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  • 'Ciao, presidente': il tributo degli ultrà dell'Atalanta a Ruggeri. Il testo integrale della loro lettera a Ivan

    'Ciao, presidente': il tributo degli ultrà dell'Atalanta a Ruggeri. Il testo integrale della loro lettera a Ivan

     

    (x.j.). Uno dei momenti più toccati dei funerali di Ivan Ruggeri, che sono stati autentici funerali di popolo, si è registrato poco prima della conclusione della cerimonia religiosa, caratterizzata da un'imponente partecipazione popolare. Claudio Galimberti, il Bocia, capo storico della Curva Nord dell'Atalanta, ha ringraziato i familiari del presidente, per avergli consentito di leggere la lettera aperta a Ivan firmata dagli ultrà. Parole sincere, chiare, impregnate di affetto e di stima da chi, in passato, era stato su un fronte contrapposto, senza lesinare critiche e contestazioni anche durissime, nei confronti di Ruggeri che aveva sempre risposto per le rime. Una frattura ricucita davanti al feretro di Ivan, con un gesto da uomini. Nessun infingimento, nessuna retorica. Semplicemente, il tributo ad un bergamasco che ha fatto grande l'Atalanta, da parte dei suoi tifosi che, come lui, amano l'Atalanta. E nel nome di questo sentimento fortissimo, non hanno esitato a dirsele di santa ragionei. "Sono un branco di caproni", sbottò una volta Ivan sui ragazzi della Nord. "E tu sei il nostro capobranco", gli risposero. Ieri, sullla sua bara, il Bocia ha deposto la sciarpa della Curva. Insieme, per sempre. 

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    “L’Atalanta lè la mè!”... ”L’Atalanta siamo noi”. Si può riassumere con queste poche parole quello che era, è e sarà per sempre, il sentimento nostro e di Ivan verso l’Atalanta. Un uomo e un gruppo di persone, noi Ultras, entrambi follemente innamorati della stessa donna, l’amore della loro vita: l’Atalanta Bergamasca Calcio. 
    Un amore sincero, schietto, viscerale, morboso al punto da non riuscire ad accettare che qualcuno potesse amarla quanto noi stessi. Incapaci di superare gli steccati che entrambi mettevamo per difenderci l’uno dall’altro, per dimostrarci uno più innamorato dell’altro, uno più forte dell’altro. Steccati eretti attorno alla Dea perché convinti che l’altro poteva in qualche modo, anche se sicuramente involontario, danneggiare l’Atalanta. 


    Non perché non ci si volesse bene con Ivan, non perché non si avesse stima e rispetto reciproco. No, niente di tutto questo, gli steccati li si metteva reciprocamente perché in fondo, entrambi eravamo gelosi dell’altro. Nessuna delle due parti riusciva ad accettare che l’altra potesse fare qualcosa, ogni tanto, meglio di lui, per il bene della Dea. Sempre pronti reciprocamente a fare carte false per mettere in difficoltà il “rivale” non appena questo commetteva un errore. Poco importa se l’errore era piccolo o grosso, grave o veniale. Sempre restii a riconoscere anche il più piccolo merito all’altro, anche il più insignificante. 
    Separati ma vicini, sempre. Un rapporto difficile ma franco, onesto, leale. Anche negli scontri dialettici accesi, sembrerà strano, ma Ivan e gli Ultras dell’Atalanta, sono sempre andati a braccetto, uno a fianco dell’altro per difendere il proprio amore, per non permettere che l’altro potesse avvantaggiarsi. “Gli ultras sono un branco di caproni” dichiarò un giorno. “Ruggeri Capobranco” fu lo striscione che lo accolse la domenica successiva. Anche li, nello scontro, stavamo insieme noi ed Ivan. 


    Negli anni della sua Presidenza lo abbiamo contestato spesso, usando toni e modi a volte al di sopra delle righe. Le contestazioni nei suoi confronti hanno sempre riguardato il suo ruolo di Presidente, mai l’uomo Ivan, per il quale nutrivamo un profondo rispetto. Solo chi è al corrente delle innumerevoli volte in cui ci si è confronti, può conoscere certi dettagli e sfumature. Potremmo fare mille esempi ma ci si perderebbe nei rivoli della retorica. 


    Modi forti per contestarlo, necessari, perché Ivan era un uomo forte. Forte nei valori, forte nei sentimenti, forte nella tenacia di andare avanti anche contro tutto e tutti perché convinto della bontà delle sue idee. E se devi battagliare contro un uomo forte, devi essere più forte di lui. 
    E dopo ogni battaglia, tanto più ci si allontanava per la visione diversa che si aveva su determinate questioni, tanto si cercava a turno di riavvicinarsi, quasi che si, dovevamo discutere, scontrarci, allontanarci, ma non troppo. Perché in fondo entrambi avevamo bisogno della presenza dell’altro.


    Un bergamasco vero Ivan, chiuso, introverso, ma solo all’apparenza. Un’apparenza che gli serviva per mascherare quella che di fondo era la tua timidezza. Il suo apparire burbero era una sorta di corazza che gli permetteva di battagliare su tutti i fronti della vita, sentendosi protetto. Perché se era protetto lui, allora lo erano la sua famiglia, i suoi affetti, la sua Atalanta. 


    Si, l’Atalanta in realtà era anche sua, forse soprattutto sua, per il significato possessivo che lui era solito attribuire all’aggettivo “sua”. Ma ammetterlo allora sarebbe stato dargli un vantaggio. E poi chissà, forse era talmente testone che se ci fossimo lasciati scappare qualche volta che si, forse aveva ragione, probabilmente ci avrebbe detto “e però po’ a ötèr à ghì mia pròpe töc i törc”. 


    Bergamo, quella Bergamo che lui disse una volta “non mi ha mai amato e capirà quanto bene ho fatto per l’Atalanta solo quando non ci sarò più”, non ha fatto mancare ricordi, testimonianze, manifestazioni di affetto e vicinanza alla famiglia di Ivan. 


    A loro, alla sua famiglia, va il nostro pensiero più caro. In momenti come questi è difficile, per quanto ci si sforzi, riuscire a trovare la serenità necessaria per affrontare una prova della vita tanto dolorosa. Anzi, forse è proprio impossibile riuscire ad essere sereni. Ed allora che la pace possa avvolgere completamente la Sig.ra Daniela, Francesca ed Alessandro. Che trovino nella pace interiore la forza per affrontare questo momento, sicuri che Ivan da lassù continuerà a vegliare su di loro proteggendoli da tutto e da tutti come ha sempre fatto nella sua vita. 


    A te Ivan, chiediamo di dare un saluto ai nostri tanti amici che ti hanno preceduto e non te la prendere se, mentre ripeterai come sempre facevi “L’Atalanta lè la mè” , da dietro sentirai qualcuno dire “l’Atalanta siamo noi”. Ciao crapù.

    Curva Nord Atalanta

     

     

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