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  • 'Game over' di Gattuso: frecciata ad Allegri

    'Game over' di Gattuso: frecciata ad Allegri

    Difficile resistere alle emozioni. Mark Van Bommel, che non è proprio un ragazzino, si scioglie in lacrime dinanzi alle telecamere di milan-channel, torna a casa, al Psv, portandosi dietro la convinzione che «il Milan è proprio una famiglia».

    Solo uno come Rino Gattuso riesce a tenere testa alla pioggia di ricordi e di suggestioni regalando alla platea dei cronisti una raffica di battute e uno spaccato intrigante del Milan che fu. Fuori dal collegio di Milanello striscioni, bandieroni e popolo rossonero tributano all’altro grande vecchio, Pippo Inzaghi, gli onori che si devono all’eroe dei due mondi, Atene e Yokohama cioè. «Sono giorni difficili» sintetizza Allegri perché si procede, in modo brusco e totale, al cambio di una generazione con la garanzia di avere Silvio Berlusconi alle spalle e la promessa, solenne, venuta fuori nel vertice di Arcore, «di non cedere nessuno dei tre big, Ibra, Thiago Silva e Boateng». È difficile resistere all’assalto di malinconia mentre il guerriero calabrese passa in rassegna i suoi 13 anni in rossonero, «si chiude un ciclo» sentenzia ed esprime la speranza che somiglia molto a uno scettico pronostico, «che lo spirito più autentico del Milan resti in vita attraverso Ambrosini nello spogliatoio di Milanello».

    È il vero interrogativo angosciante dietro questo cambio epocale. Sembra quasi un fuggi fuggi quello della razza padrona di Milanello e magari tra qualche mese scopriremo che fu un passaggio decisivo e indolore mentre adesso le lacrime e la commozione dei più prende slancio dalle parole di Gattuso, tenere e piene di simbolici messaggi. «Cinque mesi fa non sapevo di poter ancora giocare, adesso sì, qui mi sentivo vuoto dentro, ho voglia di rimettermi in gioco, non volevo diventare un gagliardetto. E attenti: non ho mai chiesto il posto sicuro» il passo d’addio acuminato come un punteruolo.

    Che resta impreziosito da molti grazie e un paio di scuse, «a Jordan e Leonardo», ma anche da un minuscolo riconoscimento nei confronti di Allegri, «è più complicato gestire questo spogliatoio» prima di ripetere la sua passione, «calcistica naturalmente» per Carletto Ancelotti. «È stato tutto per me: amico, fratello, papà, allenatore, amante, mai nessuno ha preparato le partite come lui. Ci diceva: fate quello che vi dico e vi farò vincere le partite. Noi siamo stati come il Barcellona, a tratti, in Europa, per il gioco espresso» il passaggio che può suonare come un inno alla grandeur ancelottiana e anche una stilettata per Allegri e il suo calcio sparagnino di questa stagione. Negata la delusione per un paio di esclusioni, dalla lista Champions e da Milan-Roma, ma lui è così, non è capace di rovinare il giorno dei saluti: quel trattamento ha provocato il «game over».

    Anche perché è capace di ricordare il suo incubo («la finale di Istanbul»), e la sua notte magica («la prima Champions a Manchester dopo aver battuto Inter e Juve») ma anche di mettere in chiaro il suo futuro. «Non andrei mai alla Juve o all’Inter, loro non mi vogliono certo ma io non andrei mai» sottolinea prima di declinare il vero progetto. «Chiudere a Glasgow con i Rangers dove ho cominciato la carriera». Una scelta di cuore, tanto per cambiare.

    Difficile resistere all’assedio delle critiche. Allegri, in questi giorni, sembra l’orsacchiotto del luna park preso di mira: chiunque può sparare contro di lui, dal coraggioso Pirlo all’ultimo dei senatori messi da parte per questioni fisiche, Inzaghi e Seedorf, «contro il tempo non si può andare» ripete il livornese che assegna un 6.5 alla stagione e si concede una stoccata alla Juve («quando avevano gli infortuni davano la colpa ai campi di Vinovo»).

    Lui, reduce dalla cena con Berlusconi, non si sente lasciato solo dal club, può ripartire da Montolivo (mercato a basso costo la scelta di Arcore) e tanti altri a costo zero. Basta avere pazienza e attendere il 31 agosto per conoscere il prossimo Milan che si raduna il 9 luglio, e va anche in America a cercare fortuna e dollari. Oggi a San Siro contro il Novara si chiude la bella epoca milanista. Chi non vuole commuoversi resti a casa.


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