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  • Guardiola distrugge l'idea di 'tiki-taka': è il momento del calcio verticale

    Guardiola distrugge l'idea di 'tiki-taka': è il momento del calcio verticale

    • Matteo Quaglini
    L’ultimo scontro ideologico, nel calcio. I teorici del possesso palla contro gli eretici di ritorno del gioco verticale. Si tratta della sfida finale tra filosofie calcistiche; retaggio culturale del novecento – quando si dibatteva tra zona e uomo – nel nuovo millennio. Chi a novembre 2016 può definirsi depositario della verità del verbo calcistico dei giorni nostri? La pausa per le qualificazioni e il ponte con i campionati consente una riflessione per una discussione ma anche per una prima tesi di tattica e filosofia calcistica.

    A dare i connotati a questa tesi non saremo noi, ma sarà uno studio dei fatti tecnici del calcio internazionale. Dividiamo allora gli stili. 

    Da una parte il calcio del Nord Europa che ha scelto la verticalità, con un’eccezione però sincretica (tra i due modelli cioè): la Germania. Vediamo meglio: L’Inghilterra gioca il 4-2-3-1 dividendo il campo in 6 recuperatori e 4 attaccanti e dando peso al reparto avanzato (sostituti compresi, Kane e Vardy) su questa linea seguono i “fratelli minori” britannici, le due Irlanda, il Galles di Bale e la Scozia. 

    Gli inglesi hanno provato all’Europeo il possesso ma è stato prima lento e poi soporifero, quindi ultimativo dell’esperienza Hodgson. Un disastro in totale. Eppure due grandi istituzioni del football britannico già prima di Guardiola avevano realizzato l’idea del possesso e della palla a terra continentale, nell’isola: erano l’immaginifico Brian Clough e il Liverpool 1965-85 chiesa laica nell’anglicanesimo calcistico britannico dei verticali Charlton, Best, Bremner e Don Reive.

    Niente da fare serve il ritmo all’Inghilterra come l’aria, ed è simbolo del suo conservatorismo calcistico (ma una breccia si riapre). Anche l’Olanda del vecchio 4-3-3 è verticale con Wujnaldum e Robben a dettare questa linea tattica. Linea tattica che ha sposato anche il Belgio di Martinez. I ragazzi naif della generazione d’oro sono impostati da uno spagnolo di cultura inglese con la verticalità del 3-4-3: corsa sugli esterni di centrocampo, rapidità, tecnica e verticalità su quelli offensivi e un centravanti Lukaku forte e fisico. Il tutto più De Bruyne incursore verticale e micidiale.

    Dall’altra parte c’è il calcio latino. E a fare da struttura portante, un po’ come nell’Europa politica e geografica, c’è la Germania del sistema sincretico. Qui la stessa struttura inglese (4-2-3-1) è il prodotto dell’incontro tra possesso e verticalità, con un giocatore che sviluppa ambedue: Gundogan. Se i tedeschi si sono evoluti uscendo dall’idea di sposare un solo principio di gioco, altrettanto stanno facendo Spagna e Italia, riferimenti massimi del calcio latino. 

    Gli spagnoli hanno introdotto il centravanti (Morata, Aduriz) nel dogma imperiale del possesso non dimenticando però la centralità del centrocampo (Alcantara) perché per loro i principi, come sempre affermano i loro dioscuri suggestivi, sono innegoziabili. Noi invece che della tattica facciamo l’opportunità del momento, insegnando la flessibilità, stiamo andando verso il 4-2-4 icona di Ventura nell’ultimo Bari straordinario della storia nazionale. Perché lo facciamo? I motivi sono due: abbiamo buoni attaccanti giovani, ma non più grandi centrocampisti in grado di giocare con tecnica la palla. Né nasce un sistema flessibile con Bonaventura quarto d’attacco (e terzo a centrocampo) e Verratti erede dei grandi registi italiani alla De Sisti.

    Se le nazionali sono sincretiche perché la sintesi si sposa col poco tempo e il concetto di selezione, i campionati nazionali ci aiutano ancor di più a capire chi sta vincendo nella battaglia di posizione tra radicalisti del possesso (estremisti cioè di una struttura interna del gioco) e i rivoluzionari conservatori della verticalità (principio fondante nel calcio e legata al gol). Per capire dobbiamo seguire la pista Guardiola: Spagna, Germania e, oggi Inghilterra.

    Il grande Pep ha percorso una via ideale in queste nazioni unite dalla sua idea di possesso ipnotico. Oggi, però 1° in classifica in Inghilterra c’è il Liverpool verticale di Klopp con 8 vittorie su 11 e il miglior attacco: in termini di gol e quindi di gioco verticale è a +4 dal Chelsea, a +5 dal City del Guru catalano, a +6 dall’Arsenal e addirittura a +15 gol dal Tottenham di un altro “costruttore” come il bravo Pochettino. In termini di punti in classifica invece solo piccolo è il vantaggio prodotto dall’attacco diretto sulla porta: +1 su Conte (altro verticale) e +2 su Guardiola. Il radicalismo del possesso resiste e difende sempre forte la sua ideologia.

    Allargando lo scontro al resto d’Europa notiamo che in Germania il Bayern che sta cambiando pelle con Re Carlo, ha segnato meno del Dortmund verticale di Tuchel ma è quattro posizioni avanti senza scrollarsi però di dosso il veloce (quindi verticale Rb Lipsia) e che in Francia e Italia guidano la classifica, Nizza e Juventus e quest’ultima certo non applica l’idea del possesso ad oltranza come chiave per vincere le partite.

    C’è la verticalità in vantaggio sul dogma del possesso. I dati tecnici e una discussione filosofica lo comprovano. Stiamo ai dati: a quelli che vengono dalla Spagna, santuario del gioco al tocco. Tutte le cinque squadre di vertice hanno problemi a centrocampo, il cuore del loro gioco. Dentro una costruzione sempre centrale – per via degli assist e tiri che fornisce - ma meno incisiva a causa d’infortuni (Modric solo 5 gare e Iniesta) il calcio spagnolo produce, gioco forza, un minor numero di passaggi rispetto al calcio italiano (-12'743 stas Opta) e quasi lo stesso numero di gol (329 a 324) c’è equilibrio pur essendoci differenza tecnica a loro favore.

    I centrocampisti dioscuri del modello al comando da dieci anni sono meno incisivi e quindi prevale il gioco diretto degli attacchi, anche nel Barcellona (che pur difende e ancora gioca in alcuni spazi magnificamente il possesso) visto i nomi della “delantera” in avanti. Terzo sta ritornando il tempo dei centravanti in tutti i campionati tanto che il modello Barcellona sta diventando sincretico come quello della Germania.

    Infine in una ricerca dei migliori attacchi d’Europa a metà novembre, troviamo questa classifica: 1° Monaco (36 gol e il ritorno di Falcao), 2° Barcellona (32 gol, è il modello che difende se stesso), 3° Real Madrid (e qui la verticalità impera), 4° Liverpool (calcio verticale tout court), 5° Roma (sintesi tra possesso e verticalità, c’è Dzeko). Torniamo al punto, verticalità in vantaggio sul possesso.

    In vantaggio anche filosofico. Perché Guardiola sta facendo come fece Napoleone dieci anni dopo che la rivoluzione con i suoi moti lunghi, lo coronò Imperatore, lui che da lì nasceva, la distrusse. Lo stesso sta facendo il grande Pep. Due settimane fa ha detto (da un estratto di “La Metamorfosis” di Perarnau) il tikitaka es una m…un sucedaneo (un surrogato) è solo passarsi il pallone per passarselo senza intenzione né aggressività. E’ il cerchio che si chiude e segna l’evoluzione del Guardiolismo, massima religione del possesso. Il suo sacerdote più grande, la distrugge, per rinnovarla in tante (24 sistemi) varianti rotonde (piene) e tese alla verticalità del calcio sincretico e non più innegoziabile.

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