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  • Quando Genoa-Juve valeva lo scudetto in un'Italia devastata dalla guerra

    Quando Genoa-Juve valeva lo scudetto in un'Italia devastata dalla guerra

    • Alessandro Bassi
      Alessandro Bassi
    L'anticipo della sedicesima giornata di andata del campionato di Serie A mette di fronte Genoa e Juventus. Molti anni fa questa sfida valeva il titolo di campione d'Italia, come nel travagliato torneo del 1919/20, quando la sfida tra le due compagini è stata accompagnata da gravi incidenti.

    IL DOPOGUERRA TRA VIOLENZA E CAMBIAMENTI - La fine della Grande guerra consegna una quotidianità diversa rispetto a quella di quattro anni prima. Le ferite e le lacerazioni nel tessuto sociale sono numerose e profonde. In ogni ambito il fermento e la voglia di ricominciare fanno il paio con tumulti e contrapposizioni che diventano sempre più violente e sanguinose, tanto da connotare un preciso periodo storico, il “biennio rosso” che sfocerà infine nell'ascesa del fascismo al potere. L'Italia postbellica è un Paese spossato, lacerato e inquieto. Dalla Conferenza di Pace di Versailles la vittoria italiana diventa “mutilata”, il malcontento sale e D'Annunzio non perde tempo e nel settembre del 1919 occupa Fiume, mettendo in grave imbarazzo il Governo italiano, già in difficoltà di suo. Non solo il governo politico. Il “vate”, infatti, propone al Presidente della FIGC Montù – rieletto nell'Assemblea di aprile – di iscrivere al campionato di calcio anche una squadra fiumana. Non se ne farà nulla – ovviamente – anche perché avrebbe significato inasprire le già tese relazioni con gli USA di Wilson con il serio rischio di vederle compromesse.

    UN TORNEO SENZA FINE - Il clima burrascoso e teso che anima il primo dopoguerra italiano si riverbera anche nel calcio. Come sappiamo, durante la Grande guerra si era fermato solo il campionato di Prima categoria, ma a calcio si era continuato a giocare un po' ovunque nella Penisola, anche al fronte.

    Il 13 aprile 1919 a Torino si tiene la prima Assemblea generale della F.I.G.C. da quando l'Italia era entrata in guerra, alla quale partecipano i rappresentanti di ben 97 società che discutono della ripresa dei campionati. Solo dopo aver deliberato – non senza polemiche – di mantenere la sede a Torino e la conferma di Montù quale presidente federale, il vero scontro si ha sul “format” del campionato. L'Assemblea federale decide di far diventare il campionato 1919/20 un lunghissimo torneo di selezione tra 67 squadre, un torneo che avrebbe stabilito quali tra queste si sarebbero iscritte al campionato di Prima Categoria 1920/21.

    In verità la confusione è totale. Ne esce un torneo lunghissimo, con tante, tantissime partite inutili e prive di interesse, iniziato con le qualificazioni nell'ottobre del 1919 e che terminerà soltanto a giugno inoltrato con la finalissima nazionale: in mezzo tanta confusione e tensione tra le società e tra gli spettatori.

    GENOA-JUVENTUS - Se, dunque, il clima nella Nazione è teso, esso si riverbera inevitabilmente anche nel calcio, soprattutto sugli spalti. Il primo campionato del dopoguerra è carico di gravi incidenti di ordine pubblico e violenza, uno dei quali si verifica durante la prima gara del “gironcino” di finale del Nord. Come detto il campionato è elefantiaco e lunghissimo. Per decretare la vincitrice del Nord, viene deciso che le tre squadre qualificate dai gironi interregionali di semifinale si incontrino tra loro in gara unica sul campo neutro della squadra che riposa, così il 16 maggio si gioca a Milano la gara tra Genoa e Juventus.

    Subito in vantaggio il Genoa con una rete di Santamaria, la Juventus pareggia con un rigore trasformato da Bona e quindi passa in vantaggio ancora con Bona che segna sul filo del fuorigioco, tanto che le proteste dei genoani si fanno veementi. Il Genoa, comunque, non si perde d'animo e si presente alla ripresa deciso a rimettere in equilibrio la gara, così che al 60' Sardi trova la rete del 2 a 2. Entrambe le squadre provano a vincere, ma è ancora la Juventus a segnare: Bona segna la sua personale tripletta portando la Juventus sul 3 a 2, ma ancora una volta la posizione è parecchio dubbia. L'arbitro – l'esperto Varisco – convalida, i genoani si arrabbiano, ma il peggio deve ancora arrivare.

    La partita è una bolgia, si gioca senza esclusione di colpi e sugli spalti sale il nervosismo tra le due tifoserie che si lanciano addosso di tutto. Poco dopo la mezzora della ripresa da un corner un difensore della Juventus respinge con la mano, fallo non visto dall'arbitro e sul ribaltamento di fronte Bona viene steso in area genoana, ma anche in quel caso l'arbitro non interviene. È a quel punto che si scatena il putiferio. Tutti si lamentano, il genoano Traverso per protesta abbandona il terreno di gioco, i tifosi si scatenano e invadono il campo e così l'arbitro è costretto a sospendere la partita e a rifugiarsi negli spogliatoi. Ci vorrà del tempo, ma alla fine i dirigenti riescono a riportare la calma e a convincere un recalcitrante Varisco a far ritornare le squadre in campo e a finire la partita. La Juventus vince 3 a 2, ma la violenza generata da questo incontro si trasferisce a quello successivo, quando a Genova la Juventus incontra l'Internazionale in un clima di profonda tensione. Tanto che il terzo – decisivo – incontro non verrà giocato a Torino – come da programma – bensì a Modena.

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