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  • Juve, 50 punti sul campo: non è l'anti-Napoli, ma è seconda

    Juve, 50 punti sul campo: non è l'anti-Napoli, ma è seconda

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Dovevamo arrivare alla ventiquattresima giornata per scoprire che sul campo c’è un’unica anti-Napoli, si trova a quindici punti dalla capolista e, però, può correre, in pura ipotesi, al massimo per l’Europa League. L’anti-Napoli vera - ormai l’hanno capito tutti - è la Juventus di Massimiliano Allegri, zavorrata dei 15 punti di penalizzazione, seriamente pronosticata di essere ancora punita, chissà, addirittura con la retrocessione. Tuttavia vale e pesa in termini di punti più di Inter e Milan (che sono a meno tre), più della Lazio (meno cinque), più degl’ignominiosa Roma battuta a Cremona (meno sei), più dell’Atalanta (meno nove).

    Anzi, pur dando per buono che i quindici punti non verranno restituiti al club bianconero dal Collegio di Garanzia del Coni, viene da chiedersi se la prossima punizione “afflittiva” (ovvero che la priverà di un diritto acquisito sul campo, per esempio di partecipare all’Europa di mezzo), sarà quella di spingerla fuori dalle Coppe Europee di seconda e terza fascia o qualcos’altro, magari un deja vu di questi mesi. Tradotto in calcoli: i punti che separano la Juve dal quarto posto, occupato dalla Lazio, sono dieci. Siamo proprio sicuri che con l’andamento lento e poco incline alla costanza di chi la precede, il divario non sia colmabile?

    Il dato di fatto incontestabile è uno: la Juventus è la seconda forza del campionato, il primo avversario del Napoli che ha già vinto lo scudetto, ma sarebbe quantomeno imbarazzante per i giudici della giustizia domestica (rigorosamente in minuscolo) dover irrogare pene a seconda dei punti fatti, magari anche in spregio al caposaldo giuridico del “ne bis in idem” (non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato).

    L’esito del derby (4-2) è conosciuto da tutti. Non altrettanto la qualità della tenzone: eccedente, rutilante, calda, appassionata e avvincente. Hanno vinto i più forti perché Allegri non ha sbagliato una mossa. Né la prima (che sembrava un azzardo) di schierare l’argentino Barrenechea (2001) al posto della squalificato Locatelli (in panchina, ormai per sempre, Paredes), né le seconde. Ovvero di inserire De Sciglio per Cuadrado, Chiesa per Di Maria e Pogba per Barrenechea quando mancano poco più di venti minuti alla fine. Dei tre sostituiti, il peggiore, questa volta, era stato Di Maria che di buono ha solo battuto il calcio d’angolo per il secondo pareggio di Danilo. Poi ha perso palloni, sbagliato passaggi e mai rincorso avversari concedendo la ripartenza di pericolosi contropiede. Cuadrado, invece, aveva realizzato il primo pareggio, su grande assist di Kostic e lavorato bene in fascia. Barrenechea, oltre a essere la prova provata che adesso Allegri ha capito di doversi arrangiare con i giovani e di non temere il contraccolpo, ha giocato una partita sufficiente anche in considerazione che si trattava di un esordiente asooluto. E farlo nel derby non è cosa di poco conto.

    Il Torino ha cominciato meglio perché più aggressivo e più veloce. Il gol, dopo appena 1’32” (Karamoh, sottomisura, su colpo di testa di Singo da angolo), gli ha dato fiducia e aumentato l’autostima. Alla fine del primo tempo, il possesso palla dei granata era del 62 per cento, frutto di un palleggio preciso e intenso. La Juve difficilmente ne sarebbe venuta a capo se se Kostic (15’) non avesse inventato una rapida solitaria sulla sinistra e non avesse crossato per la conclusione di Cuadrado.
    Ciononostante il Torino ha avuto due meriti: quella di giocarsela sempre da padrone (parlo del primo tempo) e, di conseguenza, di raccogliere un’altra occasione (strepitoso Szczesny su deviazione di testa di Sanabria) e di passare di nuovo in vantaggio: cross di Ilic e anticipo di giustezza di Sanabria ai danni di Bremer.

    Solo una Juve disperata ha trovato il pareggio al 46’ (zuccata di Danilo da angolo di Di Maria) e questo le ha consentito di cominciare la ripresa con un altro spirito. Infatti ad un tiro a giro di Miranchuk, i bianconeri hanno replicato con una traversa di Vlahovic (assist di Fagioli) pareggiata, peraltro da un altro legno di Linetty, su errato disimpegno di Alex Sandro.

    Dai cambi la svolta: Allegri azzeccava tutto, Juric andava in confusione prima immettendo Radonjic per Karamoh e togliendolo quindici minuti dopo per far entrare Seck. Non basta dire che il giocatore non ha capito. Bisogna anche chiedersi se gli sono state spiegate le cose giuste. Tempo quattro minuti dall’ingresso di Chiesa che, questi, crossava per la testa di Bremer (gol del 3-2). Poi, per fallo su Pogba, Kostic batteva una punizione che, dopo aver attraversato l’area, è andata a spegnersi sul secondo palo. La palla la toccava Bremer, ma il tocco finale era di Rabiot. Consulto del Var e gol convalidato. Derby ancora alla Juve. Senza polemiche. Tranne, ovviamente, per quindici punti che non ci sono più.      


     

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