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  • L’errore strategico di De Laurentiis: esonerare Garcia è un diritto, ma ingaggiarlo per poi delegittimarlo non era un dovere

    L’errore strategico di De Laurentiis: esonerare Garcia è un diritto, ma ingaggiarlo per poi delegittimarlo non era un dovere

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Non occorre essere lo psicanalista di Aurelio De Laurentiis per stabilire che il destino di Rudi Garcia è segnato. L’intervento pubblico, all’Università Luiss di Roma, nel quale il presidente del Napoli ha parlato della squadra e dell’allenatore, chiarisce in modo inequivocabile che l’esonero è certo. Questo il passo più significativo delle sue affermazioni: “Quando prendi un allenatore che non conosce più il calcio italiano, forse fa fatica. Ma sarebbe accaduto a qualunque altro. L’unica responsabilità che ho, oltre ad aver scelto l’allenatore, è che non ho avuto la possibilità di stargli tutti i giorni vicino a Castel Volturno”. Non certo un’autocritica. Anzi, ancora una volta, la conferma che solo lui, Aurelio De Laurentiis, avrebbe saputo tenere la barra ferma, senza scossoni o difficoltà.

    Ma ormai tutto è deciso (“a me dispiace quando devi esonerare qualcuno. Nel calcio purtroppo avviene di dover far questo, con la morte nel cuore. Con lui sto vivendo un momento no”), tranne il giorno della separazione: “Prenderò le decisioni più opportune quando sarà il momento di prenderle. La piazza non può essere condizionante. Devi fare sempre una pausa riflessiva. Ogni decisione affrettata è sbagliata”. Eppure se un presidente, anzi, un imprenditore come De Laurentiis ama giustamente definirsi, parla in questi termini del suo primo collaboratore, non solo ha già deciso di licenziarlo, ma - prima di tutto - ha accettato di delegittimarlo agli occhi della squadra e dei tifosi. E siccome Garcia era stato già mandato a quel paese, in piena competizione, da tre suoi calciatori, De Laurentiis, di fatto, ha solo completato l’opera.

    Le domande più impellenti sono le seguenti: cosa pensa di ottenere con questa sua uscita pubblica? Forse che l’allenatore, esposto all’unanime ludibrio, se ne vada rinunciando ai suoi emolumenti? E, se non dovesse sostituirlo subito, ma dopo la sosta, con che spirito pensa che Garcia potrebbe tornare ad allenare? Con questo intendo dire che, in una situazione transitoria, come mi sembra quella del Calcio Napoli, il silenzio sarebbe stato altamente consigliato. Primo, perché De Laurentiis non ha ancora trovato, ma forse nemmeno cercato, un sostituto. Secondo, perché Garcia ha il diritto di poter tornare a Castel Volturno, fra qualche giorno, avendo il rispetto, già ampiamente intaccato, dei calciatori più educati e leali.

    Così, invece, si rompe tutto. E, se il presidente mi permette, si perde anche un pochino di stile. Che bisogno c’era di dire che, prima di orientarsi sul francese, aveva parlato con Thiago Motta e con Luis Enrique, disprezzando, poi, i risutati che sta ottenendo alla guida del Paris Saint Germain? Insomma, pur avendo stima e considerazione di De Laurentiis, soprattutto per quello che ha costruito da sotto zero nel Napoli, questa volta mi permetto di essere in disaccordo con lui. Non tanto sulla sostanza (anche se otto partite sono davvero poche per giudicare un allenatore), quanto nella forma. Esonerare Garcia è un diritto, ma ingaggiarlo non era un dovere. E, ripeto, quel che ho scritto nella “Sveglia” di ieri: fino a quando un allenatore lavora per un club, quel club e quel presidente devono sostenerlo e difenderlo.  
     

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