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  • Sampmania: colpa di chi?

    Sampmania: colpa di chi?

    • Lorenzo Montaldo
    Colpa della sfiga. Quella prima era colpa dell’arbitro, o degli episodi, o dei rinvii sbagliati di Audero. Nella partita ancora antecedente la causa era stata, vediamo un po’, il freddo? Andando ulteriormente a ritroso troviamo gli infortuni, la scarsa concentrazione, le assenze, i piccioni che nidificano nell’angolo sinistro del Ferraris, le tre partite in dieci giorni, l’allineamento dei pianeti, il malocchio, il Covid, le voci destabilizzanti, il Papa, i giornalisti criticoni, i tifosi mugugnoni, i tifosi ‘vienici te ad allenare’. Potrei andare avanti a lungo. Ma la responsabilità dell’allenatore, dei giocatori in campo o della società, evidentemente incapace di tarare motivazioni adeguate per i suoi tesserati, emerge mai? Chiedo.

    Nel frattempo, nel girone di ritorno la Sampdoria ha fatto sei punti. Doveva essere quello dei 26 da replicare, dell’obiettivo ottavo posto e del treno Europa, della Samp chiamata a decidere cosa deve fare da grande, e tutta un’altra bella risma di banalità varie e assortite. In mezzo ci sono state prestazioni piuttosto brutte, derby affrontati come la partitella post grigliata tra amici a Pasquetta e qualche raro sprazzo di gioia, tipo la vittoria sulla Fiorentina. Il fil rouge degli ultimi due splendidi mesi, ma il discorso vale anche per i sei precedenti, riguarda l’estemporaneità delle azioni doriane. Ripensate un secondo ai cinque o sei gol blucerchiati più recenti. Non ce n’è uno uguale all’altro. Originano da una zampata in area di Quagliarella, da una prodezza di Gabbiadini, da una sovrapposizione di Bereszynski con annessa incertezza del portiere, e da un colpo di testa su corner. Risalendo ancora con la memoria troviamo un'altra marcatura di Keita su calcio d'angolo e una conclusione da fuori di San Fabio. Di azioni manovrate, di reti costruite a tavolino, neanche l’ombra. 

    E pensare che fino al 50’ minuto circa di ieri, avevo visto probabilmente la miglior Sampdoria degli ultimi tre-quattro mesi. Considerando che il Doria perdeva già 2-1, è tutto dire. Il resto dell’incontro, però, ha francamente spazzato via ogni possibile attenuante. Definire una ‘buona prestazione’ una sconfitta per 3-1, attribuendo alla malasorte, alla mancanza di cinismo o alla fortuna altrui una gara persa in questo modo, è disonestà intellettuale. Piuttosto viene da chiedersi come Barrow possa dribblare quattro giocatori doriani senza neppure spettinarsi, o come il trentanovenne Palacio riesca a vincere contrasti e a scappare via in velocità a calciatori con quasi quindici anni in meno. Non parliamo poi dell’intera fase difensiva, omnicomprensiva del filtro di centrocampo, incapace di seguire e coprire l’inserimento di Soriano (oltretutto, davvero un fondamentale inatteso e imprevedibile da parte dell’ex Samp). Già, ma la Sampdoria ha tirato di più, ben 18 volte, meritava! Sì, peccato che il Bologna la porta l’abbia centrata 7 volte, contro le 4 blucerchiate, chiamando Audero pure a due interventi di altissimo livello, fondamentali per limitare il passivo. Lo stesso credo non si possa dire di Skorupski. Dei tentativi blucerchiati, 9 sono finiti fuori e 5 sono stati rimpallati, quelli del Bologna nel 70% dei casi hanno trovato lo specchio, anche perché 8 su 10 sono stati effettuati da dentro l’area. Non sempre conta quanto tiri, bensì come lo fai. Se in attacco sbagli tutto e in difesa fai errori dopolavoristici, meriti di perdere. Però continuiamo pure ad avvinghiarci alla coperta di Linus della sfiga, è ben più rassicurante. E poi Ranieri ha vinto la Premier, criticarlo significa mancare di rispetto, essere supponenti o pretenziosi.

    Altra valutazione da fare, poi per oggi basta. Quando ad inizio anno evidenziavo le lacune di una squadra costruita con tante figurine, nomi altisonanti buoni per gli strali da social di coloro che, ad ogni costo, devono magnificare il miglior operato societario possibile, mi sono preso botte di menagramo e disco rotto. Ora, con Keita e Silva in panchina, Candreva preoccupantemente involuto, un terzino sinistro spompato e dolorante dopo una stagione giocata senza la benché minima possibilità di riposo, il mantra è cambiato. Adesso, la difesa d’ufficio è più o meno la seguente: “La squadra è modesta e vale questo, di più non si può pretendere”. Quasi come se un'eventualità escludesse l’altra. Bene, non è così. Una squadra può essere costruita male, ma giocare bene e fare punti. Prendete il Verona, il Sassuolo, il Benevento, lo Spezia, giusto per rimanere a squadre sulla carta simili o inferiori al Doria. Magari senza dare l'impressione di assoluto disinteresse per le sorti della formazione in cui militano.

    I trentadue punti da mesi sono diventati un alibi, il tappeto da sollevare e sotto cui spazzare tutta la polvere possibile e immaginabile. Però, c'è qualcosa che non quadra. Se la squadra è perfetta, se l'allenatore non sbaglia nulla, allora le meraviglie tipo le ultime prestazioni da dove nascono? Permettetemi di esplicitare un’ultima volta la cosa più importante. Io, come tanti altri colleghi, farei salti di gioia nel raccontare una squadra brillante, simpatica, capace di creare empatia con il pubblico, costruita bene, in grado di divertire, senza problemi economici di sorta - arriva il bilancio - leggera e scanzonata. Badate bene, il termine ‘vincente’ non l’ho menzionato volutamente. Invece mi, anzi, ci dobbiamo accontentare di Bologna-Sampdoria. Almeno non pretendete felicità, gioia e sorrisi falsi.

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