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    Giù le mani da Ancelotti, non è bollito

    Giù le mani da Ancelotti, non è bollito

    • Giampiero Timossi
    Da maiale a bollito. A Carrù sono i giorni della sagra del bue grasso e a Monaco lanciano una nuova definizione per Carlo Ancelotti, allenatore del Bayern. Dal Piemonte alla Baviera, dall'Italia alla Germania, certe volte accade che il cinquantasettenne tecnico di Reggiolo venga messo in discussione. Era accaduto alla Juventus, dove arrivò nel 1999 per sostituire in corsa Marcello Lippi e dove lasciò dopo neppure due stagioni, 144 punti conquistati, un record senza nessuna vittoria. Forse fu questo che ispirò uno dei più offensivi cori che si siano mai sentiti rivolgere dai tifosi a un allenatore della propria squadra. "Un maiale non può allenare/un maiale non può allenare". Grazie al cielo a Monaco di Baviera sono più moderati ed educati, almeno per il momento: e ad Ancelotti si limitano a dare del "bollito". Motivo? La crisi è stata ufficialmente aperta dopo la sconfitta esterna del Bayern al Signal Iduna Park, contro quelli che fino a pochi anni fa erano sembrati i tradizionali rivali, i giocatori del Borussia Dortmund. Stavolta la Bundesliga racconta però un'altra storia, il ko di Ancelotti è coinciso con la caduta al secondo posto in classifica dei bavaresi e la conquista della vetta da parte della squadra di Lipsia. Ma non la storica squadra dell'ex città della Germania Est, non la Lokomotiv, bensì una "squadretta" fresca fresca di fondazione e ora capace di far paura e vincere grazie agli euro della Red Bull, il colosso che vende quella bibita che ti mette le ali. Crisi certificate e prima critiche esplicite, quasi gridate.

    La Bild ha detto subito che il Bayern Monaco di Ancelotti è "senza identità". Poi, nel dettaglio, il tabloid tedesco ha cercato di dare una spiegazione alla sconfitta in Champions contro l'Atletico Madrid e quella in campionato contro il Borussia, colpa di "un 4-3-3 troppo statico e che non diverte, la troppa libertà concessa ai giocatori senza una disciplina univoca, una mentalità poco offensiva". E ora? Ci risiamo, perché Ancelotti le ha pure buscate in Champions, 3-2 contro il Rostov, in fondo un altro pezzo di quel blocco comunista che non esiste più, come Lipsia. Il Rostov, mica gli spagnoli del Real Madrid. I tedeschi magari non sono come certi italiani, ma è certo che da qualche minuto le polemiche stanno crescendo in maniera esponenziale. E il fu maiale cambia genere ed è già bollito.

    Cosa paga Ancelotti? Certo, anche i risultati, ma non solo. Paga soprattutto un pegno con la storia, quella piccola, del pallone. La critica (una fetta) e i tifosi (un'altra fetta) lo criticano perché rimpiangono il predecessore, Pep Guardiola, il tiki-taka (che palle, permettetemi) esportato in Germania. Questo, più che l'idea che una squadra come i rossi di Baviera sia obbligata a vincere. Stessa storia alla Juventus: quei bianconeri non erano sicuri di vincere, Ancelotti addrizzò la nave "lasciata" prima dell'approdo da Lippi. Ma il nuovo allenatore non piaceva perché era stato un nemico, in campo, da calciatore della Roma e del Milan. Il pasticcio nel pantano di Perugia e il dover dire addio allo scudetto furono solo la causa che fece esplodere una guerra che già covava sotto la cenere. Ancelotti però, ha saputo far spallucce: si è ripreso le sue straordinarie rivincite, anche in panchina, anche battendo la Juventus in una finale di Champions League. Per questo e per mille altri trofei Ancelotti non si può criticare.

    Per questo e non solo: nei giorni scorsi chiacchierando con alcuni colleghi il tema del "Carlo-sul carrello dei bolliti" era saltato fuori. Con lui si era parlato pure di Claudio Ranieri, capendo subito che anche l'allenatore romano non poteva essere trattato così: il suo Leicester non poteva ripetersi e comunque sta facendo bene in Champions, benissimo. Si era pensato a Conte, che prima pareva a un passo dall'esonero e ora si è già preso la testa della Premier. "Nessuno se la sentirebbe mai di attaccare Ancelotti, perché Carlo è bravissimo ed è un amico, se andavi a intervistarlo si metteva all'affettatrice e tagliava dei prosciutti e dei salami eccezionali", ripetono in coro più o meno tutti i giornalisti che lo hanno personalmente conosciuto. Io no, non l'ho mai conosciuto, ma posso confermare: non date del bollito ad Ancelotti, ve ne pentirete. Perché il suo calcio è meno semplice di come può apparire ed è sempre moderno e vincente. Perché, certo, è un uomo buono, simpatico e generoso. Troppo buono, mica una meravigliosa carogna come José Mourinho, uno dei miei eroi. Uno che, lui sì, sembra spento. Uno che forse è arrivato al capolinea. Ma lo Special One fa sempre paura e per ora nessuno pare abbia il coraggio di dirglielo. E poi, in fondo, quella di Josè è tutta un'altra storia: lui sembra combattere contro tutti, ma lotta solo contro il suo passato.

    Twitter: @GTimossi

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