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  • Zero riforme e il tonfo 'Squadre B': Fabbricini e Costacurta hanno fallito!
Zero riforme e il tonfo 'Squadre B': Fabbricini e Costacurta hanno fallito!

Zero riforme e il tonfo 'Squadre B': Fabbricini e Costacurta hanno fallito!

  • Giancarlo Padovan
Raramente si è visto di peggio.

Il commissario straordinario della Federcalcio (Roberto Fabbricini) e i due vice-commissari (Angelo Clarizia e Alessandro Costacurta) hanno fallito su tutta la linea.

Non solo, fino ad ora, non è stata sfornata alcuna riforma (né dei campionati, né dello statuto), ma due delle più importanti decisioni prese (l’allestimento delle seconde squadre e l’incorporazione del calcio femminile all’interno della Federcacio) stanno per naufragare. 
Il tonfo più clamoroso, per gli effetti che ne potranno seguire e per il successo politico dell’avversario dei commissari, cioé Cosimo Sibilia, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, è relativo al calcio femminile.

Una delibera commissariale del 3 maggio aveva stabilito la fine del Dipartimento calcio femminile della Lnd (Lega nazionale dilettanti) e l’istituzione della Divisione federale, come auspicavano da tempo tutte le principali società e, in special modo, quelle del mondo professionistico entrate a far parte del campionato di serie A da un paio d’anni. 
Contro questo provvedimento - e a dimostrazione, da una parte, dell’ottusità del mondo dilettantistico, dall’altra del livello dello scontro in atto tra i commissari e le componenti - la Lnd aveva fatto ricorso.

E se il Tfn (Tribunale federale nazionale) lo aveva bocciato, esso è stato accolto dalla Corte federale d’appello, alla quale Sibilia si era rivolto.

Ora, alla Lega Dilettanti, del calcio femminile non è mai interessato nulla. E lo scrive uno che per due anni è stato presidente della Divisione, prima che Carlo Tavecchio la smantellasse, trasformandola in dipartimento. 

Se la mia testimonianza non bastasse (potrei circostanziarla con una serie di episodi che finirebbero per riempire un saggio), basta chiedere informazioni alle società di serie A e a quelle di B che hanno posto al primo punto della loro attività l’uscita dalla Lega dilettanti. 

Scrive la Gazzetta dello Sport del 27 luglio: “L’ostilità dei club è uno dei motivi per cui Sibilia potrebbe decidere di aprire un tavolo di trattative con la Figc”.

Ma il giorno successivo, e sempre sullo stesso giornale, Sibilia è stato vago: “Sono disponibile a confrontarmi, ma lo sforzo non può essere unilaterale”.

Insomma, il primo passo dovrebbero farlo i commissari che, al contrario, hanno annunciato ricorso al Collegio di garanzia del Coni per ottenere, almeno, la sospensione del provvedimento.

Dicevo delle conseguenze.

La prima. Le società professionistiche di Serie A (Fiorentina, Juve, Milan, Roma) che hanno fatto e stanno facendo investimenti significativi nel calcio femminile potrebbero fare macchina indietro proprio per i pessimi rapporti esistenti con la struttura operativa del dipartimento Lnd, un misto di arroganza e incompetenza.

La seconda. La questione femminile rischia di diventare terreno di uno scontro di potere tra forze opposte con la fondata possibilità che a rimetterci sia la sviluppo della disciplina. La Lnd avrebbe potuto fare tanto con le donne del pallone, ma ha sempre preferito il piccolo cabotaggio e la gestione di orizzonti minimi.

Il nodo sul lavoro dei commissari non si limita alle rivendicazioni e ai ricorsi di Sibilia, ma si estende anche a quelli di Mauro Balata.

Chi è Balata?

E’ l’ex procuratore federale dell’Interregionale - un ruolo anonimo e quasi onorifico - nominato a sorpresa da Carlo Tavecchio commissario della Lega di B. Dentro la quale Balata si è giocato talmente bene le sue carte da candidarsi come presidente ed essere eletto.

Come Sibilia per il femminile, anche Balata ha fatto un ricorso e precisamente in Corte d’appello contro l’istituzione delle seconde squadre. Progetto che - va detto con brutale chiarezza - è morto ancor prima di nascere.

Infatti solo una squadra di Serie A (e, ovviamente, nessuna di B) ha aderito alla volontà dei commissari di allestire una seconda squadra, partecipante al campionato di Serie C. Ha detto sì la Juve, mentre si sono sfilate dall’incombenza, nell’ordine, l’Inter, il Torino e il Milan che, fino all’ultimo, ha tenuto in albergo l’allenatore designato (Marco Simone) facendo allenare i ragazzi da un altro staff.

Così accadrà che in Serie C, anziché le seconde squadre, verranno inserite le ripescate, perpetuando un sistema malato che porta la terza divisione nazionale ad essere una sorta di inferno dantesco: mancano soldi, strutture, il campionato vale poco o nulla, il meccanismo delle promozioni e, più spesso, quello delle retrocessioni è inficiato da penalizzazioni o, addirittura, da  fallimenti.

Gli esperti di politica sportiva - come Alessandro Catapano de La Gazzetta dello sport - individuano nella fretta la causa di questo colossale flop. E’ probabile, visto che la maggioranza dei club di Serie A, aveva chiesto il rinvio delle seconde squadre alla stagione successiva.

Tuttavia credo che gli errori siano stati anche di gestione nei rapporti.

Purtroppo la burocrazia romana - a tutti i livelli - è più forte delle buone intenzioni e dei progetti rivoluzionari. Ai commissari servivano calma, garbo, misura e strategia. Invece si è preferito il decisionismo senza confronti e senza riguardi. E questi sono i risultati.     

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