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    Conte troppo perfetto per Milan e Juve, con lui non avrebbero scuse. De Laurentiis invece le ha già esaurite tutte

    Conte troppo perfetto per Milan e Juve, con lui non avrebbero scuse. De Laurentiis invece le ha già esaurite tutte

    • Sandro Sabatini
    “La storia di Conte dice che prende squadre arrivate dietro e con il suo lavoro colma il gap”. Questa frase non è tratta da una qualsiasi cronaca giornalistica, nè dalla biografia su Wikipedia e nemmeno dai proclami dei Vannacci del telecalcio, quelli del dominio del gioco più altre diversità. Comunque, non divaghiamo… La frase che avete letto in apertura è tratta da un’intervista a TeleLombardia di Cristian Stellini, il vice di Antonio Conte, il suo collaboratore tecnico più fidato.

    È sembrato uno spot promozionale per la panchina del Milan, del Napoli o perfino della Juventus, anziché il resoconto ammirevole di un componente dello staff. Che poi si potrebbe anche opinare sull’affermazione, se non nella sostanza almeno nella forma. Quando c’è da mandare un messaggio simile, non risulta che Mourinho lo affidi a Foti, Allegri a Landucci, Pioli a Murelli, Inzaghi a Farris e così via, con l’elenco di tutti i vice allenatori schedulati in serie A con tanto di cv e militanza al fianco del boss.

    La verità è che Antonio Conte si trova nell’insolita situazione di essere liberissimo ma senza offertissime. Eppure lui è l’imperatore degli scudetti “veni, vidi, vici” (per chi non ha fatto il liceo classico: vengo, vedo e vinco coniugati al passato remoto). Ma i presidenti fissano appuntamenti e video call, poi si congedano con “veni, vidi e… basta”.

    Si insinua che Conte chiederebbe troppo. Troppo? Mah… Un triennale da 7/8 milioni è in linea con il suo cv. Si dice che vorrebbe “carta bianca” sul mercato. Un altro “mah…”, perché ormai quasi tutti gli allenatori sono abbastanza legati a un paio di mediatori e manager influenti (oltreché bene accetti dai presidenti). Si aggiunge che pretenderebbe un budget smisurato per le possibilità del club. E sarà anche vero, come testimonia il suo passato, ma da qualche anno perfino Antonio Conte recita calcio sostenibile come primo comandamento.

    La sensazione è che nessuno voglia Conte perché se vince è merito suo, se non vince è colpa della società. In altre parole: l’allenatore piace, la persona anche, il personaggio no. Se prendi un Allegri o un Pioli, qualsiasi società se la cava assecondando qualche #out sul web. Ai giovani questa tendenza social sembra tanto moderna, invece il “capro espiatorio” è raccontato addirittura nella Bibbia. Quando c’è da scappare dalle responsabilità, è colpa dell’allenatore che - dipende - ma non ha gioco, non fa risultati, ha lo spogliatoio contro.

    Ecco il paradosso Conte: ha gioco, fa risultati, lo spogliatoio lo segue. Non ha difetti, almeno in partenza. Quindi: chi se lo mette in casa un allenatore che la prima battuta d’arresto sarà colpa della società? La seconda sconfitta dei giocatori. E così via la terza e la quarta saranno per il mercato, l’ambiente, il tifo e magari anche l’arbitraggio.

    Il paradosso Conte è che ha una (meritata) etichetta troppo immacolata per Milan o Juventus, in cui i gli attuali dirigenti hanno anche bisogno di un allenatore che poi domani verrà agevolmente lasciato indifeso se lo accuseranno di non conoscere il campionato italiano (magari Sergio Conceiçao). Oppure, con la stessa disinvoltura, lo attaccheranno per non avere esperienza internazionale in panchina (tipo Thiago Motta). Conte non dà questa exit strategy alle società. Ecco perché va bene solo per il Napoli.

    Perché De Laurentiis, dopo Spalletti, si è già giocato tre jolly di “colpa dell’allenatore”, da Garcia a Calzona passando per Mazzarri. Adesso che a Napoli insorgono “tutta colpa del presidente” se non ingaggia un tecnico top, gli tocca prendere Conte. Napoli è l’unica piazza dove la sua reputazione verrà confrontata con Spalletti dello scudetto, più che con il disastro di quest’anno. Alla Juve e al Milan, no. Perché con i prossimi allenatori Juve e Milan potranno ancora giocarsi i jolly: non ha gioco, non fa risultati, non lega con lo spogliatoio.

    Con Antonio Conte, no. Lui al limite prende stipendio esagerato e chiede budget fuori portata, vive rapporti stressati e produce divorzi sanguinosi. Ma gioca bene, fa risultati e lega con la squadra: solo al Napoli di oggi può andar bene. E si è intuito perfino dal vice Stellini a Tele Lombardia: Conte non “accontenta” le ex strategy delle società. Capìto il paradosso?

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