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    Le 10 più grandi delusioni della Serie A

    Le 10 più grandi delusioni della Serie A

    • Antonio Martines
    Quando la serie A era il campionato più bello e importante del mondo, tutti i migliori giocatori desideravano misurarsi sui nostri campi. All'epoca – anni 80 e 90 – potevano essere considerati dei grandi campioni solo quegli stranieri che avevano successo in Italia. Tuttavia non poche sono state le delusioni e grandi nomi, hanno rischiato di bruciare definitivamente la propria reputazione internazionale, dopo aver fallito nel nostro campionato, che non a caso, ancora oggi è considerato come il più difficile del mondo. Qui di seguito potrete gustarvi le 10 più grandi delusioni straniere nella storia della nostra serie A.

    10 – Recoba: San Siro era pieno all'inverosimile in quel 31 agosto del 1997. Alla scala del calcio italiano, faceva il suo esordio nientepopodimeno che il Fenomeno Ronaldo, ma a a prendersi gli applausi scroscianti dello stadio estasiato, non fu il brasiliano, ma un ragazzino sconosciuto arrivato dall'Uruguay: Alvaro Recoba, che con due missili di rara bellezza riusci a tramutare una quasi sconfitta in una vittoria clamorosa e inaspettata. Il Chino non conosceva mezze misure. Inutile dire quello che avrebbe potuto essere, certi discorsi lasciano il tempo che trovano. Lui era fatto cosi e basta, quando meno te lo aspettavi ti regalava la giocata del secolo. Coppe, scudetti o statistiche non fanno parte del suo lascito sportivo, ma in compenso ha lasciato in eredità emozioni immortali.

    9 – Gascoigne: Fu una delusione in assoluto, e non solo per la Lazio e la nostra serie A, ma per quello che avrebbe potuto essere e non è mai stato, per il rimpianto che ha lasciato non solo nel cuore dei suoi tifosi ma anche in quello di tutti gli appassionati di calcio, che non hanno mai potuto accettare non tanto il suo enorme spreco di talento, ma soprattutto quello della propria vita. La vicenda è fin troppo dolorosa e a quanto pare ben lungi dall'essere conclusa visto che si trascina ancora fino ai giorni nostri. Di lui rimarranno impresse per sempre nella memoria certe goliardate folli e simpatiche, quelle di un ragazzo inglese che avrebbe potuto avere ben altro dalla vita e invece raccolse solo il peggio. Peccato.

    8 – Socrates: Il Dottore arrivo a Firenze nell'estate del 1984 e appena sceso dall'aereo, la sua prima dichiarazione ufficiale alla stampa italiana fu questa : “Non tengo tanto ad essere un campione di calcio quanto uomo democratico, anzi un brasiliano democratico”, e in effetti durante la sua permanenza in Italia fu di parola, perché di voglia di allenarsi ne aveva assai poca. Non conduceva esattamente vita da atleta, ma non era neanche un viveur nel senso stretto del termine. Il suo piacere maggiore era tirare fino a tarda notte parlando di politica con una sigaretta in bocca, insomma una sorta di radical chic prestato al pallone. L'impressione è che il nome che portava pesava e forse fini per condizionarlo a livello psicologico, visto che il ruolo di calciatore sembrava stargli un tantino stretto.

    7 – Zavarov: Sono anni difficili quelli del post-Platini e i bianconeri dopo aver clamorosamente toppato l'acquisto di Rush dal Liverpool, decidono di guardare ad est e puntano su quello che all'epoca venne definito come il Maradona sovietico, ovvero Oleksander Zavarov – Sacha per gli amici – anche se in Italia non ne ebbe mai nessuno, tanto che il suo fallimento in maglia bianconera fu dovuto proprio al suo carattere introverso. Il sovietico infatti non imparò mai l'italiano, era un tipo tranquillo e andava agli allenamenti con una Duna di seconda mano (quella di Rush secondo Pasquale Bruno), tra l'altro in pochi sanno che il suo stipendio era veramente ridicolo, infatti la Juve era costretta a versare il suo ingaggio nelle casse del PCUS sovietico e questo a sua volta rilasciava a Zavarov solo due milioni di vecchie lire più dei buoni spesa per il supermercato, roba da ridere per un calciatore professionista, ma all'epoca funzionava cosi per gli atleti dell'URSS; inoltre ebbe più di qualche incomprensione con l'allora tecnico Zoff. Cosi Zavarov, nonostante la sua notevole cifra tecnica, fini col diventare un corpo estraneo nella Juve annaspante della fine degli anni 80.

    6 – Pancev: Da cobra a ramarro. Questa fu l'ingloriosa fine che toccò a Pancev, il terminale offensivo della grande Stella Rossa campione d'Europa nel 1991, squadra con la quale si laureò scarpa d'oro e arrivò secondo classificato nel pallone d'oro dello stesso anno. Il Macedone fu preso dall'Inter di Ernesto Pellegrini, che per lui fece anche un sacrificio non da poco visto che lo strappò alla concorrenza di club come Real, Milan, Man.Utd e Barcellona. Quella tra il macedone e la beneamata fu però una storia nata male e finita peggio, visto che in 26 presenze complessive riusci a realizzare la miseria di sole 3 reti. Forse però non fu solo colpa sua, visto che nell'Inter degli anni 90 , troppi sono stati i giocatori che hanno rischiato di bruciarsi definitvamente.

    5 – Bergkamp: L'olandese che odiava volare, arrivò in Italia con la pesante etichetta di condottiero del club di Amsterdam, e in effetti lo era, visto che con la maglia dell'Ajax tra il 1986 e il 1993 vinse molto sia in Europa che in patria. L'Inter lo pagò la bellezza di ben 20 miliardi di vecchie lire, cifra enorme per quel lontano 1993. Ma le due stagioni in nerazzurro rischiarono di rovinare la sua carriera. Per fortuna sua lasciò la serie A ed emigrò in una Premier League che pur essendo ancora agli albori, seppe dargli la fama e i trionfi sportivi che meritava, visto che in fin dei conti era un campione vero.

    4 – Diego: Il brasiliano rappresenta il classico caso dell'uomo sbagliato, nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Il talentuoso trequartista arriva nella Juve del post calciopoli per la bellezza di 23 milioni di euro, una cifra non da poco per una società che veniva da un mostruoso e forzato ridimensionamento finanziario. La partenza fu anche positiva, visto che nelle prime giornate della stagione 2009/10 si distinse per una magnifica doppietta che valse una vittoria all'Olimpico contro la Roma, ma ben presto lui come tutta la squadra entrò in una fase di involuzione. L'anno dopo arriva Conte e per lui non ci fu più spazio in una Juve che aveva messo da parte inutili addobbi e che puntava tutto su un senso di rivincita fondato su corsa, rabbia e sudore.

    3 – Kluivert: Arrivato in Italia con la pesante nomea di nuovo Van Basten, il possente attaccante del grande Ajax di van Gaal, non fece molto di suo per abbassare i toni riguardo le enormi aspettative che si nutrivano su di lui, tanto che in una conferenza stampa ebbe a dire : “Riflettori puntati sul brasiliano? Meglio cosi. Ronaldo è fantastico, ma sono pronto a mostrargli il mio valore: voglio essere il Ronaldo del Milan. Al momento opportuno farò vedere al brasiliano chi è più bravo. Lascio comunque ai critici e agli esperti l’ultima e decisiva sentenza”. Andò a finire come sappiamo tutti e dopo una sola stagione corredata da 6 miseri gol in 27 gare, se ne andò al Barcellona dove tutto sommato non fece neanche male, visto che giocò in maglia blaugrana dal 98 al 2004 e realizzò 90 gol in 182 partite.

    2 – Ian Rush: I tifosi della Juve furono felici come poche altre volte quando seppero dell'arrivo di quello che all'epoca veniva considerato l'attaccante più forte d'Europa. Ma le cose non andarono come si sperava, il baffuto gallese - ariete del Liverpool tiranno d'Europa dei primi anni 80 - non riusci mai a far vedere il suo reale valore nel nostro campionato, se non in qualche sprazzo di partita. Non imparò mai l'Italiano e questo lo frenò nell'inserimento all'interno dello spogliatoio. Lui e l'Italia erano veramente incompatibili su tutto, dallo stile di gioco fino all'alimentazione. Tuttavia quando se ne tornò nella perfida Albione, ammise che la sua esperienza nella nostre serie A, lo migliorò molto dal punto di vista tattico, facendolo diventare un giocatore più completo.

    1 – Mendieta: Novanta miliardi di vecchie lire per un quinquennale da 8 miliardi all'anno, queste erano le cifre record che convinsero il basco a trasferirsi dal Valencia vice campione d'Europa nella ricca e vincente squadra di Cragnotti. Il biondo regista spagnolo era considerato il regista migliore d'Europa, e per accaparrarselo, la Lazio dovette superare la concorrenza di un agguerritissimo Real Madrid. La delusione fu enorme quando si scopri che tutti quei soldi furono il più grande spreco di denaro nell'intera storia del calcio italiano. Per lui neanche un gol in maglia biancoceleste, Zoff e Zaccheroni rischiarono di impazzire per cercare di trovare una collocazione tattica ad un giocatore che di tattica in verità ne masticava assai poca. Fu la più grande bocciatura della nostra serie A, ma da li a qualche anno, questa severità cominciò a diminuire, visto che di campioni stranieri - o presunti tali -  ne vennero sempre di meno.

    1 Mendieta (Lazio) 90 Miliardi di lire
    2 Rush (Juve) 7 Miliardi di lire
    3 Kluivert (Milan) Parametro 0
    4 Diego (Juve) 23 Milioni di Euro
    5 Bergkamp (Inter) 20 Miliardi di lire
    6 Pancev (Inter) 12 Miliardi di lire
    7 Zavarov (Juve) 7 Miliardi di lire
    8 Socrates (Fiorentina) 5 Miliardi di lire
    9 Gascoigne (Lazio) 15 Miliardi di lire
    10 Recoba (Inter) 7 Miliardi di lire


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