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  • Santacroce a CM: 'Io napoletano vero, sarà felice Feltri. Con Cavani e Lavezzi bastava lanciare. Futuro a Napoli...'

    Santacroce a CM: 'Io napoletano vero, sarà felice Feltri. Con Cavani e Lavezzi bastava lanciare. Futuro a Napoli...'

    • Giovanni Annunziata
    Oggi in diretta su Instagram con Calciomercato.com è intervenuto Fabiano Santacroce, difensore ex Napoli (tra le tante) ed attualmente alla Virtus Verona. Queste le sue parole:

    LA QUARANTENA - "A Verona ero solo. Ora a Napoli va meglio, mi sto dilettando a giocare con le barbie con le mie bambine. Sicuramente è meglio, perché erano 40 giorni che non le vedevo e mi mancavano un sacco. Poi passare tutto questo tempo da soli, senza gli affetti, è ancora più dura. Già lo è di per sé".

    VERONA - "Si respirava la stessa aria. A parte le zone più colpite in Italia la situazione è la stessa bene o male. Il mio pensiero va verso Milano, Brescia, Bergamo, che stanno vivendo qualcosa di ancora più drammatico".

    ORA A NAPOLI - "Mi continuo ad allenare. Magari nell'allenamento ci sono più pause, con una bimba sul collo, l'altra sugli addominali. È più complicato, ma cerco sempre di allenarmi perché molto probabilmente si dovrebbe ripartire prima o poi".

    LA STAGIONE - "Riprenderà perché si deve pensare sicuramente al fattore economico. Molte squadre non stanno sicuramente in un momento florido. Basta guardare la Serie A: penso che i bilanci attivi li abbiano 7-8 squadre, il resto tutte che rischiano. Di conseguenza non penso che ci si fermi".

    SERIE C - "Il mio pensiero va al dopo. Con la burocrazia italiana riuscire a capire chi deve salire, chi deve scendere non è semplice. Sarebbe molto complicato anche fermarlo. Magari meno complicato farlo continuare prendendo provvedimenti, senza gente sugli spalti".

    FALLIMENTO - "Possono e sono fallite tante società. Io avevo smesso di giocare a calcio, poi l'anno scorso ho ripreso con il Cuneo. Da gennaio hanno smesso di pagarci e già da lì ho iniziato a capire la dimensione perché con i punti che abbiamo fatto avremmo dovuto disputare i play-off invece siamo retrocessi perché ci hanno tolto tutti i punti causa mancati pagamenti. Problemi di questo tipo quindi ce ne sono già senza Covid. Chissà con quest'emergenza quindi cosa potrà accadere".

    DIFFERENZA TRA CATEGORIE - "La differenza è tanta sicuramente sotto il punto di vista della professionalità. In Serie A hai tutto a disposizione, devi solo pensare ad allenarti e pensano loro a tutto. Quindi mentalmente sei molto più libero nel fare solo quello. In campo la grossa diversità è nella velocità di pensiero: un giocatore di A appena arriva la palla ha già visto il movimento di un compagno, mentre in C non tutti hanno la stessa velocità. Magari devi aspettare un poco di più. Inoltre si aggiungono le regole dell'abbassamento dell'età per incentivare a far giocare i giovani. Ma così si blocca l'apprendimento: quando ero a Como avevo 17 anni ma davanti a me avevo giocatori dai 25 ai 30 anni. In ogni allenamento imparavo qualcosa. Oggi un 17enne impara dal 19enne, c'è poca esperienza".

    I GIOVANI - "I giovani prima giocavano se meritavano e quindi erano un valore aggiunto. Questo influisce su chi pensa 'Non ci sono più i Totti, Del Piero'. Quei giocatori hanno imparato a loro volta da grandi giocatori, hanno avuto a disposizione un bagaglio grosso, importante da cui apprendere. Ora invece è diminuito tanto. Il giovane oggi che sarebbe diventato forte va in difficoltà perché impara solo da poche persone".

    LA STAGIONE - "Sono sempre in ripresa, sono quattro anni che non faccio un ritiro precampionato. Quindi è sempre un inseguire. Però mi sono adattato a quella che è una società fuori dal comune, perché la Virtus Verona è familiare. Mi sono adattato e mi sto trovando abbastanza bene".

    CUNEO-PRO PIACENZA - "Giocarono in 7 e furono presi qualche giorno prima ed erano dei ragazzini che non venivano neanche da un settore giovanile. Da una parte non avevo voglia di giocare. Da capitano ho chiesto il cambio dopo 20 minuti e ho detto al mister che non ci stavo, era troppo una farsa, non ci stavo a giocare una partita di quel tipo. Quindi da una parte c'era un senso di tenerezza, ma dall'altra uno pensa che ci sono tanti giocatori che cercano di arrivare tra i professionisti. Centinaia di migliaia di ragazzi ci provano, però con tante difficoltà in mezzo non ci arrivano. Magari far giocare questa partita e far finta di concluderla 3-0 e poi fare 'melina' non aveva senso. Noi dal nostro canto ci siamo allenati, ovviamente non abbiamo cercato di fare ottocentomila gol e in una partita così ne avremmo potuti fare molti di più. Noi provavamo gli schemi da allenamento. Mi è dispiaciuto che molti miei compagni sono stati attaccati anche per l'atteggiamento che abbiamo avuto. Ma questo è comunque il mio lavoro e non trovo giusto che ancora delle persone che non dovrebbero esserci ci siano".

    COME EVITARE - "A partire dall'alto. Anche noi abbiamo iniziato un anno e solo a metà anno si sono accorti che la fideiussione non era valida. Se lo scopri a metà anno e ci togli tutti quei punti non dai garanzie a noi giocatori. Ed è dura giocare così. Ci siamo fatti il mazzo, eravamo un bel gruppo e siamo riusciti a finire l'anno al meglio. Meritavamo i playoff ma siamo retrocessi perché la società non aveva le garanzie e nemmeno i soldi. Però si deve controllare dall'inizio".

    RIMPIANTI? - "Non cambierei nulla. Anche perché il mio modo di approcciare al campo è sempre stato lo stesso. Io ho sempre messo passione, divertimento allegria. Sono cose indispensabili per me. Devo giocare con il sorriso, perché se lo perdessi non dovrei più giocare a calcio. Per me questa è prima una passione, poi ovviamente ci sta il lavoro. Se potessi cambiare qualcosa, però, avrei preferito magari non avere tutti gli infortuni in quegli anni".

    HAMSIK - "Un grande. Era un giovane vecchio. Marek a 17 anni giocava già come se ne avesse 35. È sempre stata la sua forza. È un grande amico, mi sento tuttora con lui ed ho un ottimo rapporto. Ci siamo lasciati in Serie B a Brescia ed è stato ancora più bello ritrovarci in Serie A. È stato più semplice per me integrarmi a Napoli".

    REJA - "Il numero uno. Edy è un signore, una grandissima persona".

    KOULIBALY - "A me è sempre piaciuto. Un difensore con doti fisiche pazzesche. Ha avuto un calo soprattutto a inizio anno, dovuto anche ai vari impegni che ha avuto. Spero di ritrovarlo anche l'anno prossimo. Se rimane. Speriamo".

    GATTUSO - "Per me lui è Ringhio. Una persona che ha fatto della sua voglia, della sua fame, il proprio lavoro. Sta continuando a farlo sempre con quelle doti. Mi piaceva vederlo in campo, era uno che ti metteva proprio paura quando ci giocavi contro. Lo vedevi incazzato col mondo. Anche da allenatore sta facendo sicuramente bene".

    RICORDI A NAPOLI - "Porto tutto nel cuore. Il San Paolo è incredibile. Ora parlo dal Vomero, oramai sono più napoletano di tanti. Sono rimasto tifoso del Napoli, guardo le partite quando riesco. Il Napoli è una passione che mi è rimasta. Sono molto legato proprio alla città. Mi piace la gente, mi piace tutto".

    NAPOLETANO ADOTTIVO - "Da 1 a 10 sono napoletano 10! Sarà felice Feltri: nero e napoletano. Chissà che mi dice (ride, ndr)".

    PAROLE IN NAPOLETANO - "Purtroppo non posso dirle perché perlopiù sono parolacce. È come quando si va all'estero: le prime parole che si imparano sono le parolacce. In più ho scoperto che dei termini napoletani c'è sempre un upgrade continuo".

    GLI INFORTUNI - "Stavo viaggiando molto bene, con tante squadre interessate, ero appena andato in Nazionale a 23 anni. C'erano tante cose che avrei potuto fare. È stato un peccato averli avuti tutti assieme. A parte il primo infortunio, quando ho recuperato mi sono fatto male all'altro ginocchio, me lo sono rotto di nuovo. Ho avuto 4-5 anni tutti di assestamento che hanno influito sulla carriera".

    IL PIÙ SIMPATICO A NAPOLI - "Cannavaro e Grava. Proprio Grava ora è direttore dell'area giovanile. Quando lo guardo con quella faccia seria mi viene voglia di andare dai ragazzini e dirgli 'Lui è lo stesso che metteva i petardi sotto al lettino del massaggiatore. C'era Carmando che faceva dei salti incredibili. I napoletani facevano morire, ma anche i sudamericani. Come squadra eravamo tutti uniti in quello".

    IL PIÙ SERIO - "Sicuramente Cavani. Per lui ogni allenamento era come se fosse una partita. Infatti da quello c'è tanto da prendere. Zalayeta era un finto serio, faceva quel mezzo sorriso. Parlava poco e in campo era molto serio".

    LAVEZZI - "L'inizio con lui è stato un po' traumatico. Ci eravamo un po' presi nelle prime settimane. Infatti sono girate alcune voci, qualcuna era giusta. Però qui le voci pian piano si modificano e diventano dei casi. Poi siamo diventati ottimi amici. Tuttora ci sentiamo. È un grande, è divertimento allo stato puro. In campo anche ti fa divertire, si diverte. È una delle cose più belle".

    CAVANI-LAVEZZI - "Una coppia bellissima. Noi difensori potevamo anche non guardare in avanti. Bastava lanciare la palla in avanti a caso perché tra Cavani e Lavezzi uno ci arrivava di sicuro".

    L'ATTACCANTE PIÙ DIFFICILE DA MARCARE - "Crespo. Ho ancora il suo beauty case. È stata l'unica cosa che ho chiesto a un giocatore. Mi impressionò così tanto in una partita che quando mi ci sono ritrovato a giocare insieme a Parma, nel suo ultimo anno gli dissi 'Guarda Hernan. Non ho mai chiesto niente a nessuno, mi potresti lasciare un tuo ricordo?' Lui molto gentilmente mi ha lasciato il suo beauty storico. È una cosa che tengo molto gelosamente".

    LITIGI CON ALLENATORI - "Il mio pregio è anche il mio difetto. Mi reputo una persona abbastanza trasparente. Non sono uno che fa scenate, però le cose quando non mi sembrano giuste le dico. Ci sono stati un paio di allenatori con cui ho avuto da ridire".

    GIOCATORE CON CUI AVRESTI VOLUTO GIOCARE - "Mi sarebbe piaciuto tanto giocare con i brasiliani, su tutti Ronaldinho. Avrei voluto fare un allenamento con lui. Secondo me deve essere una cosa spettacolare. Già giocarci contro vedi che ha un sorriso, un'allegria, una voglia che ti lasciano ipnotizzato. Oltre i suoi piedi è bello vedere come si diverte".

    JUVENTUS-NAPOLI, 2018 - "Non ricordo se ero in un ristorante, ma ricordo bene l'esultanza al gol di Koulibaly. È stato un urlo proprio bello che mi uscì da dentro. Anche se purtroppo ci ha fatto solo sognare. Per poco tempo ma è stato piacevole".

    LA JUVE - "Da giocatore non ci può che essere odio, perché è l'equivalente della stima per una squadra che ti batte sempre. Io ci ho giocato da ragazzino fino ad arrivare ai 30 anni e sono davvero poche le volte in cui sono riuscito a vincere. È normale che ti cresca una rabbia contro una squadra che ha questo strapotere".

    NAPOLI POST SARRI - "C'erano tanti tasselli in quel Napoli molto importanti. Se pensi ad un Higuain in quel modo, giocatori messi nel sistema perfetto. Quando vedevi partite con 1-2 giocatori diversi erano partite diverse. Ricordo bene quell'anno. Tanti criticavano Sarri perché faceva giocare sempre gli stessi. Però ogni volta che ne cambiava uno non si giocava con la stessa intensità e alla stessa maniera. Era un giocattolo proprio perfetto. È stato un dispiacere".

    COSA È MANCATO PER LO SCUDETTO - "Diciamo la fortuna (ride, ndr). La Juve è fortissima a livello mentale e societario. È normale che vincano da così tanto tempo. Poi c'è gente che non vuole parlare di sudditanza psicologica, ma io dico che esiste, c'è ed è normale, altrimenti dovrebbero arbitrare dei robot. Se arbitra un robot forse non c'è un certo tipo di sudditanza. Ma anche vedendo qualche partita del Napoli  dove stava lì lì per vincere, ​contro squadre di seconda fascia, magari un fallo in più lo poteva ricevere. Magari è una cosa normale che c'è un occhio di riguardo, con l'arbitro che sta più attento a non rovinare una squadra che si sta giocando il titolo. Sono piccolezze che poi ti fanno la differenza. La Juve magari è più fortunata".

    UN FUTURO NEL NAPOLI - "Non mi precludo nulla. Non penso al momento di voler stare in una società. Magari vorrei fare altro, aiutare i ragazzi che sono a Napoli, dove penso ci siano i giovani più importanti. Vorrei fare un lavoro di questo tipo su Napoli perché ci sono tanti ragazzi che meriterebbero tanto ma si scontrano sia contro una realtà difficile che contro alcuni paletti del mondo del calcio. Vorrei dare una mano in questo senso".

    I GIOVANI A NAPOLI - "Tutti noi che viviamo a Napoli sappiamo che le condizioni sono difficili. Qui i giocatori diventano più bravi perché ancora vedi i ragazzini che giocano per strada. Vedi tanti di loro con la passione, cosa che al nord vedi in poche zone. Questo ti dà qualcosa in più, solo che riuscire a trasformarlo in dedizione, lavoro e serietà non è semplice. Per diventare calciatore puoi avere qualsiasi qualità che vuoi, ma servono queste cose. Ogni giocatore alle spalle ha fatto sacrifici. Io fino a 20 anni non ho mai fatto una vacanza con i miei amici. Sono cose che pesano. Quando hai 15 anni e devi rinunciare a stare con gli amici per allenarti è quello il momento che fa la differenza. Qui è molto più difficile, anche perché vivere a Napoli è un'altra cosa. Io non l'avevo capito. Avevo un compagno a Como fortissimo, ma anziché restare a giocare lì ha preferito tornare a Napoli perché non ce la faceva più. Io mi chiedevo il perché lasciasse il calcio. Poi quando sono venuto in città, ho conosciuto la gente ho capito il perché. Stare lontani da qui è difficile, molto complicato. Quando lo vivi capisci e comprendi che puoi fare qualcosa in più per aiutare questi ragazzi, che molte volte vengono presi da procuratori, lanciati ovunque e poi abbandonati a se stessi. Vorrei dare una mano a questi ragazzi a realizzare il proprio sogno".

    SETTORI GIOVANILI - "Sono molto complicati. A Napoli poi, collegandoci al discorso di prima, hanno una complicazione ancora maggiore. Oggi è difficile riuscire a vedere i giocatori emergere in queste competizioni, perché ci sono tante squadre che stanno tutte chiuse a difendersi perché purtroppo hanno messo le retrocessioni. Facendo così però non riesci a vedere le squadre che si giocano la partita, che imparano a giocare a calcio".

    GIANLUCA GAETANO - "Ha grandi doti tecniche. Gli ho visto fare tante cose da giocatore e tante altre non ancora. Poi è difficile andare in prima squadra e poi tornare in Primavera. Il mio consiglio spudorato è che debba continuare a fare delle esperienze fuori. Già quest'anno sarebbe dovuto andare via da inizio anno. Si deve coltivare e per farlo in una grande piazza come Napoli è difficile. Prima è meglio andar fuori come ha fatto Insigne. Così giovane hai tanto da imparare. Un giocatore non nasce forte, lo diventa. È difficile che arrivi il Del Piero, Baggio, Totti già pronto. Gianluca ha doti di alto livello e deve apprendere in questo modo".

    LAVORARE A NAPOLI - "Non ho questo in mente, però mai dire mai. Ho tanti ex compagni che dicevano che non avrebbero mai fatto gli allenatori e adesso quando li chiamo li vedo con i capelli bianchi che allenano. Perché poi gli allenatori dopo un paio di anni invecchiano subito (ride, ndr). Quindi non penso di voler fare questo, ma non si può mai sapere".

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