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  • Scusi Pellè, ma chi si crede d'essere, Chinaglia?

    Scusi Pellè, ma chi si crede d'essere, Chinaglia?

    • Pippo Russo
    Per una volta la Figc invia un messaggio immediato e inflessibile. E caccia via Pellè (foto da www.road2sport.com) dalla nazionale dopo l'imperdonabile gesto di maleducazione di ieri sera verso il ct Giampiero Ventura. L'unica scelta possibile, qualunque altra soluzione sarebbe stata una dimostrazione d'insipienza. E in attesa di capire se il provvedimento contro il bomber da Chinese Super League sia temporaneo o definitivo, non rimane che interrogarsi sulla figura di questo ribelle da happy hour, uno che le combina grosse con massima naturalezza e poi crede basti chiedere scusa per farla franca. Troppo comodo, specie per chi dalla carriera ha avuto molto più di quanto meritasse. Del resto, sono proprio i tipi come lui a dimostrarsi più incontentabili di chiunque, o a fare gli spacconi de noantri. Salvo non prendere in considerazione che la spacconeria bisogna potersela permettere, se non si vuol rimediare figure fantozziane.

    A lui era già capitato proprio questo. E mica lustri o anni fa. Sono passati soltanto tre mesi da quando, dopo aver mimato improbabili cucchiai in faccia a uno dei portieri più forti del mondo, ciabattò a lato un rigore patetico. Ci si giocava l'accesso alla semifinale fra Italia e Germania, non la sfida del giovedì fra pensionati e esodati. Eppure lui andò sul dischetto come se ci fosse in palio il conto della pizzeria nel dopo-partita, a cazzeggiare contro un rivale che intanto lo commiserava. Rimediò una figuraccia in Eurovisione di proporzioni omeriche, e forse sarebbe stato il caso di fargli chiudere già lì l'esperienza in azzurro. Certi episodi non sono espressioni isolate, ma rivelatori di un'indole. Però, più che la figuraccia, fu la valanga d'insulti via social network ad armare il suo gesto riparatore. Che lo portò a dichiarare: "Chiedo scusa a tutti gli italiani". Mancava solo invocasse che gli mettessero a disposizione le reti unificate.

    Quel precedente avrebbe dovuto consigliargli umiltà, e soprattutto gratitudine verso chi persevera a convocarlo in nazionale. E invece lui cosa fa? Dopo un'ora trascorsa in campo a non beccarla mai, rifiuta platealmente di stringere la mano al ct che lo sostituisce. E a questo punto la cosa davvero enorme è non tanto la scortesia, o la mancanza di rispetto verso la persona e il ruolo che quella svolge. Il vero problema sta nella presunzione di sé. Ma questo qui chi si crede d'essere, Giorgio Chinaglia?

    Il paragone è inevitabile perché fondato sull'analogia degli episodi. Chi ha superato (di un bel po') gli -anta, ricorda il gestaccio rivolto dal centravanti laziale al ct Ferruccio Valcareggi. Era giugno 1974, e a Monaco di Baviera la nazionale giocava la gara d'esordio ai Mondiali contro Haiti. Dopo settanta minuti di partita in cui l'Italia stava rischiando la figuraccia, il ct chiamò fuori Chinaglia. Che invece di accomodarsi in panchina lo mandò platealmente a quel paese in mondovisione e corse negli spogliatoi. Un gesto pessimo, che provocò l'indignazione nazionale perché a quel tempo il sentimento popolare verso la squadra azzurra era ben altra cosa che adesso. E a Chinaglia toccò sorbirsi per tutta la stagione successiva i fischi in qualunque stadio d'Italia visitasse giocando con la Lazio campione d'Italia. E però, detto che il gesto di Chinaglia fu inqualificabile così come discutibili furono molti aspetti del personaggio, volete mettere la differenza? Giorgio Chinaglia era un trascinatore, uno che ci metteva sempre la faccia e andava a prendersi le botte tutte le domeniche, e che quando sbagliava non si metteva a frignare scuse. Piuttosto s'immusoniva, e covava dell'altra rabbia che poi avrebbe riversato in campo. Un guerriero vero, da prendere così com'era e che mai cercò compromessi.

    E invece guardate Pellè, che si comporta da spacconcello o reagisce da ragazzino viziato, e poi chiede perdono perché così soltanto potrà riprendersi il posto in squadra. Uno che, con quel talento, ai tempi di Chinaglia (o anche molto dopo) avrebbe stentato a venire fuori dalla Serie B. Ché ricordo tempi in cui la Serie B poteva essere fatta di duelli allo spasimo fra Palermo e Catanzaro per andare in A, e che in quelle squadre c'erano due attaccanti chiamati Vito Chimenti e Massimo Palanca. Chi li ha visti giocare potrà garantirvi che Pellè, a quei due, non avrebbe nemmeno portato la borsa. Eppure, ai loro tempi, Chimenti e Palanca non sognarono mai di arrivare in Nazionale, tanti e tanto più forti erano in concorrenti per i posti d'attaccante. E invece Pellè si trova a vivere un tempo in cui la scuola calcistica italiana è talmente impoverita da ridursi a chiamare uno come lui. Preferito persino a due attaccanti (Immobile e Belotti) che invece, una volta mandati in campo, dimostrano d'essere molto più forti di lui. E anziché fare una statua al ct autore d'un così marchiano errore di scelta, cosa fa? Lo insolentisce quando finalmente quello ha un attimo di lucidità e lo richiama fuori ristabilendo un minimo di gerarchie tecniche. Penso ce ne sia abbastanza per lasciarlo tranquillo a completare l'avventura in Chinese Super League, senza continuare a stressarlo con scomodi viaggi intercontinentali.

    @pippoevai

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