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  • Al Milan manca un progetto: serve Rangnick, non Ibrahimovic

    Al Milan manca un progetto: serve Rangnick, non Ibrahimovic

    • Luca Bedogni
      Luca Bedogni
    Il coraggio di fare a meno di Ibra, il coraggio della coerenza, il coraggio di non cedere ai mal di pancia dei tifosi; il coraggio di non parlare più di DNA rossonero (o per lo meno di non strumentalizzarlo), il coraggio di affidarsi a un modello straniero di comprovato successo e competenza senza dar fiato ogni volta alle trombette dei “però in Italia è un’altra cosa” e tutte quelle vanità al ribasso che più ci inorgogliscono e differenziano più ci affossano e distanziano dall’élite del calcio europeo. Tutto questo è ciò che continuerebbe a mancare al Milan, qualora saltasse l’operazione Ralf Rangnick.    
     
    O IBRA O RANGNICK - So anch’io che Zlatan è un dio del calcio, per carità. Sono il suo primo estimatore. Ma nella stagione in corso (?) non si può ignorare la funzione che ha ricoperto. Più che un dio è stato un espediente scenico, un deus ex machina, una divinità apparsa all’improvviso per risolvere una trama incagliatasi e spezzatasi significativamente il 22 dicembre, nel 5-0 di Bergamo. Quando il Milan si scontrò contro un progetto. Il succo della stagione 19/20 è quello, e un’analisi seria ci impone di mettere tra parentesi, nel calcio contemporaneo come nella tragedia greca, l’utilizzo di convenzioni drammaturgiche atte a smorzare in qualche modo la portata dell’irreparabile. Per farla breve, il Milan adesso è di fronte a un aut aut: o Ibra o Rangnick. Ibra è la risultante imbiancata di una serie infinita di tristi compromessi, Ralf è purissima vision. Fondamentalmente sono incompatibili. Cerchiamo di capire perché.

    Al Milan manca un progetto: serve Rangnick, non Ibrahimovic

    Come potrebbe lo svedese rimanere al centro dell’attacco di Rangnick? Non è questione di modulo, giacché il tecnico di Backnang solitamente gioca con un 4-4-2. È che Ibra non potrebbe sostenere il ritmo di una squadra del tedesco. Il pressing ossessivo e sistematico è difatti centrale nella filosofia di Rangnick. Le pause non sono concesse a nessuno, e men che meno a un attaccante. In queste immagini tratte dal primo tempo di Inter-Milan, è abbastanza evidente l’influsso di Ibra sulla scelta strategica di Pioli. L’Inter ha libertà di palleggio coi tre dietro. I rossoneri, pur disponendo di due ali aggressive come Rebic e Castillejo, attendono, col trequartista del 4-2-3-1 e i mediani vigili sui centrocampisti di Conte. Ibra non esce mai ad attaccare il pallone.  

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    Solo quando viene cercato Brozovic si attiva una pressione parziale, a cui Ibra decide se partecipare o meno. Ma guardate dov’è Rebic, l’esterno lato debole del Milan. Distante, preoccupato in diagonale dall’ampiezza di Candreva (fuori inquadratura). E non c’è nessuno pronto a uscire su Young, nel caso Brozo faccia una sponda laterale tagliando fuori Castillejo.

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    Ma il croato va incontro e fa muro, Skriniar così torna dal portiere, mentre Ibra cammina. Lui può. 

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    Il problema è che nel giro-palla Padelli, pressato dalla zelante ala spagnola, pesca comodamente Godin, sul quale tocca uscire ovviamente a Rebic, che per la diagonale di prima si trova lontanissimo. Ibra in tutto ciò non s’è quasi mosso, e al Milan di Pioli sta(va) bene così. Mica è sbagliato. Ma se in panchina sedesse Rangnick?

    Al Milan manca un progetto: serve Rangnick, non Ibrahimovic

    L’ATTACCO DI RANGNICK - Prendiamo l’ultima di Rangnick da allenatore del Lipsia, la finale di Coppa di Germania del 25 maggio 2019, contro il Bayern Monaco di Niko Kovac.  I tori rossi giocano con due punte (4-4-2), Timo Werner e Yussuf Poulsen. Sono entrambi giocatori dinamici, ma è senz’altro il danese il più centravanti dei due. Ebbene, ecco cosa chiede a un attaccante il Professore: appena persa palla, riaggressione immediata ovunque e comunque. Gli ormai famosi 8 secondi. Qui sotto Alcantara sporca il pallone di Poulsen in direzione Hummels. Notate la posizione delle ali Forsberg e Sabitzer. Sono strettissime. C’è grande densità.

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    Nondimeno il difensore centrale del Bayern trova con un passaggio diagonale una debolezza. Coman è solo. Mentre Kampl (mediano) e Poulsen (centravanti) scivolano forte su di lui, il terzino Halstenberg ripiega. Ma anche Forsberg si attiva.

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    Coman finisce immediatamente in una pericolosissima morsa, non può girarsi. Halstenberg, il terzino, si ferma guardingo all’altezza dell’altro mediano (Adams). Il francese ne ha già tre addosso e scarica dietro per Kimmich, che di prima appoggia il pallone a Süle. Poulsen si fionda su di lui, Forsberg su Kimmich.  

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    Ma oltre a Poulsen (questo dovrebbe fare Ibra con Rangnick per 90’) che impedisce a Süle di ragionare, guardate l’ala opposta a Forsberg, ossia Sabitzer come accorcia forte sull’interno del Bayern Martinez. Pressing e gegenpressing non consentono anelli deboli. Solo la collaborazione conta, solo la coordinazione esatta.

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    CORTI CORTI, STRETTI STRETTI – Ancor più del Lipsia di quest’anno, allenato da Nagelsmann, quello di Rangnick impressionava per il pressing furioso e ostinato. Per le misure estreme che metteva in campo. Ecco un’altra riaggressione, stavolta non al centro ma lungo il fallo laterale. I ruoli saltano per aria. Le due punte sono coinvolte anche qui, non se ne stanno al centro dell’attacco ad attendere il pallone decisivo. La posizione di Forsberg è ancora significativa: si trova ben al di qua dell’asse centrale del campo.

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    Alaba riesce tuttavia a disegnare una traccia per Müller, ma il trequartista tedesco viene distrutto dalla pressione fortissima di Kampl. Il pallone tuttavia passa comunque.  

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    E quando giunge a Lewandowski andato incontro, questo è il comportamento della linea del Lipsia.

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    Konate e Orban sono i centrali difensivi, Halstenberg mette in fuorigioco Gnabry mentre Klostermann il terzino opposto scappa con Coman. Kampl è pronto a raddoppiare sul centravanti avversario. Corti corti, stretti stretti, così li vuole Rangnick, che è un ammiratore convinto di Arrigo Sacchi. A proposito di DNA… e di Ibrahimovic!


     

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