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    È un'Italia forte! Non saremo favoriti ma ci siamo anche noi. Fiducia in Spalletti e 2 motivi per sperare

    È un'Italia forte! Non saremo favoriti ma ci siamo anche noi. Fiducia in Spalletti e 2 motivi per sperare

    • Simone Eterno
      Simone Eterno
    Ci eravamo lasciati alla vigilia chiedendoci, proprio da queste pagine, che Italia saremmo stati e che cosa avremmo dovuto aspettarci anche dal punto di vista tattico da Luciano Spalletti. Chiariamoci subito le idee e andiamo dritti al punto: siamo un'Italia forte.

    DUBBI FUGATI -
    E lo siamo anche a fronte di tutti quei dubbi che potevano esserci nell'immediato prepartita, quando il ct ha confermato in fondo le indiscrezioni delle ore precedenti, mettendo in campo un undici iniziale assolutamente sperimentale nel suo concetto di fondo. Una squadra in qualche modo testata, seppur con interpreti differenti, nell'amichevole contro la Turchia di Montella. Eppure in questo 'Donnarumma; Di Lorenzo, Bastoni, Calafiori, Dimarco; Jorginho, Barella; Chiesa, Frattesi, Pellegrini; Scamacca' c'erano tanti teorici dubbi. C'era ad esempio il concetto di due difensori centrali mancini che nei rispettivi club giocano con la difesa a tre - Bastoni e Calafiori; c'era un Dimarco teoricamente sacrificato in un ruolo meno suo, quello di quarto in linea; c'era un Barella teoricamente depotenziato in un centrocampo a due in cui sulla carta non sarebbe dovuto essere l'uomo degli inserimenti; c'era un Pellegrini inventato esterno alto a sinistra. C'erano insomma, appunto, grosse incognite teoriche, perplessità nella scelta delle posizioni dei singoli che unite a quelle di uno schieramento provato in sostanza solo con la Turchia, avevano lasciato in tanti 'un po' così'.
    Perplessità tattiche però spazzate via dal campo. Perché alle 21:16, dopo un avvio shock, l'Italia era già avanti.

    INIZIO IN SALITA - Un dettaglio da sottolineare soprattutto per la reazione maiuscola a fronte dello schiaffo a freddo, a seguito del gol più veloce nella storia dei Campionati Europei. Sì perché dopo 24 secondi l'Italia stava sotto ed è impossibile non partire proprio da questo aspetto nell'analisi delle cose. Una squadra senza le idee chiare, un gruppo i cui legami non sono solidi, da una botta iniziale del genere - a prescindere dal valore dell'avversario - non si rialza come ha fatto l'Italia di Spalletti. Quindici minuti dopo, invece, gli Azzurri erano già avanti, impostando da lì una partita a tratti persino sublime nell'interpretazione del primo tempo, ossia fin quando anche la condizione fisica ha sorretto l'Italia. Nella ripresa poi il calo si è certamente visto e nelle parole poco soddisfatte di Spalletti al termine della partita si può intuire il perfezionismo di un commissario tecnico che, comprensibilmente, dal proprio punto di vista, vuole di più.

    LE PAROLE DI SPALLETTI - Vuole di più perché nel finale si è corso qualche rischio. Vuole di più perché conscio del valore del proprio gruppo. Vuole di più in quanto consapevole, probabilmente, che al di là dell'impatto iniziale l'Albania non è squadra i cui valori di massima possono essere presi a cartina tornasole per misurare le ambizioni dell'Italia. Il nostro ruolo di 'cani da guardia' ci impone però di pesare tutto quanto sulla bilancia, e al di là delle possibili e legittime obiezioni, in una sorta di mediazione tra quanto detto dal ct, tra un tipo di critica sempre presente e chi urla già al 'campioni bis', si può dire appunto che è 'un'Italia forte'. 

    IL NOSTRO VALORE - 
    È un'Italia forte per la reazione. È un'Italia forte per il modo di stare in campo. È un'Italia forte soprattutto per la fluidità dei suoi interpreti, anche quelli apparentemente 'fuori posizione' quando la si va a disegnare per la distinta da consegnare alla UEFA. Ecco, tutti quei vari dubbi sopra citati, dai due centrali mancini alla posizione di Dimarco - poi effettivamente largo e più alto a sinistra -  o in quella del 'tuttocampista' Barella, ci hanno detto quanto quest'Italia stia bene in campo e quanto abbia le idee chiare sul da farsi. Se poi riuscirà a imporsi con la stessa personalità - a tratti sfrontatezza - anche con avversari di caratura maggiore, ce lo dirà già il prossimo match con la Spagna. Non si possono però non considerare anche altri due aspetti nel quadro ottimistico con cui di esce da Dortmund: i margini di crescita dal punto di vista fisico - considerati i grandi carichi di lavoro fatti e che nel finale hanno lasciato qualcuno anche coi crampi - e una mole di occasioni che con un po' più di cinismo avrebbe consegnato un risultato ben più ampio - e insieme a quello editoriali certamente ben più pomposi questa mattina. Certo, al tempo stesso, non si può nemmeno gridare al miracolo: non siamo i favoriti di questa competizione e il 2-1 all'Albania non cambia chiaramente questa posizione. Si può dire però che 'ci siamo anche noi'. Chi ha il piacere di scrivervi queste righe, sempre da queste pagine, si era imposto "fiducia in Spalletti". Ecco: il post-Albania non fa che rafforzare e ribadire il concetto.

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