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  • Sampmania: Vietcong e film d'azione

    Sampmania: Vietcong e film d'azione

    • Lorenzo Montaldo
    Sono tremendamente combattuto tra l'incavolatura nera per il risultato di Napoli, fisiologica, e la consapevolezza di una partita che semplicemente non poteva avere epilogo diverso. Ho guardato la Sampdoria con lo stesso spirito di quando metti alla sera un film d'azione, sapendo benissimo che alla fine il protagonista la scamperà. In questo caso noi eravamo l’antagonista, quello di cui conosci il destino già dai titoli di testa, di solito quello di buscarle. Come sarebbe andata a finire la pellicola del Maradona, ne eravamo consci già da due o tre giorni. Anzi il risultato, tutto sommato, è stato persino migliore di quanto mi aspettassi. E' un paradosso, lo so, ma un'imbarcata per 4-0 avrebbe avuto un impatto molto più devastante su una squadra già fragile e insicura. L'1-0, alla fine, limita i danni. Intendiamoci, la gita sul Golfo della Samp poteva concludersi senza alcun problema in goleada. Ridursi a leggere il risultato e pensare 'ce la siamo giocata' sarebbe come mettersi due belle fette di mortadella, neanche prosciutto, sugli occhi. Ma nel disastro, poteva andare persino peggio. 

    L'epilogo era scritto, scontato, prevedibile. Il Doria si è presentato al cospetto della formazione di Spalletti senza cinque pedine cardine: Bereszynski, Colley, Yoshida, Candreva, a cui sommo il lungodegente Damsgaard. Il computo totale dice più di metà squadra titolare. Anche il Napoli aveva delle assenze, sì. Il problema è che una qualunque delle riserve azzurre sarebbe inamovibile nell'undici genovese. Viceversa, i cambi della Samp sono pochi, contati e assolutamente inadatti al livello della Serie A. Tutti, o quasi. Quando il divario di morale, tasso qualitativo e conoscenza del gioco ha un’ampiezza del genere, l'impresa è l'eccezione dell'eccezione.

    Questa, giova ripeterlo ogni tanto, non è una colpa dell'allenatore, a cui pure vanno attribuiti tutti i suoi macroscopici e legittimi difetti. Il peso spetta a chi la squadra l'ha portata tali punti, diciamo a partire dall'estate e dalla campagna acquisti, ma potremmo risalire anche a molto, molto prima, assumendosi oltretutto le piene responsabilità della gestione e pretendendo pure il giusto riconoscimento a suo dire non tributato a sufficienza. Il presidentissimo, anzi, ex presidentissimo Ferrero ha sempre voluto la paternità della gestione blucerchiata. Il Viperetta ha manovrato il mercato in prima persona, o al limite insieme a Faggiano, in preda evidentemente ad una smania di potere e ad un delirio di onnipotenza. Ha allontanato un dirigente di lungo corso come Osti, ha portato i conti al punto di (quasi) non ritorno, ha costruito la squadra tuonando "Il padrone sono io, decido io", ha architettato una rosa priva di ricambi e alternative. Lo ha ribadito lui stesso più di una volta. E ora si vorrebbe scaricare ogni responsabilità su allenatore e squadra? Eh no, troppo semplice. Troppo facile così. Lo ricordo ancora ai due o tre vietcong superstiti, acquattati nella boscaglia a difendere l'operato di chi ha amministrato la barca Samp per sette anni, fino a trascinarla alla condizione corrente. La guerra è finita, il generale non c'è più. Potete rilassarvi, e tornare al vostro villaggio.

    Naturalmente, ripeto a scanso di equivoci, ciò non significa che chi questa squadra la allena sia esente da errori. Anzi. D'Aversa è un tecnico adatto alla dimensione attuale della Samp. E di conseguenza ha pure lui delle responsabilità, per quanto calmierate dall'impossibilità di lavorare con tutti gli elementi a sua disposizione. Si fatica a capire, però, che la speranza, per la Samp odierna, è quella di arrivare a giugno con tre squadre dietro, e all'incirca in regola con i pagamenti. Stop. Augurarsi altro, è pura utopia. Però doveva esservi chiaro da settembre. Non può essere una sorpresa dell'ultimo mese. Tornando alla prestazione della truppa di D'Aversa, la fotografia del primo tempo di Napoli-Samp è desolante. Possesso palla al 25%, 79 passaggi complessivi contro i 317 dei padroni di casa, completati peraltro con il 90% dell'accuratezza, contro il misero 67% blucerchiato. Significa che, in 45 minuti, il Doria ha azzeccato la bellezza di 53 passaggi complessivi. Credo basti l’ultimo dato, a rendere l'istantanea della penuria assoluta di qualità tecniche della formazione messa in campo oggi. Ogni uscita palla era sbagliata, ogni situazione di pressing un pericolo letale, la abbacinante assenza di dinamismo tra centrocampo e attacco ha fatto il resto. La situazione è appena migliorata, ma neppure troppo, nella ripresa. 

    Di aspetti negativi su cui concentrarsi, ce ne sarebbero a bizzeffe, ad iniziare dall'evidente inadeguatezza di alcuni elementi alla massima competizione italiana. Ma, lo ripeto, sarebbe un infierire inutile, soprattutto rapportato alle evidenti difficoltà di un impegno del genere, e approcciato in condizioni così precarie. So che nel momento presente è difficile riuscirci, ma cerchiamo di tenerlo a mente: è la stessa formazione capace di compattarsi nel momento più complesso a livello ambientale della stagione, di tirare fuori gli attributi e sfoderare partite coraggiose come dal derby in poi. Aiutiamoli a ritrovare la strada perché, lo ripeto, il campionato è lungo e ancora tre avversarie dietro bisogna tenercele. Speriamo ci venga in soccorso, in questo, il mercato. Rincon ha impattato bene, mi auguro si confermi, lo stesso auspico per Conti. Per l'amor di Dio, però, non tocchiamo i titolari. Cosa succede a sottrarre pedine alla squadra, lo avete visto nelle ultime due uscite. Da qui alla fine, sarà un'apnea. E riuscire ad arrivare a fondo vasca, non sarà scontato. 

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