
Bellezza e resilienza, Inzaghi ha già fatto la storia dell'Inter. Comunque vada la finale di Champions League
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LA FINALE - È bene sottolineare questo aspetto prima che il campo e i giudizi a bocce ferme inficino il lavoro che per tutto l’anno, e per tutti gli anni precedenti, questi due mister hanno svolto per Psg e Inter. Soprattutto per l’italiano, in un Paese così risultatista e in una stagione così altalenante nella quale da un possibile Triplete si è passati ad un altrettanto possibile zero nella casella dei trofei vinti, questi ultimi 90’ potrebbero essere un viatico fondamentale per il suo futuro e per la narrazione che di lui si è fatta, si sta facendo e si farà. Intorno alla sua figura si è creato una sorta di dibattito che ha diviso tifosi nerazzurri, e non, e che potrebbe essere riassunto con un semplice aut aut: se vince la Champions ha salvato la stagione, se la perde ha fallito. Sbagliato.
AL DI LÀ DEL RISULTATO - È vero che, da sempre e per sempre, i risultati sono fondamentali nella valutazione di un traguardo sportivo ma altrettanto lo è riavvolgere il nastro per capire come si è arrivati a raggiungerlo, o meno. Insomma è troppo limitante prendere 90’ – per quanto importanti – e basare su di esso la promozione o la bocciatura di un allenatore, di una squadra, di un ciclo. L’aleatorietà di un match non consente di farlo assurgere a verità assoluta, soprattutto in uno sport a così basso punteggio e così soggetto agli episodi. Qualsiasi sarà l’esito della finale di Monaco non cambierà il valore del lavoro svolto da Inzaghi dal momento in cui si è seduto sulla panchina dell’Inter.
IL CAMBIAMENTO - La bellezza del calcio libero che la sua squadra ha sfoggiato in campo – per tanti tifosi anche di vecchia scuola mai l’Inter aveva giocato così bene – l’unione del gruppo, la compostezza nelle interviste, anche il suo non cercare mai lo scontro o la polemica fine a sé stessa, le soluzioni tattiche che ha trovato e, certamente, le vittorie che ha ottenuto hanno fatto già oggi di Inzaghi uno dei migliori allenatori della storia del club. E poco sposterà, o meglio, dovrebbe spostare, il palmares che avrà quando lascerà questo incarico. Se ci sia un solo Scudetto o più, una Champions League o due finali perse in 3 anni, Inzaghi ha cambiato la traiettoria della storia nerazzurra e l’ha riscritta. Il suo modo moderno di fare l’allenatore, in un calcio in cui a questa figura è richiesto ben di più che scegliere chi schierare in campo, ha riportato i nerazzurri nel gotha del calcio europeo dopo anni nei quali fuori dall’Italia questa squadra non era altro che una comparsa.
IL LAVORO DI INZAGHI - Sono stati (ma sarebbe più giusto dire sono) anni nei quali i tifosi nerazzurri si sono riconosciuti perfettamente nella loro squadra, nel calcio che guardavano, creando un’unione perfetta tra gruppo e tifosi. A San Siro c’era il pienone per una squadra che vinceva e che giocava un calcio generazionale, frutto di un allenatore che ci ha messo tantissimo del suo. Per larghissimi tratti l’Inter è sembrata un’orchestra guidata da un maestro di livello eccelso, apprezzato forse più all’estero che in Italia. Una guida che ha saputo valorizzare giocatori che mai si erano espressi su questi livelli, che ha saputo trarre il meglio dai campioni e far diventare elementi cardine del suo sistema anche calciatori in là con gli anni e bocciati in altri contesti.
IL MIGLIORE - Inzaghi era arrivato dopo l’addio traumatico di Conte e un annunciato ridimensionamento eppure ha ottenuto risultati migliori del suo predecessore. Ha sublimato campioni come Barella e Lautaro Martinez, lanciato e messo nelle condizioni migliori per brillare altri che già si stavano affermando come Bastoni, Calhanoglu e Dumfries. Ha portato Dimarco al top nel suo ruolo e rilanciato “vecchie glorie” come Darmian, Acerbi e Mkitaryan. Lo ha fatto con un calcio capace di adattarsi a contesti e partite, senza dogmi. Se c’è da difendersi e ripartire, i suoi lo fanno. Se c’è da entrare in porta con il pallone, nessun problema. Palleggiare, ripartire, difendersi, ibridare ruoli e funzioni, difendere con i centrocampisti più bassi dei difensori, attaccare con i difensori più avanti degli avanti, creare con gli attaccanti e trovare profondità con gli inserimenti, l’Inter ha saputo fare tutto questo strappando applausi in Italia e in Europa. Inzaghi ha fatto la differenza e la sua creatura ha impresso su di sé ben visibile la sua firma. Ha creato plusvalore, ha fatto aumentare i fatturati e centrato trofei, come lui stesso ha sottolineato. Se da quando Inzaghi è sulla panchina nerazzurra è stata l’Inter ad ottenere i risultati complessivi migliori in Italia, nonostante altre squadre abbiano speso di più sul mercato, è perché alla Pinetina c’era il migliore allenatore del lotto. Comunque vada la finale di Champions League.
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Comunque vada , una sega, devono mangiarsi l'erba del campo, poi si potrà dire abbiamo vinto o ab...