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Sconcerti a CM: 'Juve, per lo scudetto la Lazio fa più paura dell'Inter. Ibra scuote il Milan, ma il merito è di Pioli'

Sconcerti a CM: 'Juve, per lo scudetto la Lazio fa più paura dell'Inter. Ibra scuote il Milan, ma il merito è di Pioli'

  • Furio Zara
    Furio Zara
La Juve che scatta, la corsa a tre per lo scudetto. Il mercato che può alterare gli equilibri. Il momento verità per la Lazio, la campagna acquisti dell’Inter, Conte che si lamenta. Il Milan ritrovato da Pioli. E il Napoli arrivato alla fine del ciclo. Di questo e di molto altro parleremo con Mario Sconcerti, ovviamente stimolati dalle domande dei lettori di «100° Minuto».

Sconcerti, da chi deve guardarsi la Juve: dall’Inter o dalla Lazio?
«Da tutte e due. Ma è evidente che la novità di questo momento è la Lazio, che potenzialmente è davanti all’Inter con tutti i limiti che Conte lamenta, cioè le poche riserve. In questo senso Inzaghi sta dando una lezione a Conte».

Anche sul mercato si stanno muovendo in maniera diversa. L’Inter è scatenata, la Lazio è praticamente ferma.
«Ma dimentichi che la Lazio recupera Correa, ed un giocatore così non ce l’ha nessuno. Credo comunque che per la Lazio questo sia il momento decisivo della stagione».

Perché?
«I filotti di vittorie sono entusiasmanti, ma li valuti quando si interrompono. Domenica c’è il derby, la Roma è un avversario pessimo, non ti dà campo. Riparte non con il contropiede - che è sempre di un singolo - ma con la ripartenza, cioè con tutta la squadra, è un piccolo assalto. Sotto questo aspetto - solo sotto questo, lo ribadisco - ricorda un po’ quello che faceva Sacchi, c’è questa spunta avanti collettiva che li accomuna. Per Inzaghi il derby diventa la partita più importante della stagione: in campo ci si picchierà, ci sarà tanta tattica, si correrà molto e il rischio per la Lazio è alto. E quando insegui non ti puoi permettere alcun tipo di sosta».

Dicevamo dell’Inter: Moses e Young già a Milano, Eriksen in arrivo e forse Giroud. Come li valuti?
«Moses mi ha fatto sempre una bella impressione, può coprire tutta la fascia. Però negli ultimi cinque anni ha fatto bene solo con Conte, è un «quinto» di lusso, gli piace puntare l’uomo. Si tratta di fare quattro mesi a cento all’ora. Certamente aggiunge qualcosa. Young è un giocatore di carisma, ma mi sembra abbia già dato il meglio. Eriksen servirebbe eccome. Guarda, noi commettiamo il vecchio errore di pensare ad una squadra di 11 giocatori. Bisogna guardare i 15-16 giocatori, è quello che ti dà la qualità, la panchina forte come ce l’ha la Juventus».

Che ne pensi di quello che ha detto Conte: «Se non corriamo a duecento all’ora siamo una squadra normale»?
«Vorrei che Conte ci spiegasse perché l’Inter non corre a duecento all’ora. Vorrei capire cosa non funziona. Non mi deve dire che ha la polmonite, mi deve spiegare come la intende curare».

I tifosi del Napoli dicono che avanti così si rischia la B.
«No, il Napoli non rischia nulla, ma è chiaro che c’è stato un tracollo e il ciclo è finito».

Prova a spiegarci cosa è successo?
«Il Napoli come lo abbiamo pensato in questi anni non esiste più. Il ciclo comincia da Mazzarri, che chiude i suoi tre anni e mezzo con un 2° posto, passa per Benitez, che gli fa fare un salto di qualità e porta giocatori forti. Albiol, Callejon, Higuain. Tutta gente di Benitez. Ed è un ciclo che continua con il triennio di Sarri, che se la gioca per lo scudetto. Questo Napoli non c’è più. Si è perso. C’è persino una data in cui il Napoli muore».

Quale?
«Esattamente un anno fa, quando il capitano - Marek Hamsik - sceglie di andare a prendere i soldi in Cina. All’epoca si pensava che il Napoli fosse una grande squadra, ma non lo era già più. La scelta di Hamsik ha fatto accettare a tutti che fosse normale perdere i grandi pezzi perché era comunque possibile sostituirli, ma non era più così. Ti dico di più: con Hamsik non sarebbe successo questo casino. Era un capitano vero, che avrebbe preso i giocatori uno ad uno i suoi compagni e li avrebbe richiamati. La sua partenza è stata l’inizio della fine. Ed è passata sottotraccia».

Domenica c’è Napoli-Juventus. Sembra una sfida già segnata.
«Forse lo è, ma per quanto riguarda il Napoli io penso a quello che in fisica si chiama effetto valanga. Quando c’è una cosa che non si riesce a parare, bisogna aspettare che finisca. Ad un certo punto le valanghe si fermano da sole. La crisi del Napoli non ha soluzione, la squadra è finita. Ma prima o poi la valanga si fermerà e allora tutto pian piano ripartirà».

Intanto il Milan rivede l’Europa.
«Il Milan nelle ultime sei giornate ha vinto tre volte, una in più dell’Inter. Ibrahimovic ha scosso la squadra, Pioli è un ottimo gestore di partita, la scelta di Rebic lo conferma, così come il passaggio al 4-4-2».

Per chiudere vorrei chiederti un ricordo di Pietro Anastasi.
«Siamo dello stesso anno, io sono più giovane di qualche mese. Ma non ho ricordi personali: quando lui vinse l’Europeo io avevo vent’anni ed ero un ragazzo. Sul giocatore invece si può dire molto. E’ stato un grande attaccante, veloce, brillante, con una buona tecnica, forte anche di testa, bravo nel farsi largo nelle difese avversarie. Il suo arrivo alla Juventus ha avuto anche un risvolto sociale: Anastasi fu il primo acquisto mirato della Juve operaia, pensata per avvicinare al club gli emigranti che in quegli anni salivano a Torino per lavorare nella Fiat».

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