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  • Verratti:|'Juve? Resto al PSG'

    Verratti:|'Juve? Resto al PSG'

    Gioca come un vecchio. E’ l’apprezzamento più bello che una volpe dello scouting o un allenatore possa fare a un giovane talento. Il significato è chiaro: la freschezza atletica in un ragazzo è naturale. Speciale invece è il carattere già formato, la capacità di stare in campocome se avesse anni d’esperienza alle spalle, la forza di non emozionarsi. Marco Verratti è così: a soli 20 anni, gioca come un vecchio. Lo ha dimostrato col Psg al Camp Nou, dove è stato uno dei migliori in campo. Contro i marziani del Barcellona e in un quarto di finale di Champions. Lui, che solo un anno fa giocava in serie B. Verrattino studia da fenomeno, e purtroppo lo fa all’estero. Ma chissà mai che possa tornare.


    Verratti, nemmeno un pizzico d’emozione al camp Nou?
    «No, emozione no. Felicità sì. Tanta. Felicissimo di giocare una sfida di così alto livello. E’ il sogno di ogni bambino. Eppoi avevo davanti 5-6 miei modelli. Xavi è quello al quale vorrei assomigliare».

    Serie B o Champions, per lei è lo stesso. A un certo punto ha fatto un disimpegno in pallonetto vicino all’area. A Iniesta, mica a pinco pallo. Come fa a essere così freddo alla sua età?
    «Sarà banale, ma il mio segreto è che il pallone per me è solo divertimento, mai paura. E a questi livelli mi diverto ancora di più. Forse non mi rendo bene conto del salto che ho fatto, di dove sto giocando. Ma io il calcio lo vedo così. Volevo dimostrare di essere all’altezza e ho giocato bene, come tutti del resto. Ringrazio i miei compagni dell’aiuto».

    C’è mancato poco all’impresa eh?
    «Pochissimo. Il risultato è stato in bilico fino all’ultimo. Abbiamo disputato due bellissime partite. Ci è rimasto un po’ d’amaro in bocca. Masiamo una squadra ancora giovane. Uscire senza perdere contro i più forti del mondo non dico che ci renda felici, ma soddisfatti sì. Nello spogliatoio il clima non era dei più belli, ma eravamo consapevoli di aver dato il massimo. Ancelotti ha sintetizzato bene lo stato d’animo: "Non possiamo essere contenti, ma orgogliosi di aver fatto soffrire il Barça sì"».

    Galeotto fu Messi. E il Psg si è spaventato?
    «No. Non è stata questione d’insicurezza. La sua velocità è stata determinante. Lui ti punta e riesce sempre a saltarti. Leo fa la differenza da solo».

    E nel Psg chi ti ha impressionato di più?
    «Dire Ibra sarà banale, ma non pensavo fosse così forte: tecnica e fisico da paura, personalità da vendere. E poi c’è Lucas: è una freccia dai piedi dolcissimi. Da quando è arrivato, in allenamento non sono ancora riuscito a fermarlo una volta».

    Insomma, Disneyland Paris...
    «Quando sono arrivato, non avrei mai immaginato di trovarmi così bene. I compagni mi hanno messo subito a mio agio. Sono felice e orgoglioso di far parte di una squadra che ha come progetto di diventare una delle più forti d’Europa».

    Con chi ha legato di più?
    «Sto spesso con Lavezzi, che abito vicino a me. Poi con Thiago Motta, Pastore e Sirigu. La colonia "italiana" mi ha aiutato molto. Organizziamo cene in casa. A Lavezzi piace cucinare l’asado per noi. Io ricambio con pasta all’abruzzese».

    A proposito d’Italia, tornano le voci di un interessamento della Juventus che già la voleva. Che ne dice?
    «Che il fatto che una grande come la Juve mi cerchi mi rende molto orgoglioso. Ma, ripeto, io qui sto benissimo e non ho intenzione di cambiare, almeno fino a quando il Psg mi ritiene parte del grande progetto. Certo, se dovessi andarmene mi piacerebbe rientrare in Italia in una grande, come la Juve ma anche il Milan o l’Inter. Anche se sono e resto, tifoso del mio Pescara, la Juve è la squadra per cui simpatizzavo da bambino. Del Piero era il mio idolo».

    Alla Juve troverebbe Conte. Da Zeman ad Ancelotti, di maestro in maestro...
    «E’ stato una grande fortuna averli come tecnici. Due grandissimi allenatori che mi hanno fatto crescere molto. Zeman mi ha dato la possibilità di arrivare qui. E Ancelotti mi concede una grande fiducia. Già il fatto di giocare spesso al posto di uno del calibro di Beckham mi fa sentire molto considerato».

    Differenze analogie tra i due?
    «Beh, sia a Zeman che ad Ancelotti piace giocare bene al calcio. Maper il resto sono molto diversi. Il mio attuale allenatore è un mago a leggere le partite. Basta vedere come abbiamo giocato contro il Barcellona. Zeman invece preferisce non pensare agli avversari e imporre sempre il suo gioco».

    Ultimo capitolo, la nazionale. Preferirebbe l’Europeo con l’Under o la Confederations con Prandelli?
    «Sarei un falso se dicessi Under. La prima scelta è la Confederations. Ma all’Under ci andrei con una grande voglia, perché l’Europeo è importante e penso che possiamo vincerlo». L’anno che Verratti...


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