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    Inter e Milan mai così lontani: Marotta indica la via, Furlani saprà trovarla?

    Inter e Milan mai così lontani: Marotta indica la via, Furlani saprà trovarla?

    Una parte della città sogna, l'altra si aggrappa alla speranza di salvare il salvabile da qui al termine della stagione. La Milano del calcio si divide di nuovo – e l'imminente derby di Coppa Italia per un posto in finale c'entra fino ad un certo punto – perché in questo momento Inter e Milan appartengono a due pianeti diversi. I nerazzurri sono in missione per provare a ripetere, 15 anni, un Triplete che nell'immaginario collettivo sembrava essere destinato a restare una chimera per ancora molto tempo; i rossoneri hanno nell'ipotetica conquista della coppa nazionale una sorta di ultima chiamata per agganciare un piazzamento nella futura Europa League. Ma, al di là dei meri risultati, è concettualmente e filosoficamente che si gioca una stracittadina che vede la parte interista prevalere. Nettamente.

    Beppe Marotta, Piero Ausilio e i loro più stretti collaboratori hanno allestito una macchina organizzativa che ha saputo far fronte ad ogni tipo di situazione, in grado di costruire sempre e comunque squadre competitive, indipendentemente dalle possibilità economiche a disposizione. Competere oggi con realtà internazionali che, da anni, fatturano cifre fuori dalla portata dei club italiani è un merito enorme, riuscire a farlo per più anni di seguito è quasi un'impresa. Resa fattibile da concetti molto semplici che, nel tempo e anche all'interno di un sistema calcistico in costante evoluzione e cambiamento, rimangono intatti ed intangibili: l'aspetto sportivo rimane centrale ed è pure la spiegazione di una crescita dell'Inter a 360°. Anche finanziaria, come dimostra il nuovo record di incassi che la società nerazzurra si è già garantito col suo cammino in Champions League.

    Dall'altra parte della città, c'è un Milan che non ha ancora trovato la stella polare che indichi il cammino da percorrere per fare un importante salto di qualità sul piano calcistico, dopo essersi stabilizzato e confermato negli ultimi anni di gestione americana sotto l'aspetto della virtuosità economico-finanziaria. Se nelle parole e nelle azioni dell'Inter di Marotta il consolidamento della squadra è sempre stata il punto di partenza, sul fronte rossonero la dialettica si è strutturata su presupposti di gestione aziendale che per avere una rispondenza sul piano sportivo necessitano di scelte e decisioni particolarmente delicate. Ed azzeccate. La politica spesso rivendicata dal patron Gerry Cardinale del dollaro incrementale – la capacità di reinvestire al meglio ogni singolo elemento di profitto per essere ancora più forti – al momento è rimasta una teoria interessante con effetti sul pratico che non si vedono.

    Nelle ultime due stagioni, il Milan non ha certo lesinato sforzi sul calciomercato per cercare di essere migliore di quanto non lo fosse stato nell'anno precedente, ma il tentativo continuo di cambiare, alla spasmodica ricerca della formula giusta, ha prodotto nell'ultimo biennio una regressione dei risultati piuttosto che un'evoluzione o, quanto meno, un mantenimento. E anche sul fronte dirigenziale le cose sono cambiate e stanno nuovamente per cambiare, con la decisione di tornare ad affidarsi a figure di campo più tradizionali dopo quella di rinunciare a Maldini e Massara e ai profili classici del direttore sportivo e del direttore tecnico. Basterà solo questo – insieme ad un allenatore italiano, esperto e credibile ad alti livelli - a riportare il Milan in linea di galleggiamento già dalla prossima stagione e ad essere quanto meno competitivo per i primi quattro posti in Serie A, con l'ambizione di esserlo pure nello Scudetto nel minor tempo possibile?

    E' questa la grande sfida di Giorgio Furlani, Geoffrey Moncada e Zlatan Ibrahimovic: colmare in fretta un gap tecnico e strategico con l'Inter mai così ampio come l'andamento di questa stagione ha rivelato. Da un lato, il calcio al centro di tutto per diventare sempre più potente e sostenibile sul piano economico; dall'altro, il porre l'accento sulle dinamiche extra-sportive non è stato accompagnato dai risultati sul campo. Che poi rimangono la questione centrale per giudicare la credibilità di un progetto. Di una squadra di calcio.

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