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  • 101 motivi per tifare il Napoli, e sono pochi

    101 motivi per tifare il Napoli, e sono pochi

    Non m’era venuto subito in mente, ho capito d’essere entrato a far parte di un gruppo in cui ci sono Marilyn Monroe e Careca. Sì, va be’, pure Mago Zurlì. Da alcuni giorni vado in giro anch’io con lo pseudonimo. Pietro Valentino. Credo non importi a nessuno, ma se qualcuno si chiedesse perché proprio Pietro e perché proprio Valentino, ho la risposta: non lo so, non ne ho idea. Ma so per certo che si tratta del nome e del cognome che mi sono venuti in mente nei pochi secondi che avevo a disposizione per sceglierli. Così, li ho usati come firma di un libro che mi ha impegnato e divertito. “101 motivi per tifare il Napoli”, ed. Newton Compton. Un libro che è una storia, soprattutto una storia emotiva. Si parla del Napoli, e non si sfugge all’obbligo di parlare di Napoli. Perché sia chiaro: non esiste un’altra città che sia materia viva, sostanza del proprio calcio, come lo è Napoli. E non datemi del fesso campanilista. Non parlo della forza delle passioni, quelle ce le hanno napoletani, foggiani, astigiani, pechinesi (cani o cittadini, fate voi). E so che ciascuno resta convinto di averne più degli altri. Confesso di restare sempre impressionato, per esempio, dall’accanimento ossessivo con cui i romani – romanisti e laziali – riescono a parlare di calcio. O del coinvolgimento tenacissimo con cui fiorentini e genovesi sono devoti alle proprie squadre. Dunque, non starò qui a giocherellare con la storia sciocchina di una napoletanità più appassionata e più autentica. Però seguitemi un istante: quando il mondo intero pensa a uno scudetto del Napoli (e per fortuna è successo) non pensa soprattutto alla città, ai vicoli, ai tric trac, al ciuccio, agli scugnizzi e ai femmenielli in festa ai quartieri spagnoli? Per anni mi sono occupato del Napoli per lavoro. Non da mezz’ala, da cronista. Il mio giornale non aveva sede a Napoli, e ad ogni vittoria di rilievo – diciamo un buon 2-1 casalingo su Milan o Juve – scattava la richiesta seguente: “Vogliamo il pezzo sulla partita, e poi uno sulla festa al San Paolo e poi anche uno sui festeggiamenti in città”. Non voglio definirla una condanna. Ma il concetto è: siamo napoletani? E allora quando il Napoli vince dobbiamo festeggiare. Mica come gli altri, di più, molto di più, col ciuccio e il putipù, coi pulcinella unti di pizza e le vaiasse che sfilano in corteo per via Toledo. Vi risulta che una vittoria del Brescia, dell’Ascoli o dell’Inter abbia queste attese? No, loro mandano alcuni volontari a far due tuffi nelle fontane del centro, tutti gli altri tornano a casa a vedersi i gol e le moviole. Noi non possiamo. Sei napoletano? No, tu a casa non ci torni, scordatelo. Devi ballare la tarantella in strada per una settimana, poi ti tocca far uscire un pennacchio azzurro dal Vesuvio, mettere al mondo figli e chiamarli Diego Armando o Ezequiel (e sì, ci aggiorniamo) e poi devi dipingere vie e palazzi – come già auspicava Cocciante – cantando Oi vita, oi vita mia.

    Quando m’hanno chiesto: “I motivi da inserire nel volume devono essere 101” credevo di essermi cacciato in un guaio. 101? E quando li trovo 101? Li ho trovati, invece, e poi mi sono accorto che li avrei trovati pure se me ne avessero chiesti 201 o 301. Ecco perché dico che quella di questo libro è una storia emotiva. Perché ci sono i fatti che devono entrare in una storia del Napoli, e in più c’è quel che i napoletani hanno sentito dentro, ciò per cui hanno pianto e hanno riso, per cui hanno provato un brivido: a volte d’invidia, altre volte di rabbia, altre ancora di orgoglio. La sfilata delle vicende e dei sentimenti è venuta fuori con l’aiuto indispensabile di due amici: Lello Aprea e Carlo Di Carluccio. Grazie a loro, ho messo in banca ricordi ed emozioni, ricerche e piccole illuminazioni. Con loro ho spesso litigato e talvolta finto di andar d’accordo, ma solo quando si sono piegati alle mie idee.
    Quando ci si imbatte in un elenco, non si resiste alla tentazione di scovare quel che non c’è. Bene, io sono uno pseudonimo e approfitto di questo mio inspiegato e (un po’) vezzoso anonimato per far qualcosa di inedito: segnalo ciò che manca, e che poteva essere il motivo 102, il 103… Un capitolo su Daniel Fonseca, ad esempio, citato comunque più d’una volta; uno su Gianni Improta e Enzo Montefusco, i napoletanissimi del Napoli. Potevano essercene su mille altri calciatori e anche dirigenti (Roberto Fiore, Dino Celentano, tanti altri), allenatori (Chiappella, Marchesi, Di Marzio, tantissimi altri). Tutti ovviamente appaiono. Io un capitolo l’avrei dedicato anche a Criscimanni, mia personalissima ossessione del tempo che fu, ma poi ho scelto la via della purezza e ho resistito al cedimento privato.
    Ho attraversato 85 anni di una storia fatta di poche vittorie. Dunque, non potevo – né dovevo – nascondere le sconfitte. “Più ancora che saper vincere – ho sentito dire spesso – è difficile sapere perdere”. Fosse vero, saremmo sicuri che qui a Napoli la parte più dura l’abbiamo già passata. In fondo questo m’ha fornito un privilegio. Anche raccontare le tante sconfitte ha avuto un sapore dolce. Fatti e personaggi di questa storia, pure i perdenti, avevano addosso la maglietta azzurra. E’ stato impossibile non perdonarli.

    Pietro Valentino.
    Ed eccoli i miei 101 perché
    Perché “Maradona è meglio e Pelé” diventò presto una canzone
    Perché ci vuole coraggio a scegliere il ciuccio come mascotte
    Perché  “Giulietta è una zoccola” è lo striscione più geniale della storia
    Perché il gol più bello della storia l’ha firmato Diego
    Perché De Laurentiis è un’ottima scusa per andare a vedere il cinepanettone
    Perché Ghirelli e Brera combattevano sui giornali la sfida Sud-Nord
    Perché il San Paolo urlava a Bagni: “Salvatore picchia”
    Perché abbiamo saputo amare anche Vendrame: il poeta calciatore
    Perché Josè Altafini non è soltanto “core ngrato”
    Perché quel pallonetto di testa era la grande rivincita
    Perché le lacrime di Berlusconi si vendevano solo a Napoli
    Perché l’esplosione del “porompompero” faceva tremare tutta Fuorigrotta
    Perché Attila Sallustro, il primo campionissimo azzurro, decise di sposarsi a Napoli
    Perché nella nostra prateria correva un Cavallo Pazzo
    Perché Ottavio Bianchi fu prima il sindacalista dello spogliatoio, poi allenatore dei sogni
    Perché Napoli non avrebbe mai fischiato l’inno di una Nazionale
    Perché Troisi rese indimenticabile la notte dello scudetto in Rai
    Perché Bruscolotti fu un capitano anche quando rinmunciò alla fascia
    Perché Pesaola aveva il cappotto che portava fortuna
    Perché capimmo in fretta che Giacomini aveva il cappotto che portava male
    Perché Ferlaino era il più dritto di tutti
    Perché se non c’eravate al primo scudetto “Ua’, che ve sit’ perz’”
    Perché contro il Real Madrid abbiamo visto i 44′ più belli di sempre
    Perché Sivori ci fece credere che non si sarebbe mai più visto un argentino così
    Per la memoria del mitico Ascarelli, prima un presidente e poi uno stadio
    Perché nei film in cui c’è una partita, il Napoli non manca mai
    Perché i 2 miliardi di Beppe Savoldi scandalizzarono il mondo del calcio
    Perché senza monetina lo scudetto della monetina sarebbe arrivato comunque
    Perché lo stadio adorava Krol e lui ringraziava sempre con un bacio
    Perché anche gli intellettuali del Te Diegum andavano in curva
    Perché a Maradona abbiamo già intitolato una strada
    Perché il calcio totale in Italia l’abbiamo ammirato grazie a Vinicio
    Perché secondo Luigi Necco se “Milano chiama, Napoli risponde”
    Perché il fantastico Careca in campo tirava le bombe
    Perché il povero Giuliani è un ricordo che resterà per sempre
    Perché De Laurentiis vuol fare anche del Napoli una squadra da Oscar
    Perché Gianni Castelluccio è stato la prima voce di colore azzurro
    Perché quel giorno andarono tutti a fischiare Paolo Rossi
    Perché noi eravamo già soddisfatti dopo i sei palleggi nel giorno della presentazione
    Perché abbiamo applaudito anche la sconfitta più dolorosa
    Perché la nostra Uefa valeva più di una Coppa dei Campioni
    Perché “Didì Vavà e Pelé site a ‘uallera ‘e Cané”
    Perché il gentiluomo Monzeglio ci portò tra le grandi
    Perché possiamo cantare tutti in coro “Oi vita, oi vita mia”
    Perché il Napoli unisce la città patrizia e la città plebea
    Perché Totonno Juliano andava in Nazionale e l’hanno fatto Cavaliere
    Perché per due ore puoi diventare “quel ragazzo della curva B”
    Perché Hamsik è il talento che il mondo ci invidia
    Perché in serie C, contro il Cittadella, eravamo in 50.000
    Perché Maradona umiliava i portieri anche da 40 metri
    Perché la maglietta del Napoli la compri pure a 10 euro
    Perché il prossimo che ci tocca fischiare è Quagliarella
    Perché Filippi – Castellini – Krol: in tre anni tre Guerin d’oro
    Perché quel giorno in casa del Genoa siamo tornati a vivere
    Perché Maradona, il più grande di tutti i tempi, l’abbiamo avuto solo noi
    Perché se non tifi Napoli di cosa parli dal barbiere?
    Perché in trasferta ci regalano le saponette
    Perché abbiamo avuto pochi scudetti ma tanti caroselli in città
    Perché la partita mi piace vederla in piedi
    Perché l’ultima rimonta contro la Juve è già nella storia
    Perché per Sport Sud ogni fuoriclasse è stato nostro per almeno un giorno
    Perché abbiamo vinto lo scudetto ecologico: “Allo stadio tutti a piedi”
    Perché il Pocho è l’ultimo eroe del lungo romanzo argentino
    Perché abbiamo avuto La Paz, il ribelle nero
    Perché un capitano Campione del Mondo e Pallone d’oro è nato qui
    Perché alla fine tra noi e i dorados Maradona scelse noi
    Perché noi lo sentivamo che c’era il grande complotto
    Perché il supereroe del primo scudetto si chiamava Garellik
    Perché da noi Sky costava un po’ meno
    Perché pure in serie C eliminanno la Juve dalla Coppa Italia
    Perché il Napoli ce l’hanno raccontato i più grandi maestri del giornalismo
    Perché se sei emigrante le vittorie valgono il doppio
    Perché un giorno nacque la Ma-Gi-Ca, il trio meraviglioso
    Perché è bello accanirsi sui napoletani che tifano Juve o Inter
    Perché i napoletani famosi sono tutti al nostro fianco
    Perché Vinicio era un leone che sapeva ruggire
    Perché apparteniamo a un esercito di sei milioni
    Perché abbiamo subito spiegato a Montezemolo che il calcio non è la Formula 1
    Perché quel piccolo grande uomo di nome Iuliano durò più di Ferlaino
    Perché guardavamo in tv “Tutto il calcio patuto per patuto”, il quiz dei tifosi
    Perché Maradona “vene, nun vene, vene”
    Perché Zoff è rimasto un po’ anche nostro
    Perché noi i cugini del derby non li abbiamo
    Perché il San Paolo era lo stadio più grande d’Italia
    Perché per una notte “birillo” Orlandini doveva annullare il grande Cruijff
    Perché guai a cambiare l’azzurro della maglietta
    Perché dopo il gol Di Canio mostrò i muscoli e il tatuaggio
    Perché Napoli ha vinto il mondiale dell’86 con Carmando e Maradona
    Perché le partite del Napoli si vendono in tutto il mondo
    Perché il comandante Lauro voleva voti ma metteva soldi
    Perché a noi lo scudetto di Moggi ce l’hanno lasciato
    Perché Jeppson era più prezioso di un diamante
    Perché Musella lo sprecò, ma aveva il talento di un fuoriclasse
    Perché in Coppa Italia abbiamo un record che si può solo eguagliare
    Perché Mazzarri ha ridato la carica
    Perché da queste parti il buon esempio l’hanno dato i giovani
    Perché Italo Allodi fu il grande stratega dei trionfi
    Perché avevamo Blanc e Cruz, difensori che segnavano
    Perché dov’era Ciro Ferrara c’erano scudetti e coppe
    Perché la scaramanzia non è mai troppa
    Perché se non c’è due senza tre, il prossimo è vicino
     


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