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Simic: 'Il Milan è un mistero. Esordio da pelle d'oca, sarò sempre grato a Pioli e Abate'
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STORIA - “Quando ero piccolo piccolo, proprio un bambino, giocavo vicino casa e mio papà era il mio allenatore. Nell’U12 e U13 ho giocato in Serie D tedesca, alla fine dell’U13 è arrivata la chiamata dello Stoccarda e sono stato lì dall’U14 all’U17”.
CRESCIUTO IN GERMANIA - “Sono cresciuto in Germania, sono andato a scuola lì, ho fatto il mio percorso in Germania ma a casa parlo anche serbo, per i miei genitori”.
SERBIA - “Sì, ho iniziato a giocare per la Serbia U16, l’anno scorso siamo andati in Israele per l’Europeo e siamo arrivati terzi. Il mio sogno è di arrivare in nazionale maggiore, è il mio obiettivo e spero di raggiungerlo”.
STOCCARDA E CHIAMATA MILAN - “Sono stato lì quattro anni, dopo l’Europeo ero in palestra ed ascoltavo la musica al telefono e mio papà mi scrive: “Ti vuole il Milan”. L’ho chiamato, non ci credevo: “Eh sì, anche il Barcellona ed il Real Madrid”. Lui invece mi risponde che era tutto vero, che ci avevano chiamato e volevano comprarmi. Non ci credevo. Poi c’erano tutti i miei compagni intorno, dovevo far finta che non ci fosse niente (ride, ndr). Non potevo dire niente ancora. Sono stato molto contento ma anche un po’ nervoso, era un passo grandissimo in un altro paese, altra città, altra lingua. Però alla fine sono contentissimo di essere venuto qua”.
FAMIGLIA - “Ho una sorella più piccola, ha otto anni. Il mio primo mese qui l’ho passato in convitto perché i miei genitori stavano ancora cercando un appartamento vicino a Milanello. È molto importante avere qualcuno con cui parlare di persona. È molto meglio per me così”.
IMPATTO CON IL MILAN - “All’inizio vedevo tutto “grosso”, mi hanno detto che sarebbe arrivato il nuovo centro sportivo per la Primavera, se lo guardi adesso è incredibile. È grandissimo. All’inizio provavo a parlare in inglese con i compagni… A scuola ho imparato il francese ed il spagnolo, l’italiano l’ho imparato in un mese e mezzo (infatti l’intervista di Simic è in un ottimo italiano, ndr). Quando sono stato in convitto ho avuto tanto tempo libero, prima dell’allenamento e dopo, due-tre ore, ho imparato velocemente”.
ARRIVO AL MILAN - “Sì, erano state giocate già due partite. Mi ricordo che sono stato in area video 45 minuti. Non conoscevo questa cosa, in Germania non si fa così. Fai 10-15 minuti al massimo, ti fanno vedere qualcosina e basta. Qua sono stato 45 minuti nell’area video e non ho capito niente. E da lì mi sono detto che avrei dovuto imparare per capire, perché se si fa video due volte a settimana devo capire. È importante, è anche una questione di rispetto, non solo per i compagni ma anche verso la società e per il paese. Per questo dovevo imparare molto velocemente la lingua”.
ABATE - “È il numero uno, mi ha fatto vedere come si gioca a calcio qua in Italia. Molto più tattico. Mi ha preparato verso il grande passo della Prima Squadra. È grazie anche a lui che sono stato così pronto per giocare in Serie A”.
ESORDIO - “Già sapevo prima che dovevo essere prontissimo, era una situazione difficile. Mi aveva già detto il mister durante gli allenamenti in settimana di tenermi pronto. Era il ventesimo minuto quando si è infortunato Pobega, mi hanno detto di riscaldarmi. Ho fatto due corse e sono già entrato. È stata un’emozione incredibile. Quando penso alle foto, ai video, alla sensazione mi viene la pelle d’oca. È un momento per cui ho lavorato molto”.
GOL - “C’era un calcio d’angolo e io vado sempre in avanti, sono forte di testa. Quando ho visto che è arrivata la palla a Rafa mi sono detto “Dai, ci provo e vediamo cosa succede”. Come è arrivata veramente la palla l’ho buttata dentro, non ho visto e sentito niente, ho visto solo Rafa come mi abbracciava e che tutti dalla panchina sono venuti da me. Una sensazione incredibile, mi viene la pelle d’oca quando ci penso”.
CORI DEI TIFOSI - “Non l’ho sentito. Non ci credevo… Erano in 70mila, non ho sentito niente. Ho pensato solo ai miei genitori, quando ho visto la loro reazione in video mi sono emozionato anche io. Dopo in macchina quando mia mamma me l’ha raccontato ha iniziato a piangere, era molto emozionata”.
CULTURA DEL LAVORO - “Cerco sempre di arrivare due ore prima dell’allenamento di squadra, dopo l’allenamento mi fermo ancora un’ora e mezza/due ore per migliorare. La Serie A è molto fisica. Se giochi contro Olivier Giroud non è la stessa cosa di affrontare un giocatore della Primavera. Bisogna essere forti fisicamente, bisogna stare sul pezzo fisicamente e mentalmente. In palestra lavoro per diventare forte, per poter spostare poi un Giroud o un Jovic. Ci sono tante partite, si gioca ogni tre giorni…”.
ABATE E PIOLI - “Con entrambi ho un rapporto bellissimo. Con Abate ho passato più tempo, l’anno scorso sono stato quasi sempre in Primavera. Abbiamo la stessa mentalità, quando arrivo a Milanello lui è già qui che lavora, guarda i video per farci migliorare, è un grandissimo professionista. Cercavo sempre di arrivare prima di lui, quando ci sono riuscito poi gli ho detto: “Miste, dove sei? Sei in ritardo” (ride, ndr). Mi ha fatto crescere, mi ha fatto migliorare. Anche se faccio una bellissima partita mi fa notare dove sbaglio, questo mi piace, mi gasa e mi fa venire prima ad allenarmi al massimo, cercando di sfruttare ogni occasione. Con Pioli lo stesso ho un bellissimo rapporto. Ha più esperienza, però anche lui cercava sempre di migliorarmi sui dettagli, quando è arrivato il momento di esordire mi ha buttato dentro e mi ha dato fiducia. Non lo dimenticherò mai nella mia vita, sarò sempre grato a Pioli e Abate”.
RAPPORTI - “In Primavera sono amico con tutti, mi trovo bene con tutti, qualche volta usciamo tutti insieme e ci divertiamo, andiamo a mangiare insieme. Non ci sono mai problemi. In Prima Squadra mi trovo bene soprattutto con Thiaw perché è tedesco, parlo tanto con lui. Simon Kjaer è il mio mentore, cerca sempre di migliorarmi. Ha esperienza, quando vede una situazione in cui potevo fare meglio viene da me e mi dice la sua opinione. Poi sto anche con Luka Jovic, che è serbo e gioca in nazionale. Ha qualità incredibili, anche come uomo cerca sempre di aiutarmi e migliorarmi. Jovic mi vede come un fratello minore, sono molto grato anche a lui”.
IL SOGNO DEI RAGAZZI - “Il Milan per me è un mistero. Ogni giorno quando arrivo qua a Milanello vedo questo logo e chiedo a mia mamma: “Ma davvero gioco nel Milan?” (ride, ndr). Sembra tutto surreale. Ai ragazzi giovani dico solo di avere pazienza, lavorare duro e più degli altri. Mettere tutto il focus sul calcio e non perdere la testa. Certo che ci sono tante cose su cui posso migliorare, però se guardo dove sono arrivato sono molto orgoglioso del mio percorso”.