Mondo, la prima per l'Argentina, proprio al Monumental. Nel 2011 portava il River alla prima ignominiosa retrocessione per il club di Buenos Aires. La caduta di El Más grande de Argentina, che nella sua storia ha conquistato 38 titoli nazionali, una Intercontinentale e 4 Libertadores. Benvenuti nell'incubo.