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  • Zamparini, il presidente che ha trasformato il calcio: burbero ma gentile, umano nei suoi eccessi. Con un sogno mai realizzato

    Zamparini, il presidente che ha trasformato il calcio: burbero ma gentile, umano nei suoi eccessi. Con un sogno mai realizzato

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Dybala? L'ha portato in Italia lui. Luca Toni? L’ha lanciato lui. Cavani? Sempre lui. Ilicic? E chi altri poteva scoprirlo se non Maurizio Zamparini? Tutti questi fuoriclasse hanno fatto del Palermo il loro trampolino di lancio, vale lo stesso per Fabio Grosso - diventato campione del mondo con la maglia rosanero - e per tanti altri - da Sirigu a Barzagli, da Miccoli a Pastore - che - alle dipendenze di Zamparini - hanno trovato la loro identità. Chi sia stato davvero Maurizio Zamparini - scomparso oggi a 80 anni, li aveva compiuti a giugno - non è dato a sapere, perché parliamo di un uomo complesso, con una personalità ricca di sfumature, parliamo di un presidente che ha lasciato una traccia profonda nel calcio, tanto da venire immediatamente riconosciuto anche da chi - di calcio - ne sa poco o il giusto.

    Era speciale, perché era diverso da tutti. Era unico, non replicabile. Ci teneva alla propria diversità, ne faceva un vanto. Ci giocava molto, anche. Godeva quando era davanti alle telecamere, si divertiva come un matto quando - alle assemblee di Lega - litigava con i colleghi, ma senza rancore e senza livore, così, per il gusto di farlo, perché - in fondo - Zamparini ha saputo essere meglio di molti altri un uomo che ha trasformato il calcio - anzi: il prima e il dopo della partita - in uno show. Ma dietro alla facciata dell’uomo burbero dai modi talvolta scomposti, si nascondeva invece una persona gentile.

    E’ stato il presidente del Venezia (portato in Serie A dopo la tormentatissima fusione col Mestre: aveva contro tutti ma fece anche quella volta di testa sua) e del Palermo (cui ha regalato la storica qualificazione in Coppa Uefa e in Europa League, ma anche la finale di Coppa Italia persa nel 2011 contro l'Inter), ma il suo grande sogno - mai realizzato - era di prendere l’Udinese, il club di casa, quello per cui - era nato a Sevegliano, in provincia di Udine - provava l'affetto più sincero. Stava male da qualche tempo, Maurizio Zamparini: se n’è andato all'ospedale di Ravenna dopo un ricovero nei giorni di Natale a Udine, dove aveva subito un intervento chirurgico che aveva aggravato una situazione già complicata.

    Fumantino, irritabile, smargiasso (però con ironia), spesso con i nervi a fior di pelle, Zamparini si accendeva e si spegneva a intermittenza, era capace di alzare i toni ma anche - un attimo dopo - di aprirsi in un sorriso e di silenziare la rabbia, con quella sua voce roca, simile alla carta vetrata eppure colma di calore. A voler considerare da un certo punto di vista la sua fama acclarata di «Mangia-allenatori», verrebbe da dire che Zamparini è stato un benefattore - anzi, di più: il massimo contribuente - della categoria dei tecnici italiani. La contabilità in questi casi è sempre variabile, ma si attesta sui 51 esoneri.

    Ne ha avuti tantissimi, e molti bravi, alle sue dipendenze. Da Guidolin a Del Neri, da Ventura a Prandelli, da Gasperini a Delio Rossi, da Novellino a Zaccheroni, da Ballardini a Iachini, da Gattuso a De Zerbi: molti dei tecnici più illuminati di questi ultimi venti-trent'anni li ha scoperti-lanciati proprio lui. Perché era un uomo che viveva di intuizioni, di innamoramenti che si accendono all'improvviso. Poche volte si è pentito dei suoi innumerevoli esoneri: con Pioli, per esempio, preso e cacciato nel breve volgere di un paio di settimane.

    Negli affari era imbattibile. Con i due consulenti storici - Rino Foschi e il compianto Gianni Di Marzio - litigava in continuazione, ma alla fine si faceva consigliare: si fidava della loro competenza, perché Zamparini - la competenza - sapeva riconoscerla nel mare mosso di un mondo come quello del calcio dove spesso chi alza più fumo è anche chi viene considerato più bravo. Vendette Dybala alla Juve per 40 milioni di euro, ma soffrì molto nel dover cedere Paulo: gli era affezionato, lo considerava un nuovo Sivori. Si innamorava di quei giocatori “fuori catalogo”, un altro era stato Alvaro Recoba ai tempi del Venezia: l'aveva avuto in prestito dall’Inter per sei mesi, dopo una chiacchierata con Massimo Moratti. A fine campionato - con i suoi gol e i suoi assist El Chino aveva salvato da solo il Venezia - Zamparini chiese a Moratti di lasciargli l'uruguaiano per un altro anno, ma dovette cedere, perché il presidente dell’Inter si era innamorato - pure lui, follemente - del talento purissimo di Alvaro.

    Zamparini era sposato in seconde nozze con Laura Giordani, dalla prima moglie aveva avuto quattro figli: Silvana, Greta, Andrea e Diego. E poi c’era l’amatissimo Armando - il più piccolo, chiamato con il nome del padre di Zamparini - scomparso improvvisamente lo scorso ottobre, a Londra, a soli 23 anni, fatale un’ischemia. Per Zamparini era stato un colpo durissimo, non si era più ripreso. Quindici anni a Venezia (1987-2002), altri sedici a Palermo (2002-2018) prima che alcune scivolose vicende giudiziarie lo costringessero all'uscita di scena: per più di trent’anni Maurizio Zamparini ci ha accompagnato nei sentieri del calcio, dimostrando al di là delle sfuriate e dei momenti televisivi da «Blob», di amare sinceramente il pallone. La traccia che lascia - alla fine e al netto dei soldi spesi e intascati - è proprio questa, quella di un presidente unico, diverso da tutti, viscerale e umano, anche nei suoi eccessi, perché di gente così non ce n'è più, si è perso lo stampino.

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