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    Bernardeschi: 'Inter? Sì, ho letto. Che stadio San Siro! E quel no a Ferguson...'

    Bernardeschi: 'Inter? Sì, ho letto. Che stadio San Siro! E quel no a Ferguson...'

    E' l'uomo del momento in casa Fiorentina. Ha ritrovato la via del gol, sembra essere tornato quello che incantò tutti prima a Crotone e poi in Toscana, quello che si è preso la 10 viola sulle spalle. Federico Bernardeschi, per il quale Paulo Sousa prevede un futuro roseo ma lontano da Firenze, si racconta in una lunga intervista a la Gazzetta Sportiva, partendo proprio dall'Inter, avversario di domani e, magari, sua squadra del domani, visto che la dirigenza nerazzurra lo sogna da tempo: "Il futuro nessuno lo conosce, pensiamo a lunedì. Per me  l'Inter è la stessa di quando la affrontai con i Pulcini e viste le facce spaventate dei miei compagni dissi "Non sono per forza più forti di noi, giochiamocela": volevo trasmettergli la mia emozione. Perché con l'Inter è una di quelle partite che pensi: "E' proprio bello fare questo mestiere". E a San Siro, poi: li vale tutto doppio. Il loro momento difficili? Visto da fuori un po' mi dispiaceva ma Pioli è un tipo quadrato, ne verranno fuori. Si dice che un giorno potrei essere interista? Ho letto, ma ho letto anche del Barcellona e della Juve: nel calcio quasi tutto è nuvola, solo quello che non è nuvola diventa fuoco". 

    Sulla scelta del numero 10: "Come Baggio e Antognoni? Il secondo l'ho visto solo su internet. La 10? L'idea mi ronzava in testa da un po': quando Aquilani lo lascià libero chiesi a Pasqual, Gonzalo e Borja "Lo vedreste come un gesto presuntuoso?". La risposta fu no, a quel punto zero dubbi. Mai pensato "Chissà quanto peserà" ma solo "Me lo devo meritare". E' una forza in più".

    Su Buffon, suo compagno in azzurro: "Buffon? Eh, Gigi... Dire che lo ammiro è banale, Gigi è uno da studiare: io ci provo, il problema è che poi mi sorprende sempre. La prima volta che l'ho sentito parlare mi sono detto: "Ecco, lui è uno di quelli che gli basta aprire bocca e tu non ti distrai". Con me il primo giorno a Coverciano si fece bastare una frase: "Hai solo un dovere: dare sempre il cento per cento". Il primo giorno dell'Europeo no, ne scelse qualcuna in più".

    Sul rapporto con la sua compagna Veronica Ciardi, ex concorrente del Grande Fratello: "Potevo andarci prima di Veronica, ad un Grande Fratello. Ma dissi no a "Giovani Speranze" di Mtv: a 16 anni devi poter fare le tue cazzate senza una telecamera in casa. Ma non voleva andarci neanche lei, me l'ha confessato. Non fu "Bello, vado in tv" ma solo una chance: a fare la barista o la ballerina non guadagni un granché. Quel mondo, della tv, non le appartiene: troppo falso. E io non voglio che le appartenga: siamo innamoratissimi e preferisco stia a casa con me. Lei è così, ama la vita e la gente, anche se per un po', la corteggiavo come un martello, ma non mi ha calcolato di striscio: era frenata dai suoi 8 anni in più, ma non pesano se hai la testa giusta e sai rendere felice una donna".

    Sul no a Ferguson: "Manchester United? La voce girava, ero orgoglioso, sì, ma l'idea non mi esaltava più di tanto. A Firenze stavo bene, sapevo che sarei diventato in ogni caso un calciatore e poi credo nel destino: vuole dire che la mia strada era questa. E comunque Corvino c'entra anche in questa storia, Vergine (coordinatore settore giovanile della Fiorentina, ndr) fu chiaro: "Il direttore dice che non se ne parla". Papà era d'accordo con lui, l'ultima parola fu mia e non mi sono pentito, anche se con la testa dei 22 anni e non dei 17 dico che era presto: si va all'estero se si è già calciatori, da ragazzini si deve pensare a lavorare". 

    Sui problemi cardiaci: "Non, non mi batteva più forte: sembrava si fosse ingrossato. Me la ricordo come se fosse ieri la faccia del professor Galanti, dopo la visita d'idoneità: "Fderico devi fermarti sei mesi, il tuo cuore è più grande del normale". E mi ricordo cosa feci appena arrivato a casa: spaccai a cazzoti due mobili e una porta, ma era rabbia più che depressione".

    Infine, due parole su ruolo: "C'è confusione sul mio ruolo? Che io mi senta più trequartista o esteno offensivo lo sanno pure i muri, ma se l'allenatore mi fa fare anche altro faccio due riflessioni. Una: sono cose che metto nel bagaglio, mi serviranno in futuro. Due: se me le fa fare, vuole dire che le posso fare e che si fida di me".
     

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