
Bologna-Inter, la lite Italiano-Farris: "Parla con me". Inzaghi preoccupato da Orsolini: il messaggio per Dimarco
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La maturità dell’Inter si percepisce immediatamente dal fatto che sia assolutamente cosciente della propria autonomia fisica e mentale e anche dell’avversario che ha di fronte: il peggiore e insieme il migliore in questo preciso punto della stagione.
E’ il peggiore e insieme il migliore perché, per impostazione tattica e numeri conseguenti, è la squadra più simile in Italia al Barcellona. Non provate nemmeno a fraintendere, vedendoci un paragone, ma per essere semplicemente più chiari: il Bologna è la squadra che in Italia ha i numeri più simili ai blaugrana in termini di efficacia del pressing e di riconquista. Il che significa che al Dall’Ara l’Inter è arrivata sapendo che sarebbe stata una sorta di prova generale per il Barça - il lato positivo - ma anche che non avrebbe respirato un secondo, ecco invece quello negativo.
C’è un momento manifesto del Bologna di Italiano e della sua partita contro l’Inter: il secondo tempo è iniziato da 14 secondi e Dominguez corre a 100 all’ora addosso a Pavard, dentro l’area di rigore dell’Inter. Gli dà una spallata sulla schiena e fa fallo: è una dichiarazione d’intenti.
Proprio per la natura della partita, Inzaghi per tutta la partita avrà un solo vero imperativo che proverà a trasmettere alla squadra. Bisogna stare alti, bisogna allontanare il Bologna dalla propria area, non offrire alla squadra di Italiano la possibilità di fare ciò che gli viene meglio: aggredirti.
Inzaghi lo urla nel 1° tempo una, due, tre, quattro volte: “Saliiii”, “Fuoriii”.
Ma il Bologna va veramente forte e quindi gli espedienti provati sono due: l’allenatore nerazzurro fa il gesto a Bastoni, cui Sommer gioca spesso corto, di scavalcare il primo pressing dei rossoblù e cercare Lautaro.
L'altro, poi, è quello di costringere i giocatori offensivi del Bologna a corse difensive cui non sono tanto abituati. A un certo punto Bastoni si alza tantissimo, costringendo Ndoye a diventare lui il difendente e a inseguirlo ben all’interno della propria metà campo. Italiano se ne accorge subito e una volta che il difensore nerazzurro gli passa a tiro, ridendo gli fa: “Basto, Basto, dai stai fermo là”.
Di fronte al pressing a tutto campo del Bologna, a un certo punto, Bastoni, esattamente come in passato ha già fatto altre volte con squadre iper aggressive (ad esempio il Torino di Juric), si sgancia. Lascia completamente la propria posizione e, da difensore di centro sinistra, finisce esterno alto a destra. Il problema per Bastoni è che la squadra non è reattiva a leggere quell’interpretazione e il Bologna ne approfitta. Creando proprio da quella parte l’occasione forse più importante del primo tempo, che Pavard sventa miracolosamente.
Appena la palla esce, Barella chiama l’amico e compagno di squadra chiedendo spiegazioni. Il gesto di risposta di Bastoni sta a significare: se io esco qua, voi scalate di conseguenza.
Lo sguardo di Acerbi fa capire che non è del tutto d’accordo, ma alla fine l’ultima parola è quella di Inzaghi che, preoccupato da Ndoye, dice a Bastoni: “Basto rimani là eh, qua sei uscito, non uscire”.
La partita è molto intensa e anche molto spezzettata. Italiano, dopo l’espulsione condivisa con Farris, secondo di Inzaghi, esagerata da parte di Colombo (l’allenatore del Bologna aveva detto all’altro solamente: “Mister se c’è qualcosa parla con me”, un po’ a muso duro, è vero, ma senza insulti e l’altro gli aveva risposto: “Ma torna nella tua panchina”), dalla tribuna, tramite una radiolina e un collaboratore fa arrivare le indicazioni in panchina.
Da quella postazione vive l’episodio più discusso, quello che secondo alcuni ha deciso la partita e secondo altri no: la rimessa laterale.
Siamo al 92’45’’, Inzaghi sta disperatamente urlando alla squadra di salire, di uscire dal forcing del Bologna. Pochi secondi prima lo si è visto quasi in ginocchio dal guardalinee per un fallo non fischiato a Taremi. La palla esce a pochi centimetri dall’allenatore dell’Inter, quindi nell’area tecnica nerazzurra. Dopo un rapido passamano, la palla finisce a Miranda 10 metri abbondanti più in là. Da quella rimessa ne nasce un’altra, che è poi quella che Bisseck prolunga a Orsolini: 1-0
E dire che Orsolini, fin dal momento dell’ingresso, era il più temuto dalla panchina dell’Inter. Tanto che lo staff di Inzaghi aveva fatto arrivare chiaro il messaggio a Dimarco: “Occhio al 7, Orsolini”.
Al goal, Inzaghi rimane qualche secondo completamente immobile, poi è lucidissimo a scattare per fermare Lautaro, che sta protestando col quarto uomo. La prossima è con la Roma e l’Inter, per squalifica, non avrà già Bastoni e Mkhitaryan. Rischiare altre esclusioni sarebbe una follia. Per la stessa ragione, al triplice fischio, corre in campo e bracca Frattesi, a pochi passi da Colombo. La panchina è furibonda, perché, è vero, qualche metro lo guadagnano sempre tutti, ma questa volta la differenza tra il punto di uscita e quello di battuta è veramente tanto.
Dall’altra parte Orsolini, che nel festeggiare è caduto e si è tagliato una mano, ha il volto trasfigurato dalla felicità. Al momento del goal ha lanciato la maglia e mostrato i muscoli, alla Balotelli, a tutta la curva bolognese. Ora, al fischio finale, si getta a terra, stremato dalle emozioni. Una volta di nuovo sotto il settore più caldo del tifo rossoblù, in pieno stile americano, i compagni gli rovesciano addosso due bidoni d’acqua: è completamente zuppo. Tanto che prima dell’intervista finale, da migliore in campo, chiede: “Una maglietta, mi hanno fatto il bagno, vi prego”.
Una maglietta del Bologna, che somiglia tanto a quella del Barcellona.